Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 21 settembre 2017, n. 43433. Non è inutilizzabile, in assenza di una violazione di legge, l’accertamento dell’identità dell’indagato attraverso i dati del Dna contenuti nell’archivio informatico presso la Pg

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Afferma il ricorrente che tutti gli atti notificati avrebbero dovuto essere tradotti in lingua albanese in difetto di prova che l’imputato parlasse la lingua italiana.
2.4. Violazione di legge in relazione alla inutilizzabilita’ dei risultati dell’indagine tecnica effettuata in altro procedimento penale.
Afferma il ricorrente che – degli accertamenti sul DNA effettuati in altro procedimento non sono presenti in atti tutti i documenti e i verbali relativi alla acquisizione dei campioni di saliva, alla trasmissione degli stessi alla PG, alle modalita’ di gestione dei reperti.
2.5. Violazione di legge per omesso avviso all’imputato e al suo difensore dell’espletamento di accertamenti tecnici non ripetibili costituiti dall’estrazione del genotipo dal DNA estratto sul luogo del delitto e conseguente inutilizzabilita’ degli accertamenti stessi.
2.6. Violazione di legge con riferimento alla carenza di prova circa i reati contestati ai capi A-B dell’imputazione.
Afferma il ricorrente che difetterebbe in concreto la prova di alcun contributo causale offerto dall’odierno imputato non essendo a tal proposito sufficiente il ritrovamento di un guanto di plastica apparentemente nuovo con tracce del DNA dell’imputato sulla scena del delitto.
2.7. Mancanza, contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione in relazione all’eccessivita’ della pena.
Afferma il ricorrente che il trattamento sanzionatorio risulterebbe del tutto incongruo in quanto eccessivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Quanto ai primi due motivi del ricorso, con cui si contesta la validita’ della dichiarazione di irreperibilita’ dell’imputato e la omessa notifica dell’estratto contumaciale in quanto effettuata al difensore d’ufficio, deve osservarsi che la stessa sentenza di secondo grado ha evidenziato come – per quanto attiene la fase delle indagini preliminari- vi fosse in atti un verbale di vane ricerche, successive alla dichiarazione di domicilio 12 novembre 2008, svolte anche in tale luogo e precedenti rispetto all’avviso ex articolo 415 bis c.p.p., datato 23 aprile 2009.
Il ricorrente si e’ limitato alla contestazione di tale circostanza senza allegare alla deduzione alcuna attestazione in ordine al contenuto del fascicolo di pubblico ministero all’interno del quale – secondo la prospettazione della Corte – i verbali di ricerche sono contenuti. Si tratta di allegazione che corrisponde all’onere di autosufficienza del ricorso la cui mancanza determina l’inammissibilita’ del motivo.
Per quanto attiene alla fase del giudizio di primo grado, risulta in atti esservi stato invio (e ricezione, come risulta dalla presenza di una firma di soggetto da intendersi quale familiare convivente) di raccomandata ex articolo 169 c.p.p. senza elezione di domicilio dell’imputato in quell’occasione con conseguente legittimita’ della dichiarazione di contumacia e delle successive notifiche al difensore d’ufficio, anche con specifico riferimento alla notifica dell’estratto contumaciale.
Del tutto irrilevante il fatto che l’imputato si trovasse detenuto in Italia tra il 6 novembre 2013 e il 13 agosto 2014. Infatti, la notifica ex articolo 169 c.p.p. era stata compiuta in data precedente, con le ovvie conseguenze di legge in ordine alla notifica all’imputato. Ne consegue che il ricorrente aveva legale conoscenza della pendenza del processo con conseguente onere di denunziare il proprio stato di detenzione.
Tra l’altro, il certificato del DAP in atti evidenzia come – all’ingresso – il ricorrente avesse declinato – per l’ennesima volta – diverse generalita’ ( (OMISSIS) – nominativo assunto in conseguenza di provvedimento giurisdizionale dell’autorita’ giudiziaria albanese in data 2 luglio 2010 e, ovviamente, in precedenza non presente in atti), ponendo in essere una condotta univocamente finalizzata a sottrarsi all’identificazione e alla possibilita’ di ricevere comunicazioni da parte della Autorita’ Giudiziaria; condotta rilevante in quanto univocamente diretta a determinare eventuali irregolarita’ o nullita’ nel processo notificatorio.
Successivamente a tali atti, risulta essere intervenuta nomina di difensore di fiducia e proposizione dell’appello.
Ne consegue la piena legittimita’ dell’operato dei giudici di merito e l’inammissibilita’ dei primi due motivi di ricorso.
2. Quanto al terzo motivo del ricorso, con cui si lamenta l’omessa traduzione degli atti notificati presso il difensore, deve osservarsi che – in primo luogo – la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che l’obbligo di traduzione degli atti in favore dell’imputato alloglotta e’ escluso ove lo stesso si sia posto nella condizione processuale per cui – come avvenuto nel caso di specie – gli atti debbano essergli notificati mediante consegna al difensore, non verificandosi in tale ipotesi alcuna lesione concreta dei suoi diritti. (Sez. 6, Sentenza n. 47896 del 19/06/2014 Rv. 261218).

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