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1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 cod. civ. in relazione all’obbligo di custodia a carico del Condominio.
Osserva il ricorrente che la responsabilita’ del custode sussiste sia per la non adeguata vigilanza del cantiere che per non aver adoperato l’ordinaria diligenza nella scelta dell’impresa appaltatrice. Nel caso in esame, il Condominio non avrebbe provato alcuna colpa di esso ricorrente nella determinazione del fatto dannoso e neppure avrebbe dimostrato l’effettiva presenza degli operai della societa’ appaltatrice nel luogo e nell’ora del furto. La Corte di merito avrebbe errato sia nel dare per pacifica tale presenza sia nel collocare l’orario del furto tra le ore 13 e le ore 15, mentre era fuori discussione che esso si era verificato tra le ore 15 e le ore 16, e comunque non prima delle ore 15. Richiamando la giurisprudenza di questa Corte, e in particolare la sentenza 19 dicembre 2014, n. 26900, il ricorrente rileva che la condanna nei confronti del Condominio doveva essere accolta, posto che esso non aveva in alcun modo dimostrato l’esistenza del caso fortuito.
1.1. Il motivo di ricorso e’ inammissibile.
Il ricorrente ha correttamente richiamato, a sostegno della propria tesi, la sentenza n. 26900 del 2014 di questa Corte la quale, confermando un orientamento precedente (v. la sentenza 6 ottobre 1997, n. 9707), ha affermato che, in relazione all’ipotesi di furto in un appartamento condominiale commesso grazie alla presenza di ponteggi esterni per la ristrutturazione dell’edificio, la responsabilita’ del condominio a titolo di custodia si affianca a quella dell’appaltatore di cui all’articolo 2043 cod. civ., perche’ sul condominio grava l’obbligo di vigilare e custodire il soggetto a cui sono affidati i lavori. Questa pronuncia si collega anche ad un altro precedente che ha ravvisato il fondamento della responsabilita’ del condominio, in una fattispecie analoga a quella odierna, sia nella culpa in vigilando che nella culpa in eligendo, in caso di scelta di un’impresa appaltatrice del tutto inadeguata all’esecuzione dell’opera (sentenza 17 marzo 2009, n. 6435).
1.2. Cio’ premesso, il Collegio rileva che nel caso in esame il motivo di ricorso tende in modo evidente a sollecitare la Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito.
La sentenza impugnata, infatti, ha collocato il furto in una precisa fascia oraria ed ha ritenuto dimostrata l’esistenza del caso fortuito. La motivazione e’ costruita sui seguenti passaggi logici: il furto e’ avvenuto in un orario in cui erano presenti gli operai dell’impresa appaltatrice; la loro presenza era un fattore di dissuasione; se dissuasione non c’e’ stata, cio’ non e’ imputabile al Condominio dal quale non si poteva pretendere una vigilanza continua sul cantiere aperto.
Ora, la giurisprudenza di questa Corte ha anche di recente ribadito che la valutazione dell’idoneita’ di un evento ad integrare gli estremi del fortuito spetta al giudice di merito, il cui apprezzamento non e’ sindacabile in sede di legittimita’ se adeguatamente motivato (cosi’, da ultimo, l’ordinanza 20 aprile 2017, n. 10014). Cosi’ come tale giurisprudenza ha affermato che il fortuito non attiene ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell’evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne e’ fonte immediata ma ad un elemento esterno.
Da cio’ consegue che le contestazioni del ricorrente – tese a collocare il furto in una fascia oraria diversa da quella indicata dalla Corte di merito ed a riaffermare in tal modo la responsabilita’ del Condominio a titolo di custodia – sono inidonee a superare la ratio decidendi della sentenza impugnata, risultando piuttosto indirizzate a sollecitare questa Corte ad un diverso e non consentito esame del merito.
Quanto, poi, alla deduzione di una culpa in eligendo relativamente alla scelta dell’impresa appaltatrice – affermazione posta, peraltro, in modo del tutto generico – si tratta di una questione nuova o comunque non discussa in sede di merito, ne’ il ricorrente dimostra che di tale profilo i precedenti Giudici siano stati chiamati ad occuparsi.
2. Il ricorso, pertanto, e’ dichiarato inammissibile.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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