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L’equivoco da cui muove il ricorso in esame, secondo il quale la declaratoria di intervenuta estinzione avrebbe effetti piu’ favorevoli per l’imputato impedendone la trasformazione in illecito amministrativo, si fonda sul principio di irretroattivita’ dell’illecito amministrativo sancito, quale regola generale, dalla L. n. 689 del 1981, articolo 1 che precluderebbe al giudice penale a fronte di una sopravvenuta abolitio criminis conseguente alla trasformazione di un fatto costituente reato in illecito amministrativo di trasmettere gli atti alla P.A., stante l’impossibilita’ per quest’ultima di applicare la nuova sanzione amministrativa insussistente al tempo del commesso illecito. Tuttavia proprio tale legge dispone nei successivi articoli 40 e 41 l’inapplicabilita’ del suddetto principio alle violazioni commesse anteriormente alla sua entrata in vigore prevedendo per l’effetto la trasmissione degli atti all’autorita’ amministrativa competente. Siffatta problematica e’ stata espressamente affrontata dalle Sezioni Unite di questa Corte n. 25457/2012 in cui, chiarita la natura transitoria della L. n. 689 del 1981, articoli 40 e 41, la problematica e’ stata affrontata, dandosi per presupposto che allorquando il fatto non sia piu’ previsto dalla legge come reato, ma solo come illecito amministrativo debba pronunciarsi sentenza assolutoria, spostando l’accento sull’ordine di trasmissione degli atti all’autorita’ amministrativa: e’ stato cosi’ affermato il principio secondo il quale “l’autorita’ giudiziaria che pronunzi sentenza assolutoria perche’ il fatto non e’ piu’ previsto dalla legge come reato non ha l’obbligo di rimettere gli atti all’autorita’ amministrativa competente a sanzionare l’illecito amministrativo allorquando la normativa depenalizzatrice non contenga norme transitorie analoghe a quelle di cui alla L. n. 689 del 1981, articolo 40 e 41, la cui operativita’ e’ limitata agli illeciti da essa depenalizzati e non riguarda gli altri casi di depenalizzazione” (Sez. U, n. 25457 del 29/03/2012 – dep. 28/06/2012, Campagne Rudie, Rv. 252694).
Cio’ premesso, va rilevato che il Decreto Legislativo n. 8 del 2016, contiene nell’art.8 una disposizione del tutto analoga a quella della L. n. 689 del 1981, articolo 40 disponendo testualmente che “le disposizioni del presente decreto che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili” e, a seguire, l’articolo 9 che prevede, analogamente alla L. n. 689 del 1981, articolo 41, l’obbligo di trasmissione da parte del giudice penale all’autorita’ amministrativa per i procedimenti pendenti alla data della sua data di entrata in vigore. Il che sta significare che spetta esclusivamente alla P.A. il potere-dovere di irrogare la relativa sanzione amministrativa, necessariamente applicabile, in virtu’ del generale divieto di irretroattivita’ dell’illecito amministrativo, ai soli illeciti non prescritti alla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 8 del 2016.
Non essendo nella specie in contestazione l’ordine impartito dal Tribunale partenopeo all’INPS, il ricorrente non ha pertanto alcun motivo di dolersi in ordine alla formula assolutoria impiegata, potendo semmai far valere le proprie ragioni in ordine all’intervenuta prescrizione dell’illecito in sede amministrativa.
Il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato, seguendo a tale esito le consequenziali pronunce in punto di spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cosi’ deciso in Roma, il 26 gennaio 2017.
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