Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 27 novembre 2017, n. 28228. La disciplina della evizione qualitativa di cui all’art. 1489 cod. civ.

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3. – L’ottavo mezzo denuncia violazione per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, sotto il profilo del rigetto dell’atto di appello e dell’integrazione della sentenza di primo grado. I ricorrenti denunciano “l’assoluta laconicita’ della sentenza impugnata in quanto la Corte territoriale – tranne per l’istituto della presupposizione – ha omesso di indicare gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ed ha omesso di indicare il procedimento logico-giuridico seguito, rendendo impossibile a chi legge, o quantomeno difficoltoso, ogni controllo sull’esattezza e sulla logicita’ del suo ragionamento”.
3.1. – La censura e’ infondata.
Occorre premettere che il presente ricorso e’, ratione temporis, soggetto all’applicazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, e che, in relazione a tale modificazione, le Sezioni Unite hanno avuto modo di enunciare il principio secondo cui la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione; sicche’ e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053 e n. 8054; Cass., Sez. Un., 2 agosto 2017, n. 19163).
Tanto premesso, nella specie deve escludersi che vi sia stata alcuna omissione di esame di fatti controversi e decisivi: la Corte territoriale e’ giunta alle esposte conclusioni scrutinando la clausola di salvaguardia che era stata inserita nel preliminare, i patti del rogito e la scrittura privata in pari data, ed indicando le ragioni giuridiche e fattuali delle valutazioni espresse.
4. – Con il nono motivo (violazione e falsa applicazione di norme di legge, di obbligazioni di parte ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5) ci si duole che la Corte d’appello abbiano ritenuto assorbite tutte le questioni sollevate nell’atto di appello in relazione alle istanze istruttorie avanzate sia in primo che in secondo grado. I ricorrenti reiterano la richiesta di ammissione di c.t.u. limitatamente alla riduzione del prezzo del terreno compravenduto ed al risarcimento del danno morale ed esistenziale, affinche’ non venga ritenuta implicitamente rinunciata ma venga ammessa ed espletata nel giudizio di rinvio nell’ipotesi di accoglimento del ricorso.
4.1. – La censura e’ infondata.
Correttamente la Corte d’appello ha dichiarato assorbite le questioni sollevate con l’atto di appello in relazione alle istanze probatorie avanzate in primo grado sul quantum della riduzione del prezzo della vendita e del risarcimento del danno, giacche’ la stessa ratio decidendi, che ha risolto il merito della lite, vale da implicita esclusione della rilevanza dei mezzi istruttori dedotti.
5. – Il decimo mezzo lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 96 e 112 c.p.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Con esso si insta affinche’ sia “consentita a parte attrice, diffamata e calunniata gratuitamente e impunemente, di reiterare la richiesta risar-citoria ex articolo 96 c.p.c., commi 1 e 3”.
5.1. – Il motivo e’ infondato, perche’ la condanna al risarcimento del danno a titolo di responsabilita’ aggravata, ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., non puo’ aversi a favore della parte soccombente nel processo (Cass., Sez. 2, 12 ottobre 2009, n. 21590; Cass., Sez. 2, 14 maggio 2016, n. 7409).
6. – Con l’undicesimo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli articoli 91, 92 e 112 c.p.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5. La Corte d’appello si sarebbe limitata a condannare gli appellanti al rimborso delle spese sostenute dai resistenti liquidandole in complessivi Euro 5.564 (di cui Euro 1.564 per diritti ed Euro 4.000 per onorari), oltre spese generali, IVA e CPA, senza motivare se, nella specie, e’ applicabile il tariffario forense del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004 ovvero i parametri previsti dal Decreto Ministeriale n. 140 del 20 luglio 2012, entrato in vigore il 23 agosto 2012, stante che la sentenza impugnata e’ stata emessa il 27 luglio 2012. Inoltre il giudice dell’impugnazione non avrebbe potuto ne’ dovuto liquidare d’ufficio le spese generali, occorrendo sul punto apposita domanda. Il giudice dell’impugnazione, inoltre, non avrebbe tenuto conto che vi era anche una soccombenza della parte appellata, se si considera che la Corte d’appello ha integrato la sentenza del Tribunale ricorrendo all’istituto della presupposizione.
