Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 9 novembre 2017, n. 26552. L’ipotesi di responsabilita’ regolata dall’articolo 1669 c.c. in tema di rovina e difetti di immobili

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3) Con il primo motivo di ricorso, i coniugi (OMISSIS) denunciano violazione e falsa applicazione dell’articolo 1669 c.c.
I ricorrenti contestano l’affermazione della Corte di appello secondo cui l’articolo 1669 c.c. sarebbe applicabile solo in ipotesi di difetti di costruzione in se’ e non in relazione “a situazioni dell’ambiente esterno”. Sostengono per contro che costituiscono gravi difetti dell’opera quelli che incidono sulla sostanza e sulla stabilita’ della medesima; che danno luogo a gravi conseguenze; che compromettono gravemente la sua utilizzabilita’. Contestano quindi che sia comprensibile la distinzione effettuata dalla sentenza impugnata (pag. 23), quando ha affermato che il suolo sul quale e’ eretto e’ congruo rispetto al fabbricato e che il difetto sarebbe riconducibile all’ambiente esterno, dovendo ravvisarsi un vizio del suolo che ha portato al difetto dell’opera.
Con il secondo motivo sono prospettate la falsa applicazione dell’articolo 1669 c.c. e vizi di motivazione.
I ricorrenti lamentano che costruttore e venditore avrebbero dovuto conoscere le “caratteristiche geomorfologiche del sedime del fabbricato” e addebitano gravi difetti di costruzione e di progettazione in relazione “alla tipologia edificatoria adottata”. Ricordano che anche la difesa del Comune aveva evidenziato le responsabilita’ del progettista per il mancato innalzamento del piano di campagna e censurano la sentenza impugnata perche’ in relazione a questi rilievi essa sarebbe immotivata (rilevo a).
Inoltre lamentano che la distinzione con il caso di cui al precedente citato (Cass. 5632/02) sarebbe solo formalistica, perche’ non v’e’ sostanziale differenza tra costruzione danneggiata da inondazioni provenienti da falda idrica o ad allagamenti per esondazioni di un vicino corso di acqua.
Negano che vizio rilevante del suolo sia solo quello che pone in pericolo le fondazioni del fabbricato e non anche quelli che compromettono la funzionalita’ dell’edificio pur se nell’immediato non ne fanno prevedere il crollo.
Aggiungono che la responsabilita’ ex articolo 1669 c.c. si estende anche al progettista-direttore dei lavori che abbia contribuito alla edificazione dell’immobile, nella specie ausiliare del costruttore e quindi soggetto a lui assimilato.
3.1) I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro intima connessione, sono fondati.
In giurisprudenza si insegna che l’ipotesi di responsabilita’ regolata dall’articolo 1669 c.c. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e, conseguentemente, trova un ambito di applicazione piu’ ampio di quello risultante dal tenore letterale della disposizione cosicche’ nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l’appaltatore che abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell’opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione (Cass. n.17874 del 23/07/2013; 3406/06; 14650/12).
Inoltre quando l’opera appaltata presenta gravi difetti dipendenti da errata progettazione il progettista e’ responsabile, con l’appaltatore, verso il committente, ai sensi dell’articolo 1669 c.c., a nulla rilevando in contrario la natura e la diversita’ dei contratti cui si ricollega la responsabilita’, rendendosi sia l’appaltatore che il progettista, con le rispettive azioni od omissioni – costituenti autonomi e distinti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse, concorrenti in modo efficiente a produrre uno degli eventi dannosi tipici indicati nel medesimo articolo 1669 c.c. -, entrambi autori dell’unico illecito extracontrattuale, e percio’ rispondendo, a detto titolo, del danno cagionato (Cass. 8016/12).
Va poi ricordato che il “difetto di costruzione” che, a norma dell’articolo 1669 c.c., legittima il committente all’azione di responsabilita’ extracontrattuale nei confronti dell’appaltatore, come del progettista, puo’ consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non determinandone la “rovina” o il “pericolo di rovina, incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo. (Cass. n. 20307 del 04/10/2011).
