Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 13 settembre 2017, n. 41606. Il divieto di reformatio in peius

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2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e) in relazione agli articoli 97, 107 c.p.p., articolo 178 c.p.p., lettera c) e articolo 179 c.p.p.. La Corte d’appello avrebbe erroneamente confermato la decisione del Tribunale con era stata respinta la richiesta di un termine a difesa avanzata all’udienza sul presupposto che il difensore di fiducia era stato officiato il giorno precedente, argomentando che anche la nomina fiduciaria intervenuta il giorno prima avrebbe consentito di apprestare una adeguata “strategia processuale”, motivazione illogica e in violazione di legge giacche’ la mancata concessione del termine a difesa costituisce una violazione del diritto di difesa causativa di nullita’ ex articolo 178 c.p.p., lettera c).
2.4. Con il quarto motivo denuncia la violazione di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione all’affermazione della responsabilita’ penale per il reato di cui all’articolo 544-ter c.p. fondato su affermazioni apodittiche non essendo emersa la prova che fu la (OMISSIS) a colpire il cane e a provocargli la ferita all’occhio, e risultando, viceversa, che la morte dello stesso fu una decisione del proprietario di eutanasia (come risulta dal certificato medico in atti) e, dunque, giammai potrebbe anche solo configurarsi la circostanza aggravante della morte del cane in conseguenza della condotta della (OMISSIS). Infine, la corte territoriale avrebbe omesso di rispondere sulla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria in relazione all’escussione di testi indicati dalla difesa.
3. Il Procuratore Generale ha chiesto, in udienza, che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso e’ fondato con riguardo al primo motivo di ricorso, infondati sono i restanti motivi di ricorso.
5. Seguendo l’ordine logico dei motivi, infondato e’ il terzo motivo con cui la ricorrente censura la nullita’ della sentenza per omessa concessione del termine a difesa.
E’ orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimita’ che il difensore non ha diritto al rinvio dell’udienza motivato sul presupposto che non ha potuto accedere agli atti per tardivita’ della nomina, in quanto la facolta’ riconosciuta all’imputato di nominare l’avvocato in qualsiasi momento del processo va bilanciata con il principio di ragionevole durata ed esercitata in modo da non trasformare le nomine e le revoche dei difensori in un sistema per controllare le scansioni ed i tempi del processo (Sez. 5, n. 32135 del 07/03/2016, Di Mauro, Rv 267804; Sez. 6, n. 47533 del 14/11/2013, Fonzo, Rv. 257390). Ne consegue che sorretta da motivazione e’ la decisione della Corte d’appello con cui ha disatteso la censura difensiva sul rilievo che aveva avuto un tempo congruo per apprestare la difesa e cio’ anche avuto riguardo al grado di complessita’ del processo, non essendo invocabile il disposto dell’articolo 108 c.p.p. che prevede la concessione di un termine a difesa nei casi di rinuncia, revoca, incompatibilita’ e abbandono della difesa, norma di stretta interpretazione, dettata a tutela dell’imputato che abbia un solo difensore che non puo’ trovare applicazione nel caso di nomina fiduciaria in prossimita’ dell’udienza (Sez. 2, n. 5255 del 11/01/2017. D’Amico, Rv. 269415).
6. Infondato e’ quarto motivo di ricorso con cui viene censurata la sentenza sull’affermazione della responsabilita’ penale della (OMISSIS) in ordine al reato di cui all’articolo 544-ter c.p..
Deve, in primo luogo, rammentarsi il principio secondo il quale quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, sicche’ e’ possibile, sulla base della motivazione della sentenza di primo grado colmare eventuali lacune della sentenza di appello (Sez. 4, n. 15227 del 14/02/2008, Rv. 239735).
Il principio va riaffermato e condiviso, con la precisazione che l’integrazione delle motivazioni e’ ammissibile, nel caso in esame, per avere la Corte d’appello ripercorso, sulla base dell’appello, l’iter motivazionale per verificarne la coerenza e la tenuta con il compendio probatorio (Sez. 2, n. 30838 del 10/03/2013, Rv 257056) ed aver esaminato le censure svolte.
L’affermazione della responsabilita’ della ricorrente, oggetto di doppio accertamento conforme, e’ fondata sulle deposizioni testimoniali di (OMISSIS) che vide la (OMISSIS), alla fine di luglio 2010, gettare ripetutamente sassi all’indirizzo del cane, o’a stessa poi aveva manifestato al (OMISSIS) il proposito di ammazzare il cane per del fastidio che il cane gli procurava abbaiando e piu’ in generale per via di cattivi rapporti di vicinato, dalle dichiarazioni dei medici veterinari che hanno attestato che la morte fu conseguenze delle lesioni provocate da corpi contundenti, motivazione congrua a cui la ricorrente mira in definitiva ad una rilettura del compendio probatorio, non consentita in questa sede.
Infine, del tutto aspecifica, e dunque inammissibile, era la censura di violazione dell’articolo 603 c.p.p., essendo contenuta solo nelle conclusioni dell’atto di appello, a fronte della genericita’ originaria del motivo, il denunciato difetto di motivazione della sentenza di appello non puo’ formare oggetto di ricorso per Cassazione, poiche’ i motivi generici restano viziati da inammissibilita’ originaria anche quando la decisione del giudice dell’impugnazione non pronuncia in concreto tale sanzione (Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, Botta, Rv. 262700).
7. Anche il secondo motivo di ricorso non e’ fondato.

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