Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 12 dicembre 2017, n. 29642. Accertamento della responsabilita’ di un prestatore d’opera professionale

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Queste le ragioni.
Si rileva, in primo luogo, che la pacifica affermazione che sussistesse l’inadempimento del notaio qui resistente, in quanto fatta expressis verbis dalla sentenza di primo grado, integrando l’espressa affermazione dell’esistenza di uno dei fatti costitutivi della domanda risarcitoria e, dunque, di un fatto c.d. principale, tra l’altro qualificabile in iure, integrava, per seguire, la logica della motivazione qui censurata, proprio una “statuizione” e non un mero “segmento di motivazione”. Cio’ e’ tanto vero che l’affermazione avrebbe potuto essere fatta con una sentenza parziale ai sensi dell’articolo 279 c.p.c., comma 2, n. 4.
Il riferimento al segmento di motivazione appare d’altro canto evocativo solo dell’essere l’affermazione dell’esistenza dell’inadempimento relativa ad uno dei fatti individuatori dell’oggetto del processo, in discussione fra le parti e, quindi, risulta meramente descrittivo del collocarsi l’affermazione come parte della motivazione che doveva essere resa.
La motivazione resta, dunque, incomprensibile nella negata necessita’ che l’affermazione dell’esistenza dell’inadempimento si prestasse, se non criticata, a dare luogo a giudicato interno.
Il principio di diritto evocato dalla corte territoriale e’, del resto, palesemente privo di aderenza al thema decidendi proposto dall’eccezione della qui ricorrente e non si comprende perche’ sia stato evocato.
In realta’, di fronte all’espressa affermazione della sussistenza dell’inadempimento del (OMISSIS), ancorche’ riguardante un fatto costituivo della domanda, l’unico modo in cui egli poteva ottenere che la relativa questione rimanesse sub iudice era l’appello incidentale, perche’ quella affermazione, giusta o sbagliata che fosse, motivata o meno che fosse, rappresentava una parte della sentenza ai sensi dell’articolo 329, seco do comma, cod. proc. civ., che doveva essere criticata per essere ridiscussa dal giudice d’appello e cio’ perche’ rappresentante un decisum di essa. Come tale ridiscutibile appunto solo con l’esercizio del diritto di impugnazione e cio’ ancorche’ il (OMISSIS) fosse vittorioso nell’esito finale della lite e soccombente in senso solo virtuale sulla sussistenza dell’inadempimento.
Si rileva che le Sezioni Unite, nelle sentenze nn. 7070 del 2016 e 1179 del 2017, hanno ampiamente argomentato sulla differenza fra appello incidentale della parte vittoriosa per l’esito finale della lite e soccombente in senso virtuale su una questione esaminata e decisa in senso sfavorevole dal giudice della sentenza impugnata, da un lato, e riproposizione ai sensi dell’articolo 346 cod. proc. civ., dall’altro. Esse hanno evidenziato che il limite della riproposizione e’ rappresentato in senso negativo proprio dall’assenza di una decisione sulla eccezione (e dal punto di vista del (OMISSIS), convenuto nel giudizio di primo grado, l’insussistenza dell’inadempimento e, quindi, la sussistenza dell’adempimento, era eccezione) o sulla domanda, dovendosi intendere il riferimento al non accoglimento come relativo, se ci si pone dal punto di vista di chi e’ resistente all’impugnazione altrui essendo rimasto vittorioso sull’esito finale della lite, non gia’ alla questione su cui il giudice abbia deciso, espressamente oppure in via implicita (cioe’ per quanto espressamene ha osservato su altre questioni), ma alla questione su cui sia rimasto del tutto silente.
Nel caso di questioni decise espressamente o per implicito (su questo secondo profilo si e’ soffermata ampiamente la sentenza n. 11799 del 2017) dal giudice della sentenza impugnata, il destinatario dell’impugnazione che sia rimasto vittorioso sull’esito finale della lite e soccombente in senso virtuale su di esse, ha, invece, l’onere di impugnare a sua volta di fronte all’impugnazione altrui con appello incidentale, questo essendo l’unico mezzo con cui si puo’ ridiscutere su di esse. L’appello deve, inoltre, essere rispettoso dell’articolo 342 cod. proc. civ.. Tanto si osserva non senza rimarcare che la motivazione criticata non ha indicato, del resto, alcunche’ che potesse integrare una censura implicita dell’affermazione dell’inadempimento, che comunque doveva essere chiara e rispettosa dell’articolo 342 cod. proc. civ..
Giusta quanto osservato si deve rilevare che in modo del tutto erroneo la corte capitolina, nella parte finale della sua motivazione, dopo la prima incomprensibile motivazione di cui si e’ riferito sopra, ha dato rilievo al fatto che il Casalini aveva espressamente riproposto la propria difesa sull’an: tale assunto, implicando che fosse sufficiente la c.d. riproposizione ai sensi dell’articolo 346 cod. proc. civ., contraddice la logica che delimita l’istituto di cui a tale norma, giacche’ sull’inadempimento il primo giudice si era pronunciato.
5. L’accoglimento del primo motivo si giustifica, dunque, sulla base del seguente principio di diritto: “Qualora il giudice di primo grado, investito di una domanda di accertamento della responsabilita’ di un prestatore d’opera professionale, nella specie un notaio, e della conseguente richiesta di condanna al risarcimento del danno, rigetti la domanda affermando expressis verbis che risulta provato l’inadempimento del detto rapporto e che, tuttavia, non risulta provata la verificazione di un danno a causa dell’inadempimento, il giudice d’appello investito dell’appello principale dal cliente sulla sentenza di primo grado non puo’, in mancanza di proposizione dell’appello incidentale del prestatore d’opera, riesaminare la questione della sussistenza dell’inadempimento, non essendo all’uopo neppure sufficiente la mera riproposizione ai sensi dell’articolo 346 cod. proc. civ.”.
6. Una volta accolto il primo motivo e cassata la sentenza impugnata in parte qua, le parti residue della sentenza impugnata, poiche’ sono fondate sulla possibilita’ che la Corte capitolina ha ritenuto di poter valutare se il notaio fosse stato inadempiente, possibilita’ che gli era invece preclusa, cadono, in quanto dipendenti ai sensi dell’articolo 336 c.p.c., comma 1.
La Corte di rinvio dovra’ decidere sulle ragioni dell’appello principale, reputando formato il giudicato interno sull’affermazione del primo giudice che il notaio fosse stato inadempiente.
7. Conclusivamente e’ accolto il primo motivo di ricorso e sono dichiarati assorbiti gli altri.
Il giudice di rinvio si designa in altra Sezione delle Corte d’Appello di Roma, comunque in diversa composizione.
Al giudice di rinvio e’ rimesso di provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e cassa la sentenza impugnata in relazione, dichiarando assorbiti gli altri. Rinvia ad altra Sezione delle Corte d’Appello di Roma, comunque in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

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