Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 16 ottobre 2017, n. 24278. Il contratto avente a oggetto il trasferimento, verso corrispettivo, dello studio professionale ad altro soggetto, intenzionato a proseguire l’attività avvalendosi del complesso dei beni, materiali e immateriali, appartenenti al proprio dante causa

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4. Il resistente deduce che la Corte di merito si e’ attenuta alla costante giurisprudenza di legittimita’ sul punto e che il ricorrente avrebbe potuto esercitare i suoi diritti di successore con la sublocazione dell’immobile.
5. I primi due motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione che li lega e sono fondati.
Si osserva che i precedenti normativi della L. n. 392 del 1978, articolo 37, si rinvengono nella L. n. 253 del 1950, articolo 1, comma 4, e nella L. n. 351 del 1974, articolo 2 bis, comma 1, ove – nell’ambito della legislazione vincolistica – si prevede, in caso di morte del conduttore di un immobile a uso non abitativo, che la proroga operi a favore di coloro che, per successione o per precedente rapporto continuino l’attivita’ del defunto; e la giurisprudenza ha giustamente interpretato tali norme esigendo che l’erede eserciti quell’attivita’ direttamente e non per interposta persona (Cass. 16 ottobre 1987 n. 7650).
6. L’articolo 37, comma 1, prevede, invece, che “In caso di morte del conduttore gli succedono nel contratto coloro che, per successione o per precedente rapporto, risultante da atto di data anteriore all’apertura della successione, hanno diritto a continuare tale attivita’”.
All’entrata in vigore della L. n. 392 del 1978, articolo 37, in dottrina ed in giurisprudenza si sono formati due diversi filoni interpretativi.
Una tesi che sostiene che la nuova norma dell’articolo 37, non ha carattere innovativo rispetto alla precedente normativa e afferma che, per il caso di successione (e cioe’ di negozio mortis causa o di successione legittima),ipotesi di cui qui ci occupiamo, necessitano due presupposti: uno oggettivo, consistente nella continuazione nella medesima attivita’ del defunto, l’altro soggettivo, consistente nella legittimazione del successore a continuare nell’attivita’ del defunto conduttore.
Una seconda tesi che nega invece l’identita’ di fattispecie e di ambito tra le due norme e considera la nuova disciplina come innovativa: l’unico requisito richiesto, per subentrare nel rapporto di locazione, e’ il diritto alla continuazione, che deriva dal titolo di successione, non gia’ dal fatto materiale della continuazione.
Si osserva che in entrambi i casi l’ambito dei soggetti legittimati alla successione nel contratto nel caso di morte del conduttore e’ identico, mentre la divergenza interpretativa si sostanzia nel ritenere,secondo una tesi che puo’ definirsi conservativa, non sufficiente a continuare la locazione la semplice qualita’ di erede del conduttore defunto, non avendo la tutela coerenza logica se si estendesse fino a privilegiare soggetti che non usano l’immobile per svolgervi l’attivita’ in cui in precedenza era stato destinato. Si sostiene invece da parte della tesi che puo’ definirsi innovativa (vedi sent Cass. n. 2629 del 1993) che non e’ lecito desumere requisiti non piu’ richiesti, con un significativo mutamento di locuzione tecnico giuridica.
7. Questa Corte ha ritenuto, in primo luogo, la radicale diversita’ dell’ambito operativo tra la norma antica e quella dello ius superveniens. La disciplina del 1950 si inseriva nel contesto di un regime vincolistico, e la norma di successione era strumentale alla proroga del rapporto.
La disciplina del 1978 opera invece nel contesto di un contratto nuovo, sorto dopo l’entrata in vigore della legge di equo canone, e non concerne un regime di proroga, ma la continuazione di un rapporto, che un evento naturale (la morte) estingue in capo ad uno dei soggetti, il conduttore. Il rapporto locatizio prosegue, ope legis, in capo al successore avente diritto alla continuazione. In questo contesto, la successione e’ funzionale all’uso non abitativo ed alla tutela dell’attivita’ latu sensu commerciale, o produttiva, che continua malgrado la morte. Cass. Sentenza n. 11888 del 1993.
8. Questa Corte ha privilegiato costantemente la tesi cosiddetta innovativa affermando che in caso di morte del conduttore di immobile destinato per uno degli usi previsti dall’articolo 27, della legge sull’equo canone, subentrano nel rapporto, ai sensi dell’articolo 37, della medesima legge, coloro che per successione o per precedente rapporto (risultante da data certa anteriore all’apertura della successione), hanno diritto di continuare l’attivita’, senza necessita’ che questa sia anche direttamente esercitata dall’avente diritto ovvero da colui che anche in base a legittima aspettativa ne abbia titolo, perche’ questo ulteriore requisito, espressamente richiesto dalle precedenti analoghe disposizioni della L. n. 253 del 1950, articolo 1, comma 4, e L. n. 351 del 1974, articolo 2 bis, relativa alle locazioni soggette al regime di proroga, non e’ stato piu’ indicato dal legislatore nell’articolo 37, sopra citato.
Cass., Sentenza n. 1359 del 10/02/1994; Cass. Sentenza n. 1093 del 03/02/1998.
8. La normativa in esame si applica anche alla presente fattispecie in quanto, pur non avendo l’erede il titolo professionale per esercitare lo studio medico, poteva cederlo L. n. 392 del 1978, ex articolo 36.

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