Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 4 gennaio 2018, n. 77. Nel conto corrente bancario intestato a più persone, i rapporti interni tra correntisti, anche aventi facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, sono regolati non dall’articolo 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca

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FATTI DI CAUSA
L’avvocato (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in sei motivi avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 2654/2013, depositata il 10 maggio 2013, la quale ha rigettato l’impugnazione principale dello stesso (OMISSIS) ed ha parzialmente accolto l’appello incidentale di (OMISSIS) contro la pronuncia di primo grado n. 6439/2005 resa dal Tribunale di Roma, condannando (OMISSIS) a pagare al fratello (OMISSIS) la somma di Euro 77.972,01, oltre interessi legali dal 18 marzo 1995 al saldo.
(OMISSIS) resiste con controricorso. (OMISSIS), con citazione dell’8 giugno 1999, convenne il fratello (OMISSIS) davanti al Tribunale di Roma, chiedendo che quest’ultimo fosse dichiarato debitore della cifra di Lire 557.245.071, pari alla meta’ della somma depositata sul conto corrente Cornelio, aperto in cointestazione da (OMISSIS) e dalla madre (OMISSIS) il 26 maggio 1994 presso la banca (OMISSIS) S.A., somma abusivamente prelevata dal convenuto. Assunse l’attore che l’iniziale provvista di oltre 900.000.000 di lire versata sul conto cointestato alla sua apertura fosse di esclusiva proprieta’ della signora (OMISSIS), la quale aveva comunque poi appreso nell’aprile del 1997 che era stata disposta la chiusura del medesimo conto con autorizzazione recante la propria firma contraffatta, oltre che la firma di (OMISSIS), e che era stato trasferito il saldo esistente su altro conto corrente denominato (OMISSIS). L’attore aggiunse che la Banca aveva anche trattenuto in pegno alcuni titoli gestiti sul conto cointestato per la mancata restituzione di un mutuo rilasciato al fratello (OMISSIS); di tal che affermo’ che il debito gravante su (OMISSIS) fosse pari a titoli e contanti disponibili al momento della chiusura, oltre a quelli incamerati dall’istituto per il mutuo rimasto inadempiuto. Il Tribunale accolse la domanda di (OMISSIS) e condanno’ il fratello (OMISSIS) a pagare la somma di Euro 155.944,02 (pari alla meta’ del saldo esistente in base all’estratto al 31 marzo 1995), oltre accessori, ritenendo apocrifa la sottoscrizione di Erminia (OMISSIS), nonche’ superata la presunzione di comproprieta’ delle somme versate sul conto (OMISSIS). La Corte d’Appello di Roma ha poi respinto l’impugnazione principale di (OMISSIS), affermando che “non puo’ essere condivisa la tesi dell’appellante che sostiene che il fratello dovrebbe restituire anche i soldi presi a mutuo, sia perche’ non e’ chiaro chi effettivamente fosse la parte mutuataria (considerato sia il tenore della denuncia-querela che il testamento), sia perche’ in ogni caso non risulta che alla data di chiusura del conto la banca fosse obbligata per ulteriori somme”. La sentenza impugnata ha invece parzialmente accolto l’appello incidentale di (OMISSIS), sostenendo che non potesse dirsi superata la presunzione di proprieta’ comune delle somme cointestate sul conto depositato, non avendo la signora (OMISSIS) provato “la fonte delle ingenti somme depositate sul conto”, e negando rilevanza alle circostanze, al contrario, valorizzate dal Tribunale, quali la vendita di immobili da parte di (OMISSIS), o la notevole esposizione debitoria di (OMISSIS) verso la madre (Lire 385.000.000), come da assegno emesso da questo in favore della (OMISSIS), assegno del quale, pero’, la Corte d’Appello ha detto non esser chiara la causale, aggiungendo che era comunque intenzione della madre rimettere tale debito, stando al testamento del 3 ottobre 1996, poi revocato.
Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) deduce la violazione degli articoli 112 e 115 c.p.c. (e articolo 111 Cost., comma 2) indicando le deduzioni istruttorie avanzate dal ricorrente per superare la presunzione di comproprieta’ delle somme esistenti sul conto corrente cointestato (trascritte nella parte espositiva del ricorso) e rimaste senza risposta nella sentenza impugnata.
Il secondo motivo di ricorso di (OMISSIS) denuncia l’omesso esame di fatti controversi e decisivi, facendo riferimento sempre ai fatti che avrebbero consentito di superare la presunzione di comproprieta’.

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