Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 20 febbraio 2018, n. 4022. L’interesse cui, ai sensi dell’articolo 1455 c.c., va comparata l’importanza dell’inadempimento ai fini della pronuncia costitutiva di risoluzione del contratto

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Rigetto’ anche la domanda riconvenzionale, ritenendo che l’accoglimento della richiesta di risoluzione del contratto “significherebbe di fatto sciupare anche qui principi di adempimento e, in ultima analisi, apparirebbe contrario all’interesse degli stessi coniugi (OMISSIS), nella misura in cui anche essi desiderano la conclusione di anni di scontri litigi con la famiglia (OMISSIS) ed una definizione di rapporti quanto piu’ possibile soddisfacente”.
4. La Corte d’appello di Venezia, adita dai due (OMISSIS) in via principale e dai coniugi (OMISSIS) – (OMISSIS) in via incidentale, con sentenza 19 giugno 2014 n. 486 rigetto’ tutti e due gli appelli.
In particolare, per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello ritenne che il Tribunale avesse “saggiamente ritenuto che i pur gravi inadempimenti dei (OMISSIS) non dovevano comportare la risoluzione del negoziato, e cio’ proprio in relazione all’interesse che i (OMISSIS) continuavano comunque ad avere rispetto alle altrui prestazioni”.
5. Ricorrono per cassazione avverso la sentenza d’appello i coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) con ricorso fondato su un solo motivo.
Hanno resistito con separati controricorsi (OMISSIS) e (OMISSIS).
Tutte le parti hanno depositato memoria.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il motivo unico di ricorso.
1.1.Con l’unico motivo di ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) lamentano, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli articoli 1453 e 1455 c.c..
Sostengono che la Corte d’appello, dopo avere accertato l’esistenza d’un inadempimento del contratto di transazione da parte dei due (OMISSIS); e dopo avere ritenuto che tale inadempimento fosse grave, definitivo, contrario a buona fede e rilevante, ha nondimeno rigettato la domanda di risoluzione del contratto, sul presupposto che pronunciare la risoluzione avrebbe vanificato gli sforzi fino a quel momento compiuti dalle parti per cercare di comporre le loro annose liti.
Osservano in contrario i ricorrenti che per pronunciare la risoluzione del contratto ai sensi dell’articolo 1453 c.c., il giudice non deve accertare altro che l’esistenza dell’inadempimento, la sua gravita’ e la sua incidenza sugli interessi della controparte. Sicche’, essendo stati accertati questi tre elementi, la domanda di risoluzione si sarebbe dovuta accogliere, senza indagare se essa convenisse o non convenisse al richiedente.
1.2. Il motivo e’ fondato.
Ai fini dell’accoglimento d’una domanda di risoluzione d’un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’articolo 1453 c.c., il giudice deve accertare se esista il contratto, se esista l’inadempimento, se l’inadempimento sia “grave avuto riguardo all’interesse della controparte” (articolo 1455 c.c.).
La definizione del concetto di “interesse” di cui all’articolo 1455 c.c., da molti anni ha visto la dottrina dividersi.
Taluni autori (in posizione isolata) sviliscono infatti tale concetto, ritenendo che I’ “interesse” di cui all’articolo 1455 c.c., costituisca un mero criterio di valutazione della gravita’ dell’inadempimento.
Altri autori danno di quel concetto una lettura soggettiva, sostenendo che l’interesse di cui all’articolo 1455 c.c., coincida con la volonta’ della parte non inadempiente, e che di conseguenza sussiste in tutti i casi in cui possa ritenersi che quest’ultima non avrebbe stipulato, qualora avesse avuto contezza dell’inadempimento (tesi che, a sua volta, si radica sulla piu’ antica teoria, di matrice germanica, la quale ravvisa il fondamento della risoluzione per inadempimento nel principio rebus sic stantibus).
Un terzo gruppo di autori, infine, ritiene che l'”interesse” di cui all’articolo 1455 c.c. vada inteso in senso non soggettivo ma oggettivo, quale sinonimo di rilevanza dell’inadempimento per qualunque persone di normale avvedutezza.
