Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 2 marzo 2018, n. 1309. La natura precaria e temporanea della struttura realizzata

La natura precaria e temporanea della struttura realizzata, secondo noto e consolidato orientamento, non può certamente inferirsi dal genere del materiale di costruzione impiegato, bensì dall’essere o meno la costruzione destinata al soddisfacimento di esigenze temporanee.

Sentenza 2 marzo 2018, n. 1309
Data udienza 15 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2855 del 2010, proposto dai signori Lu. Ca. e An. Am., rappresentati e difesi dall’avvocato Fe. Eu. Lo., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso (…);
contro
La società Nu. Ge. Immobiliare s.p.a., rappresentata e difesa dall’avvocato Lu. D’A., con domicilio eletto presso lo studio societario Pl. in Roma, via (…);
nei confronti di
Il Comune di Bari, in persona del sindaco in carica, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. PUGLIA – BARI: SEZIONE II n. 03032/2009, resa tra le parti, concernente la D.I.A. relativa a lavori di copertura di un terrazzo.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della società Nu. Ge. Immobiliare s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2018 il Consigliere Carlo Schilardi e uditi per le parti l’avvocato Lo. e l’avvocato Di Ne. su delega di D’A.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La sig.ra Lu. Ca., comproprietaria insieme al sig. An. Am. di un immobile sito in Bari alla via (omissis), presentava in data 16 febbraio 2009 una D.I.A. (n. 321/2009) per la realizzazione di una tettoia amovibile, al quarto piano del suddetto immobile.
Il progetto prevedeva la realizzazione di una struttura in legno lamellare, con pilastri e arcarecci sui quali poggiava un cannucciato in bambù e un pannello di policarbonato, aperta su tre lati e poggiata sul muro della costruzione.
La sig.ra Ca. presentava la documentazione richiesta dal Comune e versava la somma di Euro. 1.637,92 a titolo di oneri concessori e con nota del 9 novembre 2009 comunicava di aver concluso i lavori in data 3 settembre 2009, secondo il progetto proposto alla presentazione della D.I.A.
In data 26 ottobre 2009, la società Nu. Ge. Immobiliare s.p.a., proprietaria di un immobile sito in Bari alla via (omissis), di fronte a quello di proprietà dei sigg. Ca. e Ammendola, proponeva ricorso al T.A.R. per la Puglia per l’accertamento dei presupposti per l’ammissibilità dell’intervento oggetto della D.I.A..
Il T.A.R. con sentenza n. 3032 del 4 dicembre 2009, resa in forma semplificata, ha accolto il ricorso ed ha dichiarato l’insussistenza dei presupposti per la formazione della D.I.A..
1.2. Avverso la sentenza i sigg. Lucrezia Ca. e Antonio Ammendola hanno proposto appello.
Si è costituita in giudizio la società Nu. Ge. Immobiliare s.p.a. che ha chiesto di rigettare l’appello perché inammissibile e comunque infondato nel merito.
All’udienza pubblica del 15 febbraio 2018 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
2. Con un primo motivo di censura gli appellanti lamentano la violazione degli artt. 3, 10 e 22 del D.P.R. n. 380/2001 nonché degli artt. 14 e 18 delle N.T.A. del Piano Regolatore Generale del Comune di Bari.
Con un ulteriore motivo di censura, strettamente collegato al primo, gli appellanti lamentano la violazione dell’art. 22 del D.P.R. n. 380/2001 con riferimento all’art. 9 del D.M. n. 1444/1968 e dell’art. 49 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Bari.
3. Si può prescindere da approfondimenti in ordine alla eccezione sollevata dalla società Nu. Ge. Immobiliare s.p.a. circa l’inammissibilità della produzione documentale versata dagli appellanti agli atti del giudizio in data 4.1.2018, che sarebbe preclusa nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 104, comma 2, del c.p.a. e ciò in considerazione del fatto che l’appello è infondato e va respinto.
4. Nel merito gli appellanti assumono che il TAR avrebbe errato nel ritenere che la struttura in questione, pur avendo natura accessoria e pertinenziale rispetto alla costruzione principale, avrebbe dovuto considerarsi come nuova costruzione a tutti gli effetti e ciò in quanto la stessa sarebbe preordinata al soddisfacimento di esigenze non temporanee e, ulteriormente, che la sentenza del T.A.R. sarebbe erronea laddove il giudice di prima istanza ha ritenuto violata la disciplina relativa alle distanze legali tra le pareti finestrate previste dal D.M. n. 1444/1968 e dalle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Bari.
