Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 21 febbraio 2018, n. 4256. Il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell’edificio, puo’ trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, ma sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene

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(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) dichiarano l’intenzione di impugnare il solo punto 2 bis della sentenza della Corte d’Appello di Milano, che ha negato l’acquisto di un uso esclusivo della terrazza in loro favore. Affermano le ricorrenti come mai nessun condomino abbia manifestato un interesse all’uso della stessa terrazza per le attivita’ astrattamente accessorie e secondarie previste dalla Corte di Milano (installazione di antenne televisive, ripetitori telefonici, canne fumarie ecc.), attivita’ peraltro tutte ancora possibili. Si richiama poi il principio affermato da Cass. 14109/2012 (recte: Cass. Sez. 2, 03/08/2012, n. 14107), per dire che comunque e’ stata preservata la funzione di copertura del preesistente tetto.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilita’ nelle forme di cui all’articolo 380 – bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
I ricorrenti hanno presentato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 2.
E’ dapprima inammissibile la censura di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”, essendo piuttosto deducibile, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, articolo 54, comma 1, lettera b), l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero la totale mancanza della motivazione. Le ricorrenti, invece, si dolgono della valutazione delle risultanze istruttorie, e quindi della ricostruzione della concreta fattispecie, compiuta dalla Corte d’Appello, profilo che esula dal sindacato di legittimita’ in quanto inerente gli apprezzamenti di fatto spettanti al giudice del merito.
La Corte d’Appello di Milano ha peraltro deciso la questione di diritto ad essa sottoposta in maniera conforme all’interpretazione di questa Corte.
Il precedente giurisprudenziale, che la ricorrente invoca e che viene citato nella stessa sentenza impugnata, ha affermato che il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell’edificio, puo’ trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, ma sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene, in rapporto alla sua estensione, e sia attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, quali la coibentazione termica e la protezione del piano di calpestio di una terrazza mediante idonei materiali (Cass. Sez. 2, 03/08/2012, n. 14107; si veda anche Cass. Sez. 6 – 2, 04/02/2013, n. 2500). E’ evidente come l’accertamento circa la non significativita’ del taglio del tetto praticato per innestarvi la terrazza di uso esclusivo e circa l’adeguatezza delle opere eseguite per salvaguardare le utilita’ di interesse comune dapprima svolte dal tetto (non significativita’ e permanente adeguatezza, nella specie, del tutto negate dalla Corte di Milano, la quale ha piuttosto accertato come fosse stata realizzata una terrazza che sovrasta l’appartamento delle ricorrenti ed occupa una porzione consistente della sua parte piana, unica fruibile per le funzioni accessorie, diverse da quella di copertura) e’ riservato al giudice di merito e, come tale, non e’ censurabile in sede di legittimita’ per violazione dell’articolo 1102 c.c., ma soltanto nei limiti di cui all’articolo 360 c.c., comma 1, n. 5.
Con riferimento all’utilizzazione della cosa comune da parte di un singolo condomino con modalita’ particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione, il riscontro dei limiti imposti dall’articolo 1102 c.c., e’ frutto di un’indagine di fatto, mediata dalla valutazione delle risultanze probatorie, che non puo’ essere sollecitata ulteriormente tramite il ricorso per cassazione, come se esso introducesse un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata.
Il ricorso va percio’ rigettato e le ricorrenti devono essere condannate a rimborsare ai controricorrenti (OMISSIS) ed (OMISSIS) le spese del giudizio di cassazione, non dovendosi al riguardo provvedere per i restanti intimati, i quali non hanno svolto attivita’ difensive.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater all’articolo 13 del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 – bis.

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