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La notifica L. Fall., ex articolo 15, in assenza di casella pec e di una sede effettiva (e queste due affermazioni in fatto della Corte del merito non sono state censurate)e’ stata eseguita a mezzo posta presso il domicilio del liquidatore e da questi ricevuta.
Ora, secondo la ricorrente, detta notifica andrebbe considerata radicalmente nulla, perche’ non sono state seguite le specifiche prescrizioni della L. Fall., articolo 15, come modificato dal Decreto Legge n. 179 del 2012, che dispone, ove non sia possibile la notificazione a mezzo pec, che “la notifica a cura del ricorrente, del ricorso e del decreto si esegue esclusivamente di persona a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, articolo 107, comma 1, presso la sede risultante dal registro delle imprese. Quando la notificazione non puo’ essere compiuta con queste modalita’, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso…”.
Nella specie, occorre partire dai dati di fatto indicati dalla Corte d’appello ed incontestati dalla ricorrente, ovvero, la disattivazione della casella pec e l’inesistenza della sede della societa’, dato quest’ultimo che esclude in radice la possibilita’ di eseguire la notifica secondo la prima modalita’ alternativa prevista dalla norma, da cui la possibilita’ di eseguire la notifica col mero deposito nella casa comunale.
Ora, la notificazione eseguita presso il domicilio del liquidatore, legale rappresentante della societa’, e’ da ritenersi validamente eseguita, come modalita’ maggiormente garantista rispetto a quella prevista per legge, di talche’ la regolare ricezione da parte del liquidatore e’ servita a rendere edotta la societa’ in liquidazione dell’istanza di fallimento e della fissazione dell’udienza L. Fall., ex articolo 15.
Col secondo motivo, la ricorrente si duole del mancato esame di tutta la documentazione prodotta, al fine della prova dei requisiti di non fallibilita’.
Unitamente al secondo motivo, in quanto strettamente collegato, va valutato il quarto mezzo, col quale la ricorrente si duole della mancata ammissione di CTU, al fine di determinare l’ammontare complessivo dei debiti, nonche’ l’attivo patrimoniale ed i ricavi lordi nel triennio, al fine di provare la sussistenza dei requisiti di non fallibilita’.
In relazione al secondo motivo, si deve rilevare che, quanto ai ricavi lordi ed all’ammontare complessivo dei debiti, la parte non ha indicato di avere fatto valere nel reclamo detti profili, ne’ gli stessi risultano trattati nella sentenza; quanto all’attivo patrimoniale, la ricorrente si e’ limitata a reiterare che i dati contabili sarebbero sovrastimati senza censurare il rilievo della Corte del merito, di deduzione apodittica e generica.
Il quarto motivo rimane assorbito.
E’ fondato invece il terzo motivo, per avere la Corte d’appello applicato, ai fini del giudizio sulla sussistenza dello stato di insolvenza, un criterio non corretto nei confronti della societa’ in liquidazione, nei cui confronti, al fine della valutazione dovendosi applicare invece il principio seguito, tra le altre, nella pronuncia 25167/2016, secondo il quale, quando la societa’ e’ in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione della L. Fall., articolo 5, deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e cio’ in quanto – non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori previa realizzazione delle attivita’, ed alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci – non e’ piu’ richiesto che essa disponga, come invece la societa’ in piena attivita’, di credito e di risorse, e quindi di liquidita’, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte(vedi a riguardo la pronuncia n. 25167 del 07/12/2016).
Conclusivamente, accolto il solo terzo motivo del ricorso, respinti i primi due motivi ed assorbito il quarto, va cassata la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La corte respinge i primi due motivi, accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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