E ciò perché l’art. 22 del D.P.R. n. 380/2001 consentirebbe la realizzazione di interventi mediante D.I.A. ad eccezione di quelli indicati nell’art. 10, che riguardano una ristrutturazione urbanistica o edilizia o la realizzazione di nuove costruzioni.
4.2. Orbene, il Collegio osserva che il T.A.R. Puglia ha correttamente evidenziato che l’effetto autorizzativo che consegue alla D.I.A. (e che tiene luogo, per equivalenza, del provvedimento amministrativo favorevole esplicito) non deriva direttamente dalla dichiarazione del privato, bensì consegue al decorso del termine, finalizzato proprio a consentire all’Amministrazione di procedere alla verifica dei necessari presupposti (e) nell’ipotesi di cattivo esercizio da parte dell’Amministrazione dei poteri di verifica e di controllo della sussistenza dei presupposti sostanziali richiesti, è data tutela innanzi al Giudice Amministrativo.
Nel caso di specie a rilevare non è quale sia il titolo utile per realizzare la copertura in questione (D.I.A. o permesso di costruire), bensì l’illegittimità dell’intervento, per assenza dei presupposti legali alla sua esecuzione.
L’opera attiene, infatti, ad una copertura realizzata in legno lamellare con copertura in policarbonato e e cannucciato, posata su tre pilastri in legno ancorati con basamento in cemento e bulloni al pavimento che, a prescindere dalla sua incidenza in termini di superficie o di incremento volumetrico, per il suo carattere di costruzione rileva in ordine alla distanza tra edifici.
4.3. Per ricorrente giurisprudenza, invero, la realizzazione di una tettoia va configurata sotto il profilo urbanistico come intervento di nuova costruzione e non di natura pertinenziale, essendo assente il requisito della individualità fisica e strutturale propria della pertinenza. Il manufatto costituisce, infatti, parte integrante dell’edificio e la nozione di costruzione deve estendersi a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazioni dell’opera.
Per la tettoia come realizzata, necessita, quindi, la sua conformità alle disposizioni del testo unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001) e alle norme dallo stesso richiamate in tema di disciplina urbanistica ed edilizia (cfr. art. 12), tra cui quella sulle distanze previste dal codice civile.
4.4. Non può trovare condivisione la tesi degli appellanti che l’art. 3, comma 1, lett. e) del D.P.R. n. 380/2001 prevederebbe che gli interventi come quello di interesse possono essere considerati nuova costruzione solo se le N.T.A. del P.R.G. del Comune lo evidenzino espressamente o nel caso in cui si realizzino opere che abbiano un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale, atteso che nulla si evince al riguardo dalla disciplina di settore del Comune e, comunque, a rilevare è, come si è accennato, la disciplina statale sulle distanze tra edifici, che essendo volta alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, è tassativa ed inderogabile nell’imporre al proprietario dell’area confinante di costruire il proprio edificio ad almeno 10 metri, senza alcuna deroga.
5. Gli appellanti insistono nel sostenere, ancora, che la realizzazione di una tettoia in legno non può qualificarsi come un intervento di ristrutturazione né tantomeno come nuova costruzione, assumendo che la tettoia in questione non determina alcuna volumetria in quanto aperta su tre lati ed è coperta da un cannucciato di bambù rimovibile.
5.2. La tesi, ripetitiva di quanto già sostenuto ai punti precedenti, non è condivisibile, perché, come rilevato dal TAR Puglia la natura precaria e temporanea della struttura realizzata, secondo noto e consolidato orientamento, non può certamente inferirsi dal genere del materiale di costruzione impiegato, bensì dall’essere o meno la costruzione destinata al soddisfacimento di esigenze temporanee … e nella specie la struttura realizzata è all’evidenza preordinata al soddisfacimento di esigenze non temporanee.
Né quanto osservato dai tecnici comunali a seguito del sopralluogo effettuato in data 17.11.2009, su disposizione del Giudice nel parallelo procedimento civile azionato dagli appellanti, inficia la conclusione cui si è pervenuti in ordine alla qualificazione sul piano giuridico dell’intervento edilizio de quo e al mancato rispetto delle distanze tra edifici.
6. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi euro 2.000,00.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti in solido al pagamento in favore della società Nu. Ge. Immobiliare di euro 2000,00 (duemila) oltre spese generali IVA e CPA per spese e onorari del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere
Carlo Schilardi – Consigliere, Estensore
Leonardo Spagnoletti – Consigliere

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *