Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 3 gennaio 2018, n. 60. Non viola il diritto di difesa il provvedimento adottato nei confronti di un imputato (a piede libero e senza condanna definitiva) con il quale si dispone il suo accompagnamento sia in entrata sia in uscita dal tribunale

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A fondamento della propria domanda, il ricorrente, svolta un’articolata premessa degli antefatti giudiziari del procedimento penale nel quale e’ indagato (pp. 1-17 del ricorso), espone che in data 10.7.2017 il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Torino ha emesso un decreto (prot. 4388/EC/15) volto ad interdire al ricorrente il libero accesso al Palazzo di giustizia di Torino nei seguenti termini (pag. 19 del ricorso): “….il personale di vigilanza privata e di polizia giudiziaria addetto al controllo egli ingressi nel Palazzo “(OMISSIS)”, superate le barriere con “metal dector”, identifichi il sign. (OMISSIS) chiedendogli, i motivi dell’accesso nel palazzo, che gli verra’ consentito unicamente qualora gli stessi siano validi. In tal caso tuttavia personale dell’Arma dei Carabinieri,o di altra Forza di Polizia presente e disponibile, provvedera’ ad accompagnare il sig. (OMISSIS) ove lo stesso ha dichiarato di doversi recare, vigilando sul suo comportamento. Al termine dell’incombenza che ha giustificato l’accesso il sign. (OMISSIS) verra’ riaccompagnato all’uscita”.
Il ricorrente sostiene ancora che il suddetto provvedimento, rinnovato dall’attuale Procuratore Generale (che ha opposto il rifiuto di far conoscere le reali ragioni sottostanti al provvedimento stesso e gli atti che lo giustificano) sarebbe giustificato da “….nota del sign. Procuratore della Repubblica di Milano data 17.6.2015 e relativa all’atteggiamento di (OMISSIS), nato a (OMISSIS), nella quale, sulla base di atti in possesso di detto ufficio, lo stesso viene definito “ossessivo” nei confronti di un magistrato che opera nel Palazzo di Giustizia “(OMISSIS)” tanto da determinare “profili di sicurezza del magistrato”.
Sulla base di tale premessa il ricorrente afferma:
a) di non avere potuto liberamente esercitare il diritto di autodifesa nel procedimento penale n. 3712/2014;
b) che i testimoni del processo escussi all’udienza del 28.10.2015 sono stati spaventati ed intimiditi nel vedere il ricorrente fare ingresso in aula circondato da quattro carabinieri, si’ da poter pensare che lo stesso fosse in stato di detenzione;
c) che la condizione di “interdetto” al libero accesso al Palazzo di Giustizia di Torino ha cagionato al ricorrente una forte stress emotivo con incidenza sulle reali possibilita’ di partecipare alle udienze a cagione di: 1) attacchi di panico; 2) ansia parossistica; 3) somatizzazioni dello stato di ansia; 4) rialzi della pressione arteriosa sistolica e diastolica con rischio cerebrovascolare; 5) oggettivo aggravamento della malattia di retinopatia sierosa centrale;
d) che il clima che circonda il processo in cui e’ imputato il ricorrente e’ macroscopicamente e aprioristicamente a lui ostile ed elevato il fondato sospetto di condizionamenti ambientali;
e) che il Provvedimento del Procuratore generale lede gli elementari diritti costituzionali del cittadino siccome assunto a scopo intimidatorio per il “banale ed inconfessato motivo che egli (il ricorrente ndr) si e’ permesso anche di denunciare due magistrati, il PM (OMISSIS) e il Gip (OMISSIS) nel luglio del 2014” (pag. 21 del ricorso);
f) che il provvedimento del Procuratore generale turba il regolare andamento del processo;
g) che il provvedimento del Procuratore Generale incide negativamente sulle condizioni di salute del ricorrente;
h) che il giudice, dopo l’espletamento di una perizia medico legale sulle condizioni di salute dell’imputato, ha negato successivi rinvii di udienza per legittimo impedimento, su impulso anche dell’opposizione del Pubblico Ministero di udienza;
i) che il difensore ha vanamente fatto istanza di revoca del provvedimento emanato dal Procuratore Generale.
Conclusivamente il ricorrente afferma che “…la valenza del provvedimento ai fini della valutazione del pesante condizionamento ambientale attorno alla sede giudiziaria in cui si celebra il processo de quo, e’ corroborato dai fatti cui si e’ fatto cenno e che sinteticamente qui si richiamano. Ossia: – La presenza di clamorosi errori nell’identificazione dell’ing. (OMISSIS), confuso con ben sei persone a lui estranee nella sentenza 213/14 del Tribunale di Torino e con due persone a lui estranee nella sentenza 27.10.2015 del Tribunale di Torino che ha assolto l’Avv.to (OMISSIS).
L’attribuzione all’ing. (OMISSIS) nella sentenza della Corte d’Appello n. 543/2016 di dichiarazioni a sit che egli non ha mai reso, come ictu oculi verificabile. Il tutto con il pacifico scopo di creare le basi per la chiamata di correita’ in concorso a carico dell’ing. (OMISSIS). – L’estensione dell’addebito all’ing. (OMISSIS) di tutte le condotte imputate in un primo tempo a sostegno dell’accusa di circonvenzione ai danni del sign. (OMISSIS), alla dott.ssa (OMISSIS), ed all’avv.to (OMISSIS) e della sign.ra (OMISSIS) alla sola dott.ssa (OMISSIS): il tutto a fronte di un ben piu’ ristretto numero di condotte segnalate dal GUP dott.ssa (OMISSIS) nelle motivazioni della predetta sentenza n. 213/14; il fatto che la dott.ssa (OMISSIS) dopo avere indagato per oltre tre anni in merito all’ipotesi di reato di circonvenzione ai danni dei sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS), non avesse mai mosso alcune addebito in precedenza all’ing. (OMISSIS) e che si sia decisa ad aprire un nuovo procedimento penale 3712/14 senza che fosse emerso alcune fatto nuovo.

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