Non rientrano tra gli atti inutilizzabili i documenti già esistenti ma acquisiti dopo la scadenza del termine delle indagini (407 c.p.p.).

Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 17 aprile 2018, n. 17136.

Non rientrano tra gli atti inutilizzabili i documenti già esistenti ma acquisiti dopo la scadenza del termine delle indagini (407 c.p.p.).

Sentenza 17 aprile 2018, n. 17136
Data udienza 20 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 24/07/2017 del Tribunale di Roma;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Emanuela Gai;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Salzano Francesco, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.- Il Tribunale di Roma, con ordinanza in data 24 luglio 2017, ha rigettato la richiesta di riesame, ex articolo 322 c.p.p., proposta da (OMISSIS) contro il provvedimento del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma di sequestro preventivo di opere di scavo e fondazione site in (OMISSIS), realizzate dalla societa’ immobiliare (OMISSIS) s.r.I., nell’ambito del procedimento penale, nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), per i reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44 e Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articoli 142 e 181 (oltre al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 64, 65, 71 e 72), opere in difformita’ rispetto alla autorizzazione paesaggistica per esse rilasciata, confermando il relativo decreto.

1.1. – Il Tribunale cautelare, preso atto che, quanto al fumus commissi delicti – con riferimento al reato di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, unico reato per il quale e’ stato emesso il titolo cautelare, nell’area in questione erano stati accertati lavori in corso che consistevano nella realizzazione di opere di sbancamento e di realizzazione di due piani interrati adibiti a box auto, opere di nuova costruzione, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ex Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 134, comma 1, lettera a) e b), articolo 136, lettera c) e d), e articolo 142, lettera m), quali beni d’insieme della Valle dei Casali ed in relazione ai decreto archeologico Villa Doria Pamphili, Villa Carpegna, Valle dei Casali, lavori per i quali la societa’ del ricorrente aveva avuto, in data 12/05/2015, autorizzazione paesaggistica dalla Regione Lazio – Direzione del territorio, Urbanistica e mobilita’; che, in occasione del sopralluogo, era stata accertata la realizzazione di lavori in difformita’ rispetto a quelli di cui all’elaborato grafico, relativo all’autorizzazione paesaggistica, quanto alla sagoma del secondo piano, ampliata nella parte relativa al prospetto ovest.

Nel disattendere le censure difensive, escludeva, il Tribunale cautelare, l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017, articolo 2, invocata dalla difesa; la rilevanza della pronuncia del TAR; l’insussistenza della violazione dell’articolo 407 c.p.p., e confermava il decreto impugnato.

2. – Per l’annullamento dell’ordinanza, il difensore di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, e ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Violazione di legge di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione all’applicazione delle norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale, Decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017, articolo 2.

Assume il ricorrente che, in seguito alla delegificazione operata dal citato decreto, in attuazione del Decreto Legge 31 maggio 2014, n. 83, articolo 12, comma 2, in esecuzione del quali il Governo, in qualita’ di legislatore delegato, ha adottato il Decreto n. 31 del 2017, le opere in questione sarebbero escluse dal novero di quelle per cui rimane necessaria l’autorizzazione paesaggistica.

In particolare le opere realizzate nel sottosuolo sarebbero sottratte al regime autorizzativo perche’ ontologicamente incapaci di ledere il bene giuridico del paesaggio.

2.2. Violazione di cui all’articolo 606 c.p.p. in ordine alla astratta configurabilita’ del reato, in relazione al travisamento delle decisioni e degli atti amministrativi che hanno disposto la revoca della determinazione dirigenziale di demolizione (sentenza TAR).

2.3. Violazione di legge in relazione all’articolo 407 c.p.p.. Deduce l’inutilizzabilita’ degli atti di indagine compiuti (acquisizione di documentazione successivi al termine di scadenza delle indagini preliminari, in assenza di proroga.

3. Il Procuratore generale, ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. – Il ricorso e’ infondato per le seguenti ragioni.

Deve premettersi che in tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’articolo 325 c.p.p. consente il sindacato di legittimita’ soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge nella cui nozione rientrano, oltre agli “errores in iudicando” o “in procedendo”, anche i vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093), rileva, il Collegio, che il provvedimento impugnato e’ affetto dalla denunciata violazione di legge sotto il profilo della motivazione apparente.

5. Cosi’ specificato l’ambito del sindacato del giudice di legittimita’ in materia cautelare, appare infondato il primo motivo di ricorso, gia’ devoluto al Tribunale, con cui il ricorrente argomenta l’assenza di fumus commissi deliciti per effetto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017, articolo 2.

