Corte di Cassazione, sezione V civile, sentenza 31 gennaio 2017, n. 2466

In tema di accertamento delle imposte, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, fa salva la possibilità di desumere l’esistenza di attività non dichiarate facendo ricorso a presunzioni semplici, assistite dalla connotazione civilistica di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c., sicchè, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, è ammissibile l’accertamento induttivo del reddito qualora la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile.

Suprema Corte di Cassazione

sezione V civile

sentenza 31 gennaio 2017, n. 2466

Ritenuto in fatto

1. L’Agenzia delle entrate, in esito ad ispezione congiunta della Direzione Provinciale del Lavoro e dell’INPS presso i locali della Santa Barbara Food Srl, dalla quale emergeva la presenza di lavoratori irregolari per il periodo dal 2004 al 2007, emetteva avviso di accertamento ex D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d), e art. 40, ai fini delle imposte dirette, ed ex D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 del, ai fini IVA, per l’anno d’imposta 2004, con determinazione delle maggiori imposte per Ires, Irap ed IVA.
2. La Commissione provinciale tributaria di Como, in parziale accoglimento del ricorso del contribuente, riduceva l’ammontare del reddito determinato dall’Ufficio finanziario nella misura del 50 per cento, decisione che veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale di Milano.
3. Ha proposto ricorso per cassazione il contribuente con due motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Ragioni della decisione

4. Il collegio ha autorizzato la redazione di motivazione in forma semplificata.
5. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente assume la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, comma 2, n. 3, in materia di IVA, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d), in materia di imposte sui redditi, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 24 e 25 in materia di IRAP, in merito alla legittimità del procedimento di accertamento induttivo del reddito di impresa e dell’imposta dovuta, deducendo, in particolare, che la possibilità di avviare la procedura di accertamento induttivo è consentita in caso di omissioni ed inesattezze delle scritture contabili “così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibile la contabilità del contribuente” nella sua interezza, mentre l’accertamento effettuato aveva ad oggetto due soli lavoratori “in nero” per poche mensilità ciascuno, su un totale di 49 addetti nel periodo, con incidenza meramente marginale.
Del resto, con riferimento al cd. accertamento con parametri, il legislatore con il D.P.R. 16 settembre 1996, n. 570 ha fornito criteri per la valutazione di inattendibilità della contabilità ordinaria (in particolare, a condizione che i compensi non contabilizzati superino di almeno il 10 % le spese di lavoro contabilizzato nello stesso periodo), criteri la cui applicazione porterebbe ad escludere il ricorso ad un accertamento induttivo.
5.1. Con un secondo motivo i ricorrenti assumono la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in particolare in merito al carattere di gravità e sufficienza delle contestazioni rilevate a carico della ricorrente per fondare il ricorso ad un accertamento induttivo, essendosi limitata la decisione impugnata a ritenere giustificato il ricorso al procedimento induttivo sulla base del verbale di ispezione INPS.
5.2. Le censure, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono fondate.
E’ ben vero che in tema di accertamento delle imposte, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, fa salva la possibilità di desumere l’esistenza di attività non dichiarate facendo ricorso a presunzioni semplici, assistite dalla connotazione civilistica di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c., sicchè, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, è ammissibile l’accertamento induttivo del reddito qualora la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile.
Nella vicenda in esame, peraltro, l’esistenza di prestazioni lavorative, senza la preventiva registrazione, ha coinvolto esclusivamente due lavoratori (su un totale di 49 dipendenti) e per un periodo di pochi mesi nel corso del 2004, con una pronta regolarizzazione (ed assunzione dei lavoratori) in epoca anteriore all’ispezione, per una somma totale di retribuzioni erogate pari a Euro 6.644, in termini marginali rispetto alla complessiva attività svolta.
Orbene, la CTR ha ritenuto che “la presenza di lavoratori in nero fa scattare un accertamento induttivo” rilevando che “il verbale di ispezione dell’INPS ha richiamato rilievi per gravi irregolarità relative alla presenza di lavoratori non regolarmente risultanti dall’apposita documentazione obbligatoria”, ma omette di chiarire, alla luce della realtà aziendale, le ragioni di una tale valutazione, nè illustra, in alcun modo, gli elementi fattuali e l’iter logico che hanno condotto a ritenere la violazione contestata dotata di quei caratteri di gravità e sufficienza tali da far ritenere l’intera contabilità complessivamente ed essenzialmente inattendibile e giustificare l’accertamento induttivo.
6. Consegue da quanto sopra la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio, anche per le spese di questo grado, ad altra sezione della CTR della Lombardia.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata; rinvia a diversa sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

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