1.3. Nel permanere dei contrasti dottrinari, questa Corte ha da tempo affermato che l’interesse di cui all’articolo 1455 c.c., non si identifica con l’interesse alla risoluzione, ma consiste nell’interesse all’adempimento (Sez. 2, Sentenza n. 4311 del 28/06/1986).
Infatti, posto che l’articolo 1455 c.c., parla genericamente di “interesse” della parte non inadempiente, in apicibus la lettera della norma potrebbe essere interpretata in due sensi alternativi: quale interesse alla risoluzione del contratto, oppure quale interesse alla esecuzione del contratto.
La prima interpretazione, tuttavia, renderebbe la norma superflua.
Se, infatti, si intendesse l’articolo 1455 c.c., nel senso che l’inadempimento rilevante ai fini della risoluzione e’ quello di non scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse della controparte alla risoluzione, si finirebbe per rendere l’articolo 1455 c.c., un ovvio paralogismo: e cioe’ che ha diritto a chiedere la risoluzione la parte che ha interesse alla risoluzione.
E’ noto tuttavia che quando una norma consente piu’ letture alternative, va preferita quella in grado di conferire al testo della legge un senso, piuttosto che quella in base alla quale la norma non avrebbe senso alcuno.
Pertanto l’interesse richiesto dall’articolo 1455 c.c., non puo’ che consistere nell’interesse della parte non inadempiente alla prestazione rimasta ineseguita: interesse che deve presumersi (con presunzione semplice, ex articolo 2727 c.c.) vulnerato tutte le volte che l’inadempimento sia stato di rilevante entita’, ovvero abbia riguardato obbligazioni principali e non secondarie (Sez. 3, Sentenza n. 8063 del 14/06/2001).
1.4. Cio’ posto in teoria, si rileva in punto di fatto che la Corte d’appello di Venezia ritenne “grave” l’inadempimento degli odierni controricorrenti, ma soggiunse che dichiarare risolto il contratto di transazione avrebbe annullato gli sforzi compiuti dalle parti, ed i risultati raggiunti, per comporre la loro lite.
Cosi’ giudicando, tuttavia, la Corte d’appello ha effettivamente violato l’articolo 1455 c.c..
Da un lato, infatti, per quanto gia’ detto la Corte d’appello, rilevata la gravita’ dell’inadempimento, a tanto si sarebbe dovuta arrestare ai fini dell’accoglimento della domanda di risoluzione, in virtu’ del principio secondo cui un inadempimento grave fa presumere leso l’interesse della controparte, salvo che la parte inadempiente fornisca la prova del contrario.
Dall’altro lato, la Corte d’appello ha scambiato l’interesse alla prestazione rimasta ineseguita, l’unico che deve essere valutato ai fini dell’articolo 1455 c.c., con l’interesse alla risoluzione, ovvero con la convenienza della domanda di risoluzione rispetto a quella di adempimento. Scelta, quest’ultima, che e’ riservata alla valutazione della parte, e sulla quale il giudice non puo’ intervenire.
Del resto, se la Corte d’appello aveva intenzione di non mandare sprecati i tentativi di composizione bonaria della lite, tale pur lodevole intento si sarebbe dovuto attuare attraverso l’unico strumento che l’ordinamento processuale le metteva a disposizione a tal fine: ovvero convocando le parti e tentando di conciliarle, ai sensi del combinato disposto degli articoli 117 (il quale non a caso fa riferimento ad “ogni stato e grado del processo”) e 185 c.p.c., e non certo imponendo alle parti di restare vincolate ad un contratto cui non avevano piu’ interesse.
1.5. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, la quale nel riesaminare il gravame si atterra’ al seguente principio di diritto:
“L'”interesse” cui, ai sensi dell’articolo 1455 c.c., va comparata l’importanza dell’inadempimento ai fini della pronuncia costitutiva di risoluzione del contratto, e’ rappresentato dall’interesse che la parte inadempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del contratto, e non dalla convenienza, per essa, della domanda di risoluzione rispetto a quella di condanna all’adempimento”.
2. Le spese.
Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
la Corte di cassazione:
(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

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