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12. Tanto premesso, possono qualificarsi risarcibili conseguenze immediate e dirette (come si esprimeva gia’ Cass. 17/12/1963, n. 3184, sia pure ai fini dell’articolo 1223 c.c., in tema di responsabilita’ contrattuale) quelle conseguenze normali od ordinarie originate (ovvero causate) dall’evento dannoso secondo il principio della cosiddetta regolarita’ causale, sicche’ devono ritenersi esclusi quei danni che siano un riflesso lontano dall’inadempimento e non possano a questo essere riallacciati dal necessario nesso teleologico, per essere intervenute altre cause e circostanze estrinseche, senza le quali il danno ulteriore stesso non si sarebbe verificato. A mano a mano che la sequenza causale progredisce e si allontana dall’evento che ad essa ha dato origine, in altri termini, l’intervento di fattori concausali diversi ed ulteriori diviene via via preponderante, fino ad escludere la riferibilita’ – appunto diretta ed immediata – a quello primigenio.
13. Ed il novero delle conseguenze ulteriori perdute va limitato, sostanzialmente, alla figura tradizionale del lucro cessante ed alla c.d. perdita di chance, da intendersi: il primo, come l’accrescimento patrimoniale che il danneggiato avrebbe conseguito o il decremento patrimoniale che egli avrebbe evitato se, ad impedire il primo o a cagionare il secondo, non fosse intervenuto il fatto generatore del danno (per tradizionale insegnamento: v. gia’ in tal senso Cass. 16/04/1969, n. 1207; ma comunque non comprendendosi gli eventi ipotetici o legati a condizioni incerte – tra molte altre, v. Cass. 03/09/1994, n. 7647 – e quelli l’attesa della cui verificazione non sia sorretta da – o fondata su – un’obiettiva e ragionevole attendibilita’: Cass. 10/12/1971); la seconda, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene (che solo a queste condizioni non e’ una mera aspettativa di fatto, ma un’entita’ patrimoniale a se’ stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione: Cass. 14/03/2017, n. 6488), la cui concretezza ed effettivita’, siccome riferite ad un evento futuro, devono possedere un grado di elevatissima probabilita’, se non di vera e propria prognosi (ma riferita al momento dell’accadimento del fatto indicato come dannoso).
14. In applicazione dei principi suddetti alla fattispecie, una volta riconosciuto il nesso causale tra la cosa, vuoi perche’ oggetto di custodia, vuoi perche’ la sua carenza strutturale intrinseca od originaria fosse manifestazione di colpa specifica o generica del danneggiante (e quindi ribadita l’indifferenza delle due ragioni di responsabilita’ ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 2051, o dell’articolo 2043 c.c.), il danno che puo’ essere oggetto di risarcimento e’ esclusivamente quello che si e’ verificato in concreto in dipendenza immediata e diretta dell’evento, cioe’ il cedimento del guard-rail, come poi imputato causalmente anche – ed in misura paritaria – della condotta colposa della vittima, che lo ha attinto con una forza notevolissima, prodotta all’esito di una serie di malaccorte manovre, tutte colpose (o, a tutto concedere, colposa sicuramente la prima e conseguenze inevitabili di essa le altre).
15. Posto che la descrizione delle modalita’ del sinistro e dell’apporto causale della condotta della vittima conduce alla qui insindacabile, appunto perche’ fondata su apprezzamenti di fatto (e tutt’altro che apodittici o manifestamente arbitrari), conclusione (v. pag. 11 della qui gravata sentenza, secondo periodo) della possibile idoneita’ di una maggiore resistenza del guard-rail a ridurre i danni, deve allora aversi per non ulteriormente revocabile in dubbio, in questa sede, che l’evento non avrebbe potuto comunque essere impedito, ma, a tutto concedere, che le sue conseguenze avrebbero potuto essere di minore gravita’.
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