Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 1 marzo 2018, n. 9352. In tema di truffa contrattuale, nella quale l’elemento che imprime al fatto della inadempienza il carattere di reato e’ costituito dal dolo iniziale

In tema di truffa contrattuale, nella quale “l’elemento che imprime al fatto della inadempienza il carattere di reato e’ costituito dal dolo iniziale, quello cioe’ che, influendo sulla volonta’ negoziale di uno dei contraenti (falsandone, quindi, il processo volitivo avendolo determinato alla stipulazione del negozio in virtu’ dell’errore in lui generato mediante artifici o raggiri) rivela nel contratto la sua intima natura di finalita’ ingannatoria. Nei contratti ad esecuzione istantanea, come quello in esame, con consegna immediata della merce, l’eventuale inadempimento dell’acquirente, sebbene mascherato con artifizi e raggiri, non e’ idoneo a far configurare l’ipotesi della truffa proprio perche’ si tratta di artifizi e raggiri che vengono posti in essere in un momento successivo alla stipula del contratto.

Sentenza 1 marzo 2018, n. 9352
Data udienza 8 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domeni – Presidente

Dott. MESSINI D’AGOSTINI P – rel. Consigliere

Dott. PARDO Ignazi – Consigliere

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere

Dott. SGADARI Giusep – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 04/04/2017 della CORTE DI APPELLO DI PALERMO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere PIERO MESSINI D’AGOSTINI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale PRATOLA GIANLUIGI, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 4/4/2017, la Corte di appello di Palermo confermava in punto di responsabilita’ la sentenza in data 14/9/2015 con la quale il Tribunale di Palermo aveva condannato (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia per il reato di truffa.

2. Propone ricorso (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore di fiducia, chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, sulla base di due motivi.

2.1. Violazione della legge penale per erronea applicazione dell’articolo 640 cod. pen. ed insussistenza di un elemento costitutivo del reato.

Il ricorrente sostiene che non e’ ravvisabile il reato di truffa sulla base della ricostruzione del fatto operata anche nella sentenza impugnata: la societa’ (OMISSIS), della quale (OMISSIS) era legale rappresentante, acquisto’ dalla (OMISSIS) s.r.l., in data 15/12/2009, una partita di legname, immediatamente ritirata; la merce fu pagata con assegno emesso e consegnato alla venditrice il 15/3/2010, protestato dopo tre giorni; la trattativa di acquisto e la consegna dell’assegno, con la rassicurazioni circa la solvibilita’, avvennero ad opera di un dipendente della societa’ (OMISSIS).

L’acquirente, dunque, ottenne la fornitura in modo lecito, senza alcun raggiro, atteso che la condotta incriminata sarebbe stata posta in essere tre mesi dopo la ricezione della merce: non sarebbe configurabile, dunque, alcuna truffa contrattuale e l’eventuale attivita’ decettiva successiva alla stipula del contratto va ritenuta irrilevante in quanto servita solo a nascondere l’inadempimento.

2.2. Violazione della legge penale per erronea applicazione dell’articolo 641 cod. pen. e mancanza della motivazione sul punto.

La Corte d’appello non ha fornito una reale motivazione in ordine alla richiesta difensiva, proposta nella discussione in sede di appello, di valutare se la condotta contestata potesse essere riqualificata come insolvenza fraudolenta, essendosi trattato nel caso di specie solo di una dissimulazione di uno stato di insolvenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso non sono fondati, ma neppure manifestamente infondati.

2. Il ricorrente richiama testualmente nel proprio atto d’impugnazione (dalla fine di pag. 4 all’inizio di pag. 7), pur senza citarla, una recente sentenza della Suprema Corte, che ha affermato alcuni principi in tema di truffa contrattuale, nella quale “l’elemento che imprime al fatto della inadempienza il carattere di reato e’ costituito dal dolo iniziale, quello cioe’ che, influendo sulla volonta’ negoziale di uno dei contraenti (falsandone, quindi, il processo volitivo avendolo determinato alla stipulazione del negozio in virtu’ dell’errore in lui generato mediante artifici o raggiri) rivela nel contratto la sua intima natura di finalita’ i’ngannatoria” (Sez. 2, n. 29853 del 23/06/2016, Prattichizzo, Rv. 268073).

Con la stessa pronuncia si e’ condivisibilmente evidenziato che nei contratti ad esecuzione istantanea, come quello in esame, con consegna immediata della merce, l’eventuale inadempimento dell’acquirente, sebbene mascherato con artifizi e raggiri, non e’ idoneo a far configurare l’ipotesi della truffa proprio perche’ si tratta di artifizi e raggiri che vengono posti in essere in un momento successivo alla stipula del contratto.

Erroneamente, dunque, nelle motivazioni delle sentenze di merito e’ stata attribuita particolare rilevanza alla rassicurazione data da un dipendente di (OMISSIS) circa la bonta’ dell’assegno come uno degli artifizi o raggiri utilizzati dall’imputato.

La consegna del titolo, infatti, avvenne tre mesi dopo quella della merce, quando il contratto, ad esecuzione istantanea, era gia’ stato concluso; su questo aspetto i rilievi del ricorrente, alla luce della giurisprudenza richiamata, sono fondati.

La rassicurazione fornita dal dipendente dell’imputato in ordine alla bonta’ dell’assegno consegnato in pagamento, in realta’ protestato dopo tre giorni, e’ un dato che non integra un raggiro di una truffa gia’ conclusa (tre mesi prima), ma semplicemente si pone in sintonia con la mala fede manifestata ab origine da (OMISSIS).

La difesa, tuttavia, oblitera gli altri elementi che i giudici di merito hanno valorizzato per ritenere configurabile una truffa contrattuale: i pregressi rapporti commerciali fra le due parti che si erano conclusi positivamente e lo stato di insolvenza nel quale si trovava la societa’ amministrata da (OMISSIS), dimostrata dai protesti di due assegni, per un importo complessivo di circa 5.000 Euro, avvenuti il 28/10/2009 ed il 12/11/2009, vale a dire in prossimita’ dell’acquisto e della consegna della partita di legname, in data 15/12/2009, per il corrispettivo pattuito (e mai pagato) di 8.000 Euro.

Al momento della conclusione del contratto, dunque, l’imputato “aveva taciuto maliziosamente il suo stato” di insolvenza, raggirando cosi’ la persona offesa, “indotta in errore anche dal fatto che i precedenti rapporti erano andati a buon fine”. Il “silenzio maliziosamente serbato” da (OMISSIS), ben consapevole al momento della conclusione del contratto della propria futura inadempienza, fu elemento decisivo per indurre la persona offesa ad effettuare, come in passato, quella fornitura di legname.

Tuttavia, l’erroneita’, in diritto, di un’argomentazione centrale svolta nelle sentenze dei giudici di merito, censurata dalla difesa, non consente di ritenere il ricorso manifestamente infondato e, quindi, di emettere una declaratoria di inammissibilita’, che essa soltanto non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilita’ di rilevare e dichiarare le cause di non punibilita’ a norma dell’articolo 129 cod. proc. pen., fra cui la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso, come statuito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte in numerose pronunce (n. 6903 del 27/5/2016, dep. 2017, Aiello, Rv. 268966; n. 26102 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818; n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164; n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531; n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266).

3. La truffa e’ stata consumata il 15/12/2009; considerati i periodi di sospensione (per complessivi 205 giorni), la prescrizione e’ maturata il 10/1/2018, cosicche’ il reato e’ estinto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il reato e’ estinto per prescrizione.

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