Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 27 novembre 2017, n. 28228. La disciplina della evizione qualitativa di cui all’art. 1489 cod. civ.

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In questo contesto, e’ corretta la statuizione della Corte d’appello che – nell’escludere l’esperibilita’ dell’actio quanti minoris da parte dei compratori e la fondatezza dell’azione risarcitoria ancorata all’esistenza di un vincolo non apparente o di un vizio o alla mancanza di qualita’ promesse – ha rilevato che, alla data della stipula del contratto definitivo di compravendita ((OMISSIS)), il terreno alienato era sicuramente edificabile, come risulta dal certificato di destinazione urbanistica in atti, rilasciato dal Comune in data 19 settembre 2002, non essendo tale natura preclusa dalla circostanza che l’edificazione rinvenga il suo presupposto nella adozione di un piano particolareggiato di iniziativa pubblica o di un piano di lottizzazione di iniziativa privata, e cio’ in considerazione del fatto che, una volta osservate le specifiche prescrizioni dettate in materia di pianificazione urbanistica, sussiste la possibilita’ di realizzare il fabbricato.
E’ quindi da escludere che sia configurabile, nella sentenza impugnata, la violazione o falsa applicazione di alcuna delle norme denunciate o che vi sia stata, da parte della Corte di Cagliari, omissione di esame di fatti controversi e decisivi (il contratto preliminare, il contratto definitivo ai rogiti del notaio (OMISSIS) del (OMISSIS) o la scrittura privata in pari data).
Le censure sono d’altra parte costruite sull’erronea premessa interpretativa che l’adozione, come presupposto dell’edificazione nella zona FAG agroturistica del Comune di (OMISSIS), di un piano particolareggiato di iniziativa pubblica o privata, rappresenti un onere o un vincolo di inedificabilita’ (vizio giuridico occulto) imposto in forza di uno specifico provvedimento amministrativo avente carattere particolare, come tale conoscibile solo dal proprietario-venditore quale soggetto interessato.
Viceversa, dal certificato di destinazione urbanistica, allegato al rogito di compravendita, e rilasciato dal Comune di (OMISSIS) alla venditrice (OMISSIS), risulta che il terreno in questione e’ incluso nel piano di disciplina delle Zone F turistiche in “Zona FAG agroturistica”, e che l’intervento edilizio e’ assoggettato a talune prescrizioni, tra cui all’impianto di vigneto o frutteto specializzato. E poiche’ la necessita’ della previa adozione di un piano particolareggiato di iniziativa pubblica o privata, deriva, non dall’emanazione di un atto amministrativo di carattere particolare riguardante il terreno in questione, ma dalla condizione urbanistica della zona in cui esso e’ compreso secondo la disciplina di pianificazione territoriale (come appunto risultante dalla norme di attuazione delle zone FAG agrituristiche adottate con deliberazione del consiglio comunale del Comune di (OMISSIS), approvata con decreto assessoriale regionale), e’ da ritenere che tale condizione rientrasse nella conoscibilita’ anche della stessa parte acquirente.
E’ quindi da escludere che possa venire in rilievo la disciplina della evizione qualitativa di cui all’articolo 1489 c.c., come pure quella del vizio della cosa compravenduta o quella della mancanza delle qualita’ promesse, tutte basate sul presupposto – inesatto – della inedificabilita’ del terreno per l’esistenza di un vincolo di inedificabilita’.
