Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 3 gennaio 2018, n. 60. Non viola il diritto di difesa il provvedimento adottato nei confronti di un imputato (a piede libero e senza condanna definitiva) con il quale si dispone il suo accompagnamento sia in entrata sia in uscita dal tribunale

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Prescindendo da ogni valutazione di merito sugli effetti del processo sulla salute fisica o psichica di coloro che ne sono sottoposti, va doverosamente osservato l’articolo 45 c.p.p. impone la rimessione del processo solo nel caso in cui di quest’ultimo sia turbato lo svolgimento attraverso il pregiudizio della libera determinazione delle persone che partecipano al processo, ovvero sia pregiudicata la incolumita’ e la sicurezza pubblica o vi siano motivi di legittimo sospetto. Da quanto esaminato il Collegio esclude che siano ravvisabili, nei fatti esposti, situazioni pregiudicanti la incolumita’ o la sicurezza pubblica; non ricorrono motivi di legittimo sospetto involgenti decisioni del giudice che, nella specie, ha pubblicamente manifestato piena indipendenza rispetto al dettato contenuto nel decreto della Procura Generale di Torino.
Parimenti, in quanto esposto non sono ravvisabili condizioni che abbiano turbato lo svolgimento del processo attraverso un “pregiudizio” alla libera determinazione della persone che partecipano al processo. In tal senso non sono ravvisabili, ne’ tantomeno denunciati, fatti specifici che dimostrino il pregiudizio dell’esercizio del diritto di difesa derivanti da fattori esterni al processo.
L’unico aspetto residuale e’ costituito dalle lamentate e denunciate condizioni di salute dell’imputato asseritamente derivanti dallo stress causato dal provvedimento della Procura Generale della Corte d’Appello (ormai rimosso), limitativo della libera circolazione del ricorrente all’interno degli uffici giudiziari torinesi. La suddetta patologia psico-fisica non puo’ essere considerata causa giustificante il trasferimento del processo ad altra sede, poiche’ la condizione di salute dell’imputato non si traduce, quale causa esclusiva, in un “turbamento del processo” rilevante ex articolo 45 c.p.p..
La situazione di salute dell’imputato impeditiva alla partecipazione al processo trova la sua soluzione all’interno del processo, nella disciplina dettata dall’articolo 420 ter c.p.p., ove e’ previsto che il giudice assuma le determinazioni necessarie alla prosecuzione del processo in presenza di un legittimo impedimento dell’imputato, che deve essere oggetto di apprezzamento di merito.
Sulla base delle suddette considerazioni si deve affermare che non ricorrono gli estremi per la rimessione del processo in quanto l’istante si e’ limitato a prospettare sostanzialmente un generico rischio di turbamento della liberta’ valutativa e decisoria del giudice, fondato su illazioni o sull’adduzione di timori o sospetti, non espressi da fatti oggettivi ne’ muniti di intrinseca capacita’ dimostrativa, non avendo indicato alcuna situazione locale di una tale gravita’ e dotata di una oggettiva rilevanza da coinvolgere l’ordine processuale dell’ufficio giudiziario di cui sia espressione il giudice procedente (Cass. sez. 6 n. 22113 del 6.5.2013 in Ced Cass. rv 255375). Si aggiunga inoltre che la gravita’ della situazione locale, che puo’ arrecare pregiudizio alla “serenita’” del giudice – inteso come intero organo giudiziario – e delle parti, va valutata con riferimento al contesto ambientale extragiudiziario, coevo al processo, la cui esistenza va accertata prescindendo da cio’ che accade nel processo, in quanto i comportamenti endoprocessuali possono assumere rilevanza soltanto una volta autonomamente verificata l’esistenza della grave situazione locale. (Cass. sez. 1 n. 30482 del 26.5.2004 in Ced Cass. rv. 229795) che nella specie e’ indimostrata.
Per le suddette ragioni il ricorso e’ inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle Ammende, ravvisandosi nella condotta processuale del ricorrente gli estremi della responsabilita’ prevista dall’articolo 616 c.p.p.; inoltre si dispone la comunicazione del provvedimento al Tribunale di Torino.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 alla Cassa delle Ammende. Si comunichi al Tribunale di Torino.

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