In attuazione del Decreto Legge 31 maggio 2014, n. 83, articolo 12, comma 2, in esecuzione del quali il Governo, in qualita’ di legislatore delegato, ha adottato il decreto n. 31 del 2017 “Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata” (G.U. 22 marzo 2017, n. 68), ha previsto all’articolo 2. Interventi ed opere non soggetti ad autorizzazione paesaggistica, che “1. Non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all’Allegato “A” nonche’ quelli di cui all’articolo 4″.

Il citato Allegato A, al punto A15, prevede la disciplina derogatoria per le opere nel sottosuolo e prevede esplicitamente che: “A. 15. fatte salve le disposizioni di tutela dei beni archeologici nonche’ le eventuali specifiche prescrizioni paesaggistiche relative alle aree di interesse archeologico di cui all’articolo 149, comma 1, lettera m) del Codice, la realizzazione e manutenzione di interventi nel sottosuolo che non comportino la modifica permanente della morfologia del terreno e che non incidano sugli assetti vegetazionali, quali: volumi completamente interrati senza opere in soprasuolo; condotte forzate e reti irrigue, pozzi ed opere di presa e prelievo da falda senza manufatti emergenti in soprasuolo; impianti geotermici al servizio di singoli edifici; serbatoi, cisterne e manufatti consimili nel sottosuolo; tratti di canalizzazioni, tubazioni o cavi interrati per le reti di distribuzione locale di servizi di pubblico interesse o di fognatura senza realizzazione di nuovi manufatti emergenti in soprasuolo o dal piano di campagna; l’allaccio alle infrastrutture a rete. Nei casi sopraelencati e’ consentita la realizzazione di pozzetti a raso emergenti dal suolo non oltre i 40 cm;”.

Nel caso in esame, gli interventi nel sottosuolo sono stati realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ex Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 134, comma 1, lettera a) e b), articolo 136, lettera c) e d), e articolo 142, lettera m), quali beni d’insieme della Valle dei Casali ed sottoposti a vincolo archeologico in relazione al decreto archeologico Villa Doria Pamphili, Villa Carpegna, Valle dei Casali, sicche’ la citata norma derogatoria non si applica. Le opere realizzate continuano ad essere sottoposte al regime autorizzatorio in presenza del menzionato vincolo archeologico.

6. Parimenti priva di pregio e’ la seconda censura di travisamento della prova sotto il profilo della non considerazione della pronuncia del TAR.

Il ricorrente pretende di giovarsi, nell’ambito del procedimento penale, della decisione assunta a suo favore dal TAR, sostenendo il travisamento della decisione da parte del Tribunale.

Orbene, nell’ambito dell’autonoma valutazione che compete al giudice penale, costui e’ tenuto a verificare la sussistenza dei presupposti normativi per l’adozione del provvedimento richiesto/conferma dello stesso, situazione che puo’ comportare anche un eventuale contrasto di decisione nell’ambito dei diversi ambiti dell’ordinamento giudiziario (giustizia amministrativa e penali), regolati da norme e procedure diverse per cui non appare invocabile il travisamento della “decisione” che presupporrebbe un necessario rapporto pregiudizialita’ tra i diversi ordinamenti che non sussiste.

In ogni caso, al di fuori di un travisamento del fatto che non trova spazio di sindacato nel giudizio di legittimita’, deve rammentarsi che il travisamento della prova (che e’ necessariamente distinto e non va confuso con il “travisamento della decisione” ovvero la decisione di tenore diverso da quella assunta nell’ambito di altro procedimento, qual e’ quello amministrativo, governato da regole diverse sia sostanziali che procedurali), non potrebbe comunque essere devoluto nel presente giudizio poiche’, in materia cautelare reale, non e’, per espressa previsione normativa, deducibile il vizio di motivazione, vizio attraverso cui puo’ avere rilievo il travisamento della prova.

7. Anche il terzo motivo di ricorso con cui si censura il provvedimento di sequestro perche’ fondato su acquisizione documentali (autorizzazione paesaggistica e altri documenti) avvenuta dopo la scadenza dei termini per il compimento delle indagini, in violazione dell’articolo 407 c.p.p., non appare fondato.

