Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 23 ottobre 2017, n. 25059. Il rapporto tra la “materia” attribuita in primo grado alla Sezione specializzata in materia di Impresa istituita presso i Tribunali e in secondo grado alla Sezione istituita presso le Corti di Appello, da un lato, e le altre controversie attribuite al Tribunale o alla Corte d’Appello presso la quale la Sezione e’ incardinata, dall’altro, non e’ riconducibile alla nozione di competenza, ma a quella di distribuzione degli affari all’interno di uno stesso ufficio

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E lo stesso discorso vale per un altro giudice iperspecializzato, il giudice fallimentare. Invero, non si dubita (come accennato sopra, richiamando Cass. 24656/11) che il rapporto tra il tribunale fallimentare ex articolo 24 L.F. e quello ordinario non sia un rapporto di competenza (l’azione non promossa dinanzi al tribunale fallimentare da’ luogo a una pronunzia di improcedibilita’ non di incompetenza).
Oltretutto, anche per il giudice del lavoro e il tribunale fallimentare la legge utilizza il termine “competenza” per individuare le materie o le azioni attribuite alla loro cognizione (vedi articolo 413 c.p.c. e articolo 24 L.Fall.). Ma non per questo la conseguenza e’ che i rapporti con gli altri giudici del medesimo ufficio giudiziario che trattano cause – per cosi’ dire ordinarie si risolvano in termini di competenza/incompetenza.
Altro argomento utilizzato dai sostenitori dei rapporti di “competenza” in senso tecnico e’ quello secondo cui “…la circostanza che le sezioni specializzate non sono dislocate presso ogni distretto, ma solo presso alcuni di essi, rende palese che il rapporto fra le sezioni specializzate e le altre non e’ configurabile come rilevante – in quanto regolante le modalita’ di ripartizione di affari – all’interno del medesimo ufficio. Sotto tale aspetto, potrebbe, invero, determinarsi, con inammissibile asimmetria del sistema, che la natura del rimedio muterebbe a seconda che la pronuncia di declinatoria di competenza sia emessa dal giudice del lavoro, o da altro giudice ordinario, a favore della sezione specializzata in materia di impresa, nell’ambito di un tribunale presso il cui distretto non e’ dislocata alcuna sezione specializzata, ovvero in un tribunale nel cui distretto tale sezione sia invece istituita, con la conseguenza che, in tale secondo caso, si verterebbe in un’ipotesi di ripartizione di affari all’interno di un unico ufficio e nell’altro di questione proponibile con il rimedio del regolamento di competenza. Cio’ condurrebbe a privare le parti ed il giudice degli strumenti di cui all’articolo 42 c.p.c. e segg., soltanto in alcuni casi e non in altri sostanzialmente equiparabili, con palese violazione dei principi di cui agli articoli 3 e 24 Cost.” (cosi’ la citata Cass. Ord. 15619/15).
Orbene, se una controversia assegnata alle sezioni specializzate delle imprese sia promossa dinanzi a tribunali diversi da quelli in cui sono presenti dette sezioni, la pronunzia non puo’ essere che di incompetenza perche’ si e’ adito l’ufficio giudiziario anche terri’torialmente sbagliato (sulla legittimita’ delle sezioni solo in alcuni distretti, v. Corte Cost. 14 dicembre 2004, n. 386).
Il problema, e’ evidente, riguarda solo l’ipotesi di una controversia promossa dinanzi ad un ufficio giudicante che contempli detta sezione, ma iscritta al ruolo ordinario e che arrivi ad una sezione ordinaria; o chiaramente viceversa. In questi casi, se si esclude un problema di competenza, la soluzione di chi debba trattare il fascicolo deve essere risolto in via interna attraverso i normali strumenti previsti nel caso di errata assegnazione tabellare di fascicoli; il giudice assegnatario rimette il fascicolo al presidente del tribunale che lo ritrasmette al giudice a quo se ritiene errato il rilievo tabellare di costui oppure provvede all’eventuale riassegnazione alla sezione esatta; se il giudice ad quem nega la propria competenza interna, il conflitto sara’ deciso dal presidente del tribunale.
Non vi e’ alcuna lesione dei diritti delle parti, che comunque ottengono una decisione su chi sia il giudice in concreto della causa.
Viceversa, e’ proprio la configurazione del conflitto come di vera e propria competenza che rischia di pregiudicare il diritto-interesse della parte ad una rapida definizione del conflitto di competenza. Affidare la risoluzione allo strumento del regolamento di competenza in cassazione significa giocoforza allungare i tempi della decisione, il tutto sempre e soltanto per stabilire se la decisione spetti a una sezione o ad un’altra del medesimo tribunale.
Tra l’altro, la stessa istituzione del giudice unico, con accorpamenti delle preture nei tribunali, ha avuto il chiaro – e commendevole – scopo di ridurre le questioni di competenza. Eliminando tra le altre cose i distingui di competenza tra giudice del lavoro (ex pretore del lavoro) e giudice delle controversie ordinarie.

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