D’altra parte, ricostruendo la volonta’ contrattuale all’esito del puntuale esame dei patti intercorsi nel contratto definitivo e nella contestuale scrittura privata, la Corte d’appello – nell’escludere che la parte venditrice abbia promesso, in termini di qualita’ della cosa ex articolo 1497 c.c., l’edificabilita’ immediata del terreno oggetto di alienazione ai sensi della gia’ rilasciata concessione edilizia – ha anche accertato che la possibilita’ di edificare in forza della stessa, appunto immediatamente, un fabbricato rurale rappresenta una circostanza esterna che, pur se non specificamente dedotta come condizione nel definitivo, ne costituisce, anche alla luce della clausola di salvaguardia contenuta nel preliminare, specifico ed oggettivo presupposto di efficacia, assumendo per la parte acquirente, ma con riconoscimento delle venditrici, valore determinante ai fini del mantenimento del vincolo contrattuale, con conseguente possibilita’ di invocare la risoluzione ex tunc, essendo venuto meno l’evento presupposto a seguito dell’annullamento in autotutela del titolo edilizio (in quanto appunto rilasciata in assenza del prescritto piano attuativo).
L’indagine della Corte d’appello diretta all’identificazione della sussistenza di una presupposizione nella immediata edificabilita’ secondo il permesso edilizio gia’ rilasciato, costituisce un accertamento riservato all’apprezzamento del giudice del merito, qui non ulteriormente sindacabile, non essendo per un verso configurabile alcuna omissione di esame di fatti controversi e decisivi, e mirando per altro verso le riassunte doglianze ad una revisione del giudizio di fatto.
E poiche’, d’altra parte, il terreno non e’ privo del requisito dell’edificabilita’, non ha rilevanza la questione dell’esperibilita’, in alternativa alla risoluzione, a scelta del compratore, della quanti minoris, ne’ incide la sopravvenuta, rispetto alla data di stipulazione del rogito, normativa urbanistica, regionale e comunale, introducente limiti di edificabilita’.
Quantunque i ricorrenti insistano nel presupporre l’inedificabilita’ del terreno invocando la disciplina dell’articolo 1489 c.c., dei vizi della cosa venduta e della mancanza di qualita’ promesse, l’edificabilita’ del terreno compravenduto e’ definitivamente acclarata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 5568 del 2015, della cui pubblicazione hanno dato atto, nelle loro memorie ex articolo 378 c.p.c., i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) e la controricorrente (OMISSIS).
Con tale sentenza, infatti, il giudice amministrativo – nel definire il contenzioso promosso da (OMISSIS) nei confronti del Comune con l’impugnativa, tra l’altro, della determinazione comunale del 14 marzo 2003 di annullamento in via di autotutela della citata concessione edilizia n. (OMISSIS) – ha affermato la “permanenza del titolo concessorio di pertinenza di parte appellante, per il tempo residuo, dalla data di pubblicazione della… decisione”, in sostanza sancendo la validita’ della concessione edilizia n. (OMISSIS) e la permanente sua efficacia per il periodo residuale di un anno e sette mesi.
E’ bensi’ esatto, come riferito dagli stessi ricorrenti: (a) che la costruzione in corso di realizzazione da parte dei coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali hanno poi ripreso l’attivita’ edificatoria a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, e’ stata sottoposta a decreto di sequestro preventivo ex articolo 321 c.p.p. nel corso di un procedimento penale per il reato di lottizzazione abusiva (Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 30 e 44); (b) che tale decreto – emesso dal GIP del Tribunale di Oristano in data 29 luglio 2016 – e’ stato confermato dal Tribunale di Oristano, in sede di riesame; (c) e che il ricorso contro l’ordinanza del Tribunale e’ stato rigettato dalla Corte di cassazione, 3 sezione penale, con sentenza 6 aprile 2017, n. 17248.
Sennonche’, la vicenda penale per il reato di lottizzazione abusiva e’ scaturita, non gia’ dalla inedificabilita’ del terreno, ma dalla non consentita trasformazione urbanistica del terreno da agricolo a residenziale: la (OMISSIS) aveva a suo tempo conseguito la concessione edilizia per la realizzazione di quattro caseggiati con finalita’ agro-turistica condizionata all’impianto di un vigneto, e invece in sede penale e’ stata accertata la sussistenza di elementi indiziari che smentiscono, quanto meno a livello di fumus, la destinazione agro-turistica dei caseggiati cui era sottesa la concessione edilizia.

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