Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 8 novembre 2017, n. 50932. Deve ritenersi inammissibile la presentazione via Pec, da parte del destinatario, dell’opposizione al decreto penale di condanna

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La questione oggetto della presente impugnativa, concernente nello specifico la proposizione dell’opposizione da parte dell’imputato al decreto penale di condanna a mezzo PEC presso la Cancelleria del giudice che aveva emesso il decreto, involge in termini piu’ generali l’applicabilita’ nel procedimento penale delle normative di recente introduzione sul processo telematico.
Quantunque l’articolo 461 c.p.p., ovverosia la specifica disposizione che regolamenta l’opposizione al decreto penale di condanna, ne preveda la presentazione mediante dichiarazione ricevuta dalla Cancelleria, si ritiene tuttavia con pressocche’ univoca interpretazione giurisprudenziale che, attesa la natura impugnatoria dell’atto, possano ad esso essere estese le forme di cui agli articoli 582 e 583 c.p.p., tra cui la presentazione per mezzo di incaricato e, quindi, anche per il tramite del servizio postale (Sez. 5, n. 35361 del 06/07/2010 – dep. 30/09/2010, Cheng, Rv. 248876; Sez. 4, n. 9603 del 18/02/2016 – dep. 08/03/2016, Filice, Rv. 266302). Cio’ posto, e’ ben vero che ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 68 del 2015, il valore legale della Posta Elettronica Certificata e’ equiparato alla raccomandata con ricevuta di ritorno, forma con la quale l’opposizione al decreto penale puo’ essere pacificamente trasmessa alla Cancelleria del giudice competente, ma manca nelle disposizioni che regolamentano il processo penale, a differenza di quanto previsto per il procedimento civile, una norma che consenta l’inoltro in via telematica degli atti di parte.
Invero il Decreto Legge n. 179 del 2012, convertito nella L. n. 221 del 2012, che nella graduale trasformazione del sistema processuale tradizionale dei vari settori in giustizia digitale configura il testo cardine del processo telematico, ha introdotto con l’articolo 16, l’obbligatorieta’ delle comunicazioni e notificazioni a carico della Cancelleria in via telematica presso l’indirizzo di posta elettronica nei confronti di tutti i soggetti obbligati ex lege ad averlo e cio’ sia nel processo civile dove l’obbligo concerne tutti gli atti indipendentemente dalla parte che ne sia destinataria, sia nel processo penale dove l’obbligo dell’inoltro in via telematica concerne tutte le parti diverse dall’imputato per il quale rimangono ferme le forme di comunicazione tradizionale.
Diversa e’ invece la situazione del deposito degli atti di parte atteso che mentre nel processo civile il procedimento di digitalizzazione, gradualmente introdotto, e’ sostanzialmente ormai concluso, in quello penale non e’ stato neppure avviato: l’articolo 16 bis, ha infatti disposto che il deposito degli atti afferenti al procedimento monitorio e a quelli cd. endoprocessuali del procedimento contenzioso civile, e cioe’ successivi a quelli di instaurazione della controversia, debba essere obbligatoriamente effettuato in via telematica, sia pure dopo una prima fase cd. transitoria in cui il deposito telematico era previsto solo in via facoltativa, ovverosia lasciando aperta l’opzione con il deposito tradizionale in forma cartacea. Non essendo stata dettata alcuna analoga disposizione per il procedimento penale, alla parte privata non e’ conseguentemente consentito nel suddetto processo l’uso di tale mezzo informatico per la trasmissione dei propri atti ad altre parti ne’ per il deposito presso gli uffici, restando l’utilizzo della posta elettronica certificata riservato, come si e’ visto, alla sola cancelleria per le comunicazioni richieste dal pubblico ministero ex articolo 151 c.p.p., e per le notificazioni e gli avvisi ai difensori disposte dall’Autorita’ giudiziaria, giudice o pubblico ministero che sia. D’altra parte l’inesistenza nel procedimento penale di un fascicolo telematico, che costituisce il necessario approdo dell’architettura digitale degli atti giudiziari, quale strumento di ricezione e raccolta in tempo reale degli atti del processo, accessibile e consultabile da tutte le parti, rende l’atto depositato a mezzo PEC di fatto anch’esso inesistente, necessitando per essere visibile in concreto dell’attivita’ di stampa da parte della cancelleria che dovrebbe comunque inserire il documento nel fascicolo d’ufficio, di formazione e composizione esclusivamente cartacea. Allo stato degli atti deve quindi ritenersi che le parti private, e per esse i propri difensori, possano assumere, quanto all’utilizzo del sistema telematico, soltanto la posizione di soggetti destinatari delle comunicazioni, ma mai di soggetti agenti non essendo loro consentito, in difetto di un’esplicita norma in tal senso, effettuare comunicazioni o deposito di atti a mezzo PEC, le cui forme sono tassativamente disciplinate dal codice di procedura penale.

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