Valido ancora il criterio del tenore di vita al fine della determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento. La valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi
Ordinanza 11 settembre 2017, n. 21082
Data udienza 5 maggio 2017
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPPI Aniello – Presidente
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5075-2015 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6412/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/10/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/05/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza resa in data 16-07-29-09/2010 il Tribunale di Roma, pronunciando sul ricorso per la separazione personale dei coniugi proposto da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), avendo gia’ dichiarato con sentenza non definitiva la separazione, ha respinto le domande di addebito; ha determinato il contributo per il mantenimento della sig.ra (OMISSIS) in Euro 2500 mensili a decorrere dal mese successivo alla pubblicazione della sentenza, fermo quanto previsto per il passato (Euro 3500) con l’ordinanza presidenziale del 09/05/2007; ha revocato l’assegnazione della casa coniugale al marito; ha dichiarato inammissibili le domande restitutorie e risarcitorie.
La Corte d’appello di Roma, investita dell’impugnazione proposta dalla (OMISSIS), con sentenza n. 6412/2014 ha accolto parzialmente il gravame, respingendo la domanda di addebito proposta dalla medesima e rideterminando l’assegno di mantenimento posto a carico del (OMISSIS) nella misura di Euro 3500 anche per il periodo successivo alla pubblicazione della sentenza di primo grado. La Corte territoriale, esaminata la complessiva situazione reddituale e patrimoniale delle parti, ha rilevato, per quel che ancora interessa, che la notevole sproporzione esistente tra le rispettive condizioni economiche non consentiva alla (OMISSIS) il mantenimento del medesimo tenore di vita reso possibile durante il coniugio grazie all’attivita’ lavorativa del (OMISSIS), il quale gode di una notevole disponibilita’ finanziaria grazie alle rilevanti entrate e alle proprieta’ immobiliari.
Avverso suddetta pronuncia propone ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di due motivi, cui resiste con controricorso (OMISSIS).
Con il primo motivo viene lamentata la violazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, dell’articolo 116 c.p.c., quanto alla valutazione degli atti delle parti, dei documenti e degli accertamenti relativi alla ricostruzione delle complessive condizioni economiche degli ex coniugi.
Con il secondo motivo viene lamentata la violazione, in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, dell’articolo 156 c.c., in quanto la (OMISSIS) non ha mai provato che i propri mezzi economici fossero inidonei a mantenere il medesimo tenore di vita goduto durante il matrimonio. La Corte d’appello non ha peraltro valutato la circostanza che la (OMISSIS) ha capacita’ di produrre reddito, trovandosi nella condizione di poter svolgere un’attivita’ lavorativa retribuita.
Le parti non hanno depositato memorie ex articolo 380 bis c.p.c., comma 2.
Il primo e secondo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono inammissibili, dal momento che gli accertamenti di fatto posti a base della decisione impugnata sono censurati attraverso pure e semplici censure di merito, senza individuare fatti decisivi, oggetto di discussione tra le parti, il cui esame sarebbe stato omesso dai giudici d’appello ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5. Va osservato, invero, che il controllo di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, non riguarda la motivazione della sentenza ma concerne, invece, l’omesso esame di un fatto storico che abbia costituito oggetto di discussione ed abbia carattere decisivo, nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. Ne deriva che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla predetta norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benche’ questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (Cass. n. 24027/2016), risultando, d’altra parte, del tutto estranea all’ambito del vizi() di motivazione ogni possibilita’ per la Corte di Cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa (Cass. n. 2142/2017).
Nella specie risulta che la Corte d’appello ha motivato in maniera ampia, dettagliata e completa circa la condizione reddituale e patrimoniale delle parti sulla base di molteplici elementi istruttori, concludendo che, considerate le entrate personali della (OMISSIS), ella non e’ in grado di mantenere il tenore di vita goduto durante il coniugio. Invero, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, al fine della determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi (Cass. n. 25618 del 07/12/2007, Rv. 600714 – 01).
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. 1,c spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 4000 per compensi e in Euro 100 per esborsi, oltre accessori di legge.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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