Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 22 dicembre 2017, n. 30921. Sono risarcibili le sole conseguenze immediate e dirette del fatto assurto a criterio di imputazione della responsabilità

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16. Su questa premessa, non puo’ rientrare nel concetto di conseguenza immediata e diretta il mancato avveramento di un’evenienza piu’ favorevole per chi risulta danneggiato: in generale, invero, poiche’ da una situazione o da un evento puo’ dipanarsi o dipartirsi un ampio – se non potenzialmente indefinito – ventaglio di serie di conseguenze tra loro alternative, accomunate soltanto all’origine e diversificate dall’interazione successiva di eventi differenti ed incidenti in senso e con effetto diversi, che lo sviluppo potenziale di quelle si sia manifestato o concentrato in una sola particolare tra esse con esclusione delle altre non significa affatto che l’evento che ha determinato la serie causale effettivamente verificatasi sia stata la causa della mancata verificazione delle alternative.
17. Pertanto, la pretesa del (OMISSIS) non puo’ trovare considerazione, con conseguente rigetto del suo secondo motivo di ricorso, in applicazione del seguente principio di diritto: “una volta verificatosi un evento dannoso ricostruito, con valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimita’, come causalmente ascrivibile pure alla condotta colposa del danneggiato, non puo’ essere presa in considerazione, quale evenienza non impedita e tanto meno al fine di una sua diversa quantificazione risarcitoria, la minore entita’ del danno che sarebbe dipesa da una serie causale alternativa a quella effettivamente verificatasi in concreto, quale un minore od un assente grado di colpa in capo al responsabile”.
18. Puo’ ora passarsi alla disamina del terzo motivo, il quale e’ pero’ inammissibile in ordine a ciascuno dei profili prospettati.
19. In primo luogo, esso e’ inammissibile quanto alla doglianza di inadeguatezza della riliquidazione, atteso intanto il richiamo alla struttura del punto reso oggetto delle cosiddette tabelle milanesi applicate alla specie, come adeguatamente comprensivo pure del danno una volta definito morale, ma comunque in virtu’ del carattere equitativo della sua liquidazione, espressamente richiamato dalla corte di appello anche per il risarcimento dell’inabilita’ temporanea e comunque essendosi essa mantenuta, con sufficiente indicazione del criterio, all’intero del range o intervallo previsto.
20. In secondo luogo, il motivo in esame e’ inammissibile quanto alle contestazioni fondate sulla c.t.u. o rivolte contro la medesima, risultando – nei limiti in cui esse possano ancora rilevare in questa sede dopo la gia’ ricordata riforma dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, e sempre ammesso che le critiche siano state tempestivamente rivolte gia’ al giudice del merito – comunque violati i i principi ribaditi dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 08/06/2011, n. 12532; Cass. 17/07/2014, n. 16368; Cass. 03/06/2016, n. 11482; Cass. ord. 19427 del 2017), per la quale “in tema di ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, e’ necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa gia’ dinanzi al giudice a quo, e ne trascriva, poi,… almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisivita’ e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimita’”.
21. Infine, il quarto motivo e’ di per se’ inammissibile, perche’ non prospetta un vizio della gravata sentenza in ordine al capo sulle spese in quanto tale, quale derivante da un’erronea applicazione del principio della soccombenza, ma solo la pretesa infondatezza della premessa o del presupposto, cioe’ della soccombenza: e quindi involge impropriamente l’ingiustizia derivata dall’assetto complessivo della decisione sul merito, con la qual cosa risultano implicitamente ammesse l’intrinseca coerenza e legittimita’ della conclusione sul punto da parte della corte territoriale.
22. Il ricorso, inammissibili i motivi diversi dal secondo ed infondato quest’ultimo, va percio’ rigettato e le spese del giudizio di legittimita’ seguire la soccombenza.
23. Infine, deve darsi atto – mancando ogni discrezionalita’ al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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