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1. Col primo motivo e’ dedotta violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 2727 c.c., nonche’ della L. 3 febbraio 1963, n. 69, articolo 35 (recante “ordinamento della professione di giornalista”).. Il Consiglio ha indicato come del tutto carente il ragionamento presuntivo adottato dalla corte territoriale, costituito da illazioni in mancanza di qualsiasi elemento che potesse far dubitare dell’effettiva corresponsione della retribuzione.
2. Col secondo motivo e’ dedotta, da altro punto di vista, diversa violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 2727 c.c., nonche’ L. 3 febbraio 1963, n. 69, articolo 35 (recante “ordinamento della professione di giornalista”). Il consiglio ricorrente ha affermato che la corte d’appello non si sarebbe attenuta alla regola in tema di riparto della prova secondo la quale, ove la parte abbia prodotto documentazione che appaia regolare, grava sul giudice (sic) l’onere della prova contraria.
3. I due motivi, strettamente connessi e quindi esaminabili congiuntamente, sono infondati.
3.1. Non risulta alcuna violazione o falsa applicazione, ne’ delle norme in materia di prova, ne’ del criterio cui la legge ancora la valutazione delle istanze di iscrizione nell’elenco dei pubblicisti (trattasi del cennato L. 3 febbraio 1963, n. 69, articolo 35 recante “ordinamento della professione di giornalista”, a mente del quale “Per l’iscrizione all’elenco dei pubblicisti la domanda dev’essere corredata, oltre che dai documenti di cui all’articolo 31, comma 1, nn. 1), 2) e 4), anche dai giornali e periodici contenenti scritti a firma del richiedente, e da certificati dei direttori delle pubblicazioni, che comprovino l’attivita’ pubblicistica regolarmente retribuita da almeno due anni”).
3.2. Al riguardo, conviene richiamare che, in ordine al portato di tale ultima norma, questa corte (Cass. n. 352 del 14/01/2002) ha notato che essa, richiedendo che l’aspirante all’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti documenti l’effettivo svolgimento di attivita’ giornalistica “regolarmente retribuita da almeno due anni”, tende a far accertare l’avvenuto svolgimento dello stesso tipo di attivita’ che il pubblicista sara’ poi abilitato a svolgere professionalmente (anche se non in via esclusiva, come accade per i giornalisti professionisti). Si tratta della prova indiretta dell’acquisita professionalita’, attestata oltre che dall’impegno dell’aspirante, anche dall’apprezzamento della sua opera da parte dell’editore (o degli editori), a sua volta dimostrato’ dalla regolare retribuzione da quello (o da quelli) corrisposta per l’attivita’ svolta dall’aspirante. La legge fa ricorso, insomma, assumendolo come parametro di riferimento, al (fisiologico) dato di comune di esperienza secondo il quale chi viene regolarmente retribuito per almeno un biennio, per scritti che il quotidiano o il periodico pubblica, evidentemente offre un’utilitas che dimostra ad un tempo la convenienza dell’editore e l’apprezzamento dei lettori e, dunque, in definitiva, la sua capacita’.
3.3. Nei confronti dell’aspirante pubblicista, che reclama il riconoscimento ex post della qualifica professionale gia’ posseduta in via di fatto, la legge conferisce agli organismi dell’ordine in via amministrativa e, in via di reclamo, al giudice, esclusivamente il compito di effettuare una verifica in via formale, senza valutazione di merito sugli scritti e sull’idoneita’ dell’organo di stampa: trattasi di riscontrare obiettivamente che l’istante abbia continuativamente svolto per almeno due anni attivita’ giornalistica e che questa sia stata regolarmente retribuita (v. Corte cost. n. 11 del 23/03/1968 e n. 420 del 18/07/1989). In tal senso, non sono vincolanti i criteri interni dell’ordine dei giornalisti circa il numero minimo degli articoli da pubblicare e la congruita’ della retribuzione, mentre la certificazione dei direttori (che abbracci eventualmente anche la regolare retribuzione) e fa esibizione degli scritti sono elementi richiestio’ solo al fine di consentire che venga accertato che l’attivita’ sia stata esercitata ne’ occasionalmente ne’ gratuitamente. Si applicano all’uopo le comuni regole probatorie.
3.4. Il Decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1965, n. 115, articolo 34 recante regolamento di esecuzione della predetta legge in tema di ordinamento della professione di giornalista, sotto la rubrica “Modalita’ di iscrizione nell’elenco dei pubblicisti – documentazione”, dispone poi che “Ai fini dell’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti, la documentazione prevista dall’articolo 35 cit. legge deve contenere elementi circa l’effettivo svolgimento dell’attivita’ giornalistica nell’ultimo biennio. (…) Il consiglio regionale o interregionale puo’ richiedere gli ulteriori elementi che riterra’ opportuni in merito all’esercizio dell’attivita’ giornalistica da parte degli interessati”. In applicazione della complessiva disciplina, il consiglio nazionale ha adottato un documento di indirizzo per l’iscrizione all’elenco dei pubblicisti, approvato con decisione dei 14/05/2014, con cui ha invitato gli ordini territoriali a richiedere agli aspiranti pubblicisti, al fine di documentare, l’effettivita’ e la regolarita’ della retribuzione, “ricevute di pagamento e relativi giustificativi fiscali, separati almeno anno per anno. In difetto, dovranno essere fornite lettere di messa in mora, munite di data certa, circa i. mancati pagamenti per l’attivita’ giornalistica posta in essere”. In tal senso, il consiglio nazionale rigetta istanze fondate su “versamenti effettuati al termine del biennio prima della presentazione della domanda” ed afferma che “l’aspirante pubblicista non puo’ dimostrare l’avvenuto pagamento di somme a suo favore con dichiarazioni scritte unilaterali, prive di valore probatorio” (v. CN 26/03/2015 n. 25 – Pres. Iacopino, rel. Di Sivestre, ric. Brescia).

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