In via generale, questa Corte di legittimita’ ha, da tempo, affermato con indirizzo ermeneutico, condiviso dal Collegio, che il pubblico ministero puo’ chiedere al giudice il sequestro preventivo anche dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari in quanto la sanzione di inutilizzabilita’ di cui all’articolo 407 c.p.p., comma 3, concerne solo gli atti di indagine aventi efficacia probatoria, nel cui ambito non sono compresi i sequestri preventivi che mirano ad impedire la prosecuzione della condotta vietata (Sez. 2, n. 45988 del 28/11/2007, Tripodi, Rv. 238519; Sez. 3, n. 27153 del 10/04/2003, P.M. in proc. Falduto, Rv. 225650).

Quanto al diverso profilo dell’utilizzabilita’ degli atti compiuti dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 407 c.p.p., la giurisprudenza di legittimita’ ha, parimenti, chiarito, in primo luogo, che il riferimento agli “atti di indagine”, che l’articolo 407 c.p.p. sanziona con l’inutilizzabilita’ se compiuti dopo la scadenza del termine per l’espletamento delle indagini preliminari, deve ritenersi effettuato limitatamente ad attivita’ tipiche rispondenti alle finalita’ indicate dall’articolo 326 c.p.p. e, come tali, necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale e per l’acquisizione delle prove, ed ha escluso, dal citato novero degli atti colpiti da inutilizzabilita’, quelli costituenti mera rielaborazione di attivita’ precedentemente svolte, come ad esempio le note riassuntive o conclusive della P.G., e quelli meramente ricognitivi giacche’ finalizzati a documentare la permanenza ed attualita’ di situazioni gia’ in precedenza compiutamente accertate (Sez. 5, n. 19553 del 25/03/2014, Naso, Rv. 260403; Sez. 3, n. 4089 del 20/01/2012, Van Den Heule e altro, Rv. 251974).

Ed ancora, secondo la giurisprudenza di legittimita’, l’inutilizzabilita’ non riguarda gli atti compiuti prima, ma depositati successivamente alla scadenza del termine per le indagini (Sez. 2, n. 40409 del 29/10/2008, Scatena, Rv. 241870; Sez. 3, n. 10664 del 27/10/1995, Poli, Rv. 202945), nonche’ gli elementi di prova acquisibili indipendentemente da qualsivoglia impulso della pubblica accusa (Sez. 5, n. 15844 del 05/02/2013, M., Rv. 255505), affermazione di principio che comporta, come logica conseguenza, l’esclusione dal novero degli atti inutilizzabili anche l’acquisizione di documenti gia’ esistenti, perche’ formati prima della scadenza e acquisiti dopo, trattandosi l’attivita’ acquisitiva riconducibile ad una mera operazione materiale di raccolta di quanto gia’ esistente che non puo’ ritenersi colpita dalla sanzione di inutilizzabilita’.

Peraltro, ad ulteriore conferma della validita’ della conclusione assunta, deve rammentarsi che, sulla base di una condivisibile linea interpretativa tracciata da questa Suprema Corte in adesione al quadro di principii delineato da Sez. Un., n. 5021 del 27/03/1996, dep. 16/05/1996, Rv. 204644, ric. Sala, il decorso del termine per il compimento delle indagini preliminari non puo’ comportare l’invalidazione dell’atto di indagine compiuto dopo la scadenza, ma soltanto la inutilizzabilita’ – ad istanza di parte – della prova acquisita attraverso tale atto (Sez. 6, n. 40791 del 10/10/2007, Rv. 238040; in precedenza, v. Sez. 3, n. 4698 del 24/01/1994, Rv. 197494) la cui verifica e’ in ogni caso riservata al giudice del merito che, sulla base delle prove acquisite in forza di detto decreto, abbia emesso un ulteriore provvedimento che la parte ritenga pregiudizievole (Sez. 6, n. 9664 del 12/02/2015, Guarischi, Rv. 262459), da cui la conclusione che poiche’ l’acquisizione di prova documentale ex articolo 234 c.p.p., avviene nel giudizio ai sensi dell’articolo 493 c.p.p. al momento della richiesta di prova, sara’ sempre possibile l’acquisizione di documenti sia di quelli eventualmente acquisiti dopo la scadenza del termine delle indagini che successivi, da cui si trae la conferma che nel novero degli “atti di indagini” non possa essere ricompresa la prova documentale.

Dunque, puo’ essere affermato il principio di diritto secondo cui “la mera acquisizione di documentazione esistente non appartiene al novero degli “atti di indagine” colpiti dalla sanzione di inutilizzabilita’ ex articolo 407 c.p.p.”.

7. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato e il ricorrente condannato alle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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