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Esaminando le pochissime pronunce rese sul tema da questa Corte, nessuna delle quali comunque in termini, si trae conferma del principio generale teste’ affermato essendo stato ritenuto inammissibile il deposito a mezzo PEC della lista testimoniale (Sez. 3, n. 6883 del 26/10/2016 – dep. 14/02/2017, Manzi, Rv. 269197), dell’istanza di remissione in termini (Sez.1, n.18235 del 28/1/2015 – dep. 30/4/2015, Livisanu, Rv. 263189), di memorie difensive nel procedimento innanzi alla Corte di Cassazione (Sez. 3, n. 48584 del 20/09/2016 – dep. 17/11/2016, Cacciatore, Rv. 268192 in cui viene puntualizzato che per la fase di impugnazione innanzi alla Corte Suprema non e’ estesa al giudizio penale neppure la facolta’ di deposito telematico – prevista per il giudizio civile di legittimita’ ai sensi del Decreto Legge n. 179 del 2012, convertito con modifiche in L. n. 221 del 2012 – delle sole istanze non aventi immediata incidenza sul processo quali, a titolo esemplificativo, richieste di sollecita fissazione o riunione di ricorsi, di differimento della trattazione, di assegnazione alle Sezioni Unite) ed infine dello stesso ricorso per cassazione avverso il provvedimento di revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio (Sez. 4, n. 18823 del 30/03/2016 – dep. 05/05/2016, Mandato, Rv. 266931).
E’ pur vero che si registra da parte delle Sezioni Civili di questa Corte una sentenza nella quale si afferma che nei procedimenti contenziosi antecedenti alla modifica del Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16 bis, che ha previsto il deposito degli atti in via telematica come obbligatorio, il deposito per via telematica, anziche’ con modalita’ cartacee, dell’atto introduttivo del giudizio, ivi compreso l’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, non da’ luogo ad una nullita’ della costituzione dell’attore, ma ad una mera irregolarita’, sicche’ ove l’atto sia stato inserito nei registri informatizzati dell’ufficio giudiziario, previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, deve reputarsi comunque integrato il raggiungimento dello scopo della presa di contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario e della messa a disposizione delle altre parti. (Sez. 2, Sentenza n. 9772 del 12/05/2016, Rv. 639888 – 01). Trattasi tuttavia di una decisione che si inserisce nell’ambito di uno peculiare quadro normativo in cui era gia’ stato previsto, nell’ottica di una disciplina transitoria che, improntata a gradualita’, facilitasse il passaggio alla regolamentazione del sistema digitale a pieno regime, il deposito telematico degli atti dei difensori delle parti gia’ costituite, limitato percio’ ai soli atti endoprocessuali, cosi’ come della procura alle liti conferita su supporto cartaceo che gia’ il codice di rito consentiva, per effetto del novellato articolo 83 c.p.c., al difensore, che si fosse costituito attraverso strumenti telematici, di trasmettere attraverso la copia informatica autenticata con firma digitale: conseguentemente in un sistema digitale gia’ avviato comunque con la costituzione del fascicolo telematico gia’ formalizzata e con il deposito obbligatorio degli atti endoprocessuali, l’errore in tal caso commesso dal difensore che aveva provveduto al deposito telematico di un atto introduttivo attraverso il quale la parte si costituisce in giudizio e non gia’ ad esso successivo, quale va considerata l’opposizione al decreto ingiuntivo, ben puo’ configurarsi come mera irregolarita’ e non trasmodare nel regime piu’ radicale della nullita’ per effetto del raggiungimento dello scopo, costituito dalla conoscenza dell’atto da parte dell’ufficio giudiziario innanzi al quale la controversia e’ instaurata e della sua conoscibilita’ per le altre parti, una volta che questo “sia stato inserito nei registri informatizzati dell’ufficio giudiziario previa generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, Decreto Legge n. 179 del 2012, ex articolo 16 bis, coma 7”, senza che a tale conclusione possa costituire ostacolo la mancanza di un provvedimento ministeriale autorizzativo, riferito al singolo tribunale in cui si svolge la controversia, spettando alla normativa primaria l’individuazione degli atti per i quali opera l’abilitazione al deposito telematico.
Tutto cio’ chiarito, deve pertanto essere ribadito come gia’ affermato da questa Corte, che in materia di impugnazioni vige il principio di tassativita’ ed inderogabilita’ delle forme stabilite dalla legge per la presentazione del ricorso, disciplinate dall’articolo 583 c.p.p., in quanto si tratta di requisiti la cui osservanza e’ sanzionata a pena di inammissibilita’, con la conseguenza che la presentazione dell’impugnazione con mezzi diversi da quelli previsti dalla norma e’ inammissibile perche’ effettuata con modalita’ non consentita dalla legge (Sez. 1, n. 16356 del 20.3.2015, Piras, rv. 263321; Sez. 4, n. 18823 del 30/03/2016 – dep. 05/05/2016, cit. specificamente in tema di impugnativa proposta a mezzo PEC).
Deve pertanto concludersi affermando il seguente principio: in assenza di norma specifica che consenta nel sistema processuale penale alle parti il deposito di atti in via telematica, deve ritenersi inammissibile la presentazione dell’opposizione al decreto penale di condanna da parte del destinatario a mezzo di Posta Elettronica Certificata.
Manifestamente infondata e’ infine la prospettata questione di legittimita’ costituzionale per violazione dell’articolo 3 Cost. dal momento che le disomogeneita’ rilevanti sono quelle che hanno come fonte la legge e non gia’ le diverse interpretazioni che di esse diano gli interpreti.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
La fluidita’ della regolamentazione normativa del procedimento telematico, unitamente alla scarna elaborazione giurisprudenziale della materia, comunque priva di precedenti specifici sulla questione trattata, rendendo il ricorrente esente da colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ per essere la proposizione del ricorso scevra da profili di temerarieta’, avventatezza, o finalita’ meramente dilatorie esclude la condanna del medesimo, malgrado l’esito dell’impugnativa, alla sanzione pecuniaria prevista dall’articolo 616 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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