Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 2 novembre 2017, n. 50117.  L’accertamento successivo della morte del difensore non comporta una invalidità del decreto di citazione regolarmente emesso né impone una sua ripetizione con l’indicazione del nuovo difensore nominato.

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1.5. Né merita accoglimento la censura relativa al vizio di motivazione per omessa risposta, da parte del giudice di appello, alla eccezione relativa alla mancata concessione, da parte del primo giudice, del termine a difesa al difensore di ufficio.
Infatti, esclusa, per le ragioni sopra esposte, la fondatezza della questione relativa alla violazione di legge al riguardo, deve richiamarsi il consolidato orientamento di legittimità (si veda, tra le tante, Sez. 3, n. 6174 del 23/10/2014, Rv. 264273) secondo il quale, nel giudizio di cassazione, il vizio di motivazione non è denunciabile con riferimento a questioni di diritto, posto che il giudice di merito non ha l’onere di motivare l’interpretazione prescelta, essendo sufficiente che il risultato finale sia corretto (nella motivazione del richiamato precedente la Corte ha osservato che le lett. B e C dell’art. 606 cod. proc. pen. si riferiscono all’inosservanza ed all’erronea applicazione della legge e non fanno alcun riferimento al percorso logico-argomentativo del giudice, a differenza della successiva lett. E, che si riferisce, peraltro, ai profili in fatto della motivazione).
2. Manifestamente infondato è il terzo motivo.
Infatti, in primo luogo, neppure si deduce che la prova in questione (esame dell’imputato) sia stata richiesta nel corso dell’istruzione dibattimentale, come invece previsto dall’art. 606 comma 1 lett. D, cod.proc.pen..
E comunque, l’esame dell’imputato, risolvendosi in una diversa prospettazione valutativa nell’ambito della normale dialettica tra le differenti tesi processuali, non è un mezzo di prova che può assumere valore decisivo ai fini del giudizio, con la conseguenza che la sua mancata assunzione non costituisce motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. D, cod. proc. pen. (Sez. 2, Sentenza n. 44945 del 11/10/2013, Rv. 257311).
3. Manifestamente infondato è il quarto motivo. Invero la Corte territoriale ha logicamente affermato che la prova dell’elemento soggettivo è stata raggiunta anche sulla base dell’omessa indicazione della provenienza della cosa ricevuta, conformemente alla condivisa giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione, la mancata giustificazione del possesso di una cosa proveniente da delitto costituisce prova della conoscenza della illecita provenienza (Sez. 2, n. 52271 del 10/11/2016, Rv. 268643).
4. Manifestamente infondato è l’ultimo motivo attinente alla prescrizione. Invero, atteso l’operare della interruzione della prescrizione a seguito del rinvio a giudizio, il relativo termine è decennale e dunque l’evento estintivo non opera prima del 31.12.2017.
5. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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