6.1. – Il motivo e’ infondato.
In tema di spese processuali, agli effetti del Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, articolo 41, i nuovi parametri, in base ai quali vanno commisurati i compensi forensi in luogo delle abrogate tariffe professionali, si applicano in tutti i casi in cui la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto purche’, a tale data, la prestazione professionale non sia ancora completata, sicche’ non operano con riguardo all’attivita’ svolta in un grado di giudizio conclusosi con sentenza prima dell’entrata in vigore, atteso che, in tal caso, la prestazione professionale deve ritenersi completata sia pure limitatamente a quella fase processuale (Cass., Sez. Un., 12 ottobre 2012, n. 17405; Cass., Sez. 6-2, 11 febbraio 2016, n. 2748).
Ora, poiche’ nella specie l’attivita’ del difensore si e’ conclusa sicuramente prima della deliberazione della sentenza d’appello, avvenuta nella camera di consiglio del 27 luglio 2012, correttamente la Corte di Cagliari ha liquidato le spese processuali applicando, come e’ reso palese dalla separata considerazione di diritti ed onorari, la tariffa professionale approvata con il Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, ancora vigente alla data del completamento della prestazione professionale dell’avvocato, non essendo ancora entrati in vigore, in quel momento, i nuovi parametri di liquidazione del compenso introdotti dal Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, applicabile dal 23 agosto 2012.
Quanto al rimborso forfetario delle spese generali, esso costituisce una componente delle spese giudiziali, la cui misura e’ predeterminata dalla legge, e spetta automaticamente al professionista difensore, anche in assenza di allegazione specifica e di apposita istanza. Il principio della spettanza automatica, senza bisogno di apposita richiesta, del rimborso forfetario delle spese generali – costante nella giurisprudenza della Corte (da ultimo: Cass., Sez. 3, 20 dicembre 2005, n. 20321; Cass., Sez. 2, 10 gennaio 2006, n. 146; Cass., Sez. 3, 22 febbraio 2010, n. 4209) – opera la’ dove il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanni la parte soccombente al rimborso delle spese processuali a favore dell’altra parte. Invero, come la pronuncia sui diritti, sugli onorari e sugli esborsi di causa non presuppone affatto, affinche’ il giudice possa (ed anzi, debba) adottarla, una domanda di parte (la quale, pure se proposta, e’ irrilevante ai fini del valore della causa, ma ha il suo titolo esclusivamente nel contenuto della decisione sul merito della controversia, in applicazione del principio della soccombenza: Cass., Sez. 1, 27 agosto 2003, n. 12542; Corte Cost., sentenza n. 232 del 2004); cosi, allo stesso modo, la liquidazione in via automatica del rimborso forfetario – voce di credito che spetta in base alla tariffa professionale degli avvocati e la cui misura e’ ex lege determinata, in misura percentuale, sull’importo degli onorari e dei diritti ripetibile dal soccombente – trova fondamento nel principio posto dall’articolo 91 c.p.c..
Infine, la condanna degli appellanti (OMISSIS) e (OMISSIS) al rimborso delle spese processuali e’ avvenuta nella corretta applicazione del principio della soccombenza, essendo stato rigettato il loro atto di gravame contro la sentenza di primo grado.
7. – Il ricorso proposto dal (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) e’ rigettato.
Il ricorso incidentale della (OMISSIS), espressamente condizionato, resta assorbito.
La complessita’ delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione tra tutte le parti delle spese di lite.
8. – Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto l’articolo 13, comma 1-quater del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’esame del ricorso incidentale condizionato; dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione; dichiara – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 – la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.

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