Cassazione10

Suprema Corte di Cassazione

sezione tributaria

sentenza 5 agosto 2015, n. 16406

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere

Dott. GRECO Antonio – Consigliere

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS), rappresentato e difeso da quest’ultimo, oltre che da se medesimo, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 155/28/08, depositata il 9 luglio 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27 febbraio 2015 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio;

uditi l’avvocato (OMISSIS) per il ricorrente e l’avvocato dello Stato (OMISSIS) per la controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS), avvocato, propone ricorso per cassazione, basato su otto motivi e illustrato con memoria, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio indicata in epigrafe, con la quale, confermando la sentenza di primo grado, e’ stato negato al contribuente il diritto al rimborso dell’IRAP versata per l’anno 2001.

Il giudice d’appello ha ritenuto che il (OMISSIS) non avesse dimostrato l’assenza di autonoma organizzazione, non avendo, in particolare, giustificato “in modo esaustivo le poste relative all’entita’ dei compensi indicati nel quadro RE5 lire 455.121.000, ai compensi erogati a terzi lire 1.853.000, ai costi inerenti l’attivita’ esercitata lire 47.274.000 oltre le spese alberghiere e di rappresentanza indicate in dichiarazione”.

2. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con i primi tre motivi, il ricorrente, denunciando la violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. e dell’articolo 2909 cod. civ., censura la sentenza impugnata per avere il giudice d’appello omesso di pronunciare o, comunque, implicitamente rigettato l’eccezione di giudicato esterno sollevata dal contribuente in relazione a sentenza della CTP di Roma, passata in giudicato, che aveva riconosciuto il suo diritto al rimborso dell’IRAP per gli anni 1998,1999 e 2000, nonostante l’identita’ della situazione di fatto.

I motivi sono infondati.

La sentenza del giudice tributario con la quale si accertano contenuto ed entita’ degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato con riferimento alle imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi solo per quanto attiene a quegli elementi che abbiano un valore “condizionante” inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, con la conseguenza che la sentenza che risolva una situazione fattuale in uno specifico periodo d’imposta non puo’ estendere i suoi effetti automaticamente ad altro, ancorche’ siano coinvolti tratti storici comuni (da ult., Cass. n. 4832 del 2015 e precedenti ivi richiamati).

2. Vanno ora esaminati, per ragioni di priorita’ logico-giuridica, il sesto e il settimo motivo, con i quali il ricorrente censura la sentenza impugnata, rispettivamente, per insufficienza e contraddittorieta’ della motivazione e per violazione della disciplina istitutiva dell’IRAP (Decreto Legislativo n. 446 del 1997, articoli 2 e 3). Contesta, in particolare, che il giudice di merito abbia ritenuto sussistente il presupposto dell’autonoma organizzazione senza considerare, da un lato, l’irrilevanza, a tal fine, dell’entita’ dei compensi professionali percepiti, e, dall’altro, che, in base alle risultanze documentali in atti: a) i compensi erogati a terzi, peraltro di esiguo importo (lire 1.853.000), non costituivano costi per prestazioni di lavoro dipendente (bensi’ remunerazioni per una consulenza, per una ctu e per il commercialista); b) il complessivo ulteriore importo indicato in lire 47.274.000 era costituito dal valore dei beni strumentali, pari a sole lire 1.811.000, e da spese varie (assicurazione professionale, abbonamenti a riviste, acquisto libri, ecc.) non riferibili, cosi’ come le spese alberghiere e di rappresentanza, all’acquisizione di beni idonei a configurare una struttura organizzativa autonoma.

I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati.

Secondo il consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cass., sez. un., n. 12111 del 2009 e, da ultimo, Cass. n. 25311 del 2014).

E’ stato altresi’ precisato, e va ribadito, che: a) l’elemento della entita’ dei compensi percepiti dal contribuente, cioe’ dell’ammontare del reddito conseguito, e’ di per se’ irrilevante ai fini che interessano (Cass. nn. 13038 del 2009, 4929 del 2012); b) l’impiego non occasionale di lavoro altrui, costituente una delle possibili condizioni che rende configurabile un’autonoma organizzazione, sussiste se il professionista eroga, non occasionalmente, elevati compensi a terzi per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attivita’, restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioe’, il ricorso a lavoratori dipendenti, a una societa’ di servizi o un’associazione professionale (Cass. n. 22674 del 2014); c) in generale, e’ soggetto passivo dell’imposta chi si avvalga, nell’esercizio dell’attivita’ di lavoro autonomo, di una struttura organizzata in un complesso di fattori che per numero, importanza e valore economico siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attivita’ intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al suo know-how, con la conseguenza che puo’ essere escluso il presupposto di imposta quando il risultato economico trovi ragione esclusivamente nella autorganizzazione del professionista o, comunque, quando l’organizzazione da lui predisposta abbia incidenza marginale e non richieda necessita’ di coordinamento (Cass. nn. 30753 del 2011, 13326 del 2013).

3. L’accoglimento dei detti motivi assorbe ogni altra censura.

4. In conclusione, vanno rigettati i primi tre motivi di ricorso, accolti il sesto ed il settimo, assorbiti i restanti; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale procedera’ a nuovo esame della controversia, compiendo i necessari accertamenti di fatto ed uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati; provvedera’ inoltre al regolamento delle spese anche del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, accoglie il sesto ed il settimo, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

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