3.2) La sentenza impugnata ha ritenuto il progettista estraneo ad ogni responsabilita’, perche’ ha considerato che il “vizio” del suolo sarebbe un’anomalia del terreno esterna all’ipotesi di responsabilita’ prospettata in causa. Cosi’ facendo e’ incorsa in alcuni dei difetti di motivazione rilevati in ricorso e in erronea applicazione della norma.
Essa ha infatti ritenuto che l’edificio fosse stato correttamente costruito, sebbene abbia osservato che “il difetto deve ricondursi all’ambiente nel quale si e’ proceduto alla costruzione”, di cui era nota la ciclica soggezione ad esondazioni, rilevata in sentenza di primo grado, la quale, ricorda la stessa sentenza d’appello, aveva fatto riferimento a una “situazione dei luoghi” che “costituiva fatto notorio in zona”.
Per sostenere questo, la Corte di appello ha pero’ rovesciato il ragionamento logico che deve stare alla base della sussunzione del fatto nella norma di legge. Ha infatti ritenuto che il suolo era “congruo rispetto al fabbricato” e ha quindi supposto, come denunciano i quesiti di cui al primo motivo, che possa esistere un’edificazione esente da vizi indipendentemente dalle condizioni del terreno.
La disposizione di cui all’articolo 1669 c.c. imponeva un rovesciamento di prospettiva: il giudice di merito doveva infatti verificare se il fabbricato fosse congruo rispetto al terreno e quindi se il costruttore e il progettista avessero progettato ed eseguito l’opera tenendo debitamente conto della condizione dell’area di sedime dell’erigendo fabbricato e avessero adottato le conseguenti misure, progettuali o esecutive, necessarie a scongiurare che si verificassero danni rilevanti ex articolo 1669 c.c., individuati dal primo giudice in periodici allagamenti dei locali seminterrati con disagio di accesso ai locali soprastanti (sentenza pag. 11), inutilizzabilita’ dello scantinato e di uso dell’autorimessa.
3.3) Il ricorso coglie pertanto nel segno anche quando (profilo A del secondo motivo) lamenta che la Corte di appello non si sia interrogata sulla necessita’ di misure quali l’innalzamento del piano di campagna e la opportunita’ di non costruire (e progettare) “un piano interrato in un’area esondabile”. In proposito sussiste con evidenza l’insufficienza motivazionale lamentata.
Invano il controricorso obietta che questo profilo di censura sarebbe stato introdotto tardivamente, apportando qualche mutamento, in sede di precisazione delle conclusioni, alla domanda iniziale, focalizzata solo sulla richiesta di risarcimento del danno ex articolo 1669 e 2043 c.c.
La richiesta di risarcimento ex articolo 1669 in relazione a una specifica evenienza dannosa (allagamenti periodici) costituiva infatti sufficiente specificazione della domanda, ditalche’ non e’ domanda nuova, ma mera allegazione o precisazione consentita fino al termine del giudizio, la indicazione dei rimproveri tecnici mossi al convenuto. L’esame documentale consentito dalla natura processuale dell’eccezione consente peraltro di verificare che erano stati lamentati gia’ in citazione gravi difetti costruttivi atti ad incidere sulla funzionalita’ socioeconomica, sulla destinazione e il godimento dell’immobile.
Era dunque gia’ ben delineata la causa petendi.
E alla luce di essa risulta fondata anche l’osservazione secondo cui e’ del tutto illogica la distinzione, che la sentenza con passo incerto sembra profilare, tra difetto addebitabile all’ambiente esterno e vizi del suolo considerati rilevanti dalla giurisprudenza.
E’ infatti evidente che per non incorrere in possibile responsabilita’ ex articolo 1669 c.c. nel progettare e realizzare l’opera, gli artefici devono considerare, secondo la diligenza professionale e le norme tecniche vigenti, tutte le caratteristiche del suolo, desunte dai vari fattori ambientali, geomorfologici e strutturali, che possono incidere sul fabbricato e devono orientarne la progettazione e l’esecuzione.
Questo esame dovra’ essere ripetuto, nel riesaminare l’appello, dal giudice di rinvio, che si atterra’ al principio di diritto teste’ enunciato e alle massime ricordate sub § 3.1.

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