Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 12 dicembre 2017, n. 29747. Alcuni principi sulla comunione oridnaria

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5. Il quinto motivo di ricorso (Par. 5) (pagina 93 di ricorso) deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 24 Cost., articolo 10 c.p.c. e ss. articoli 91 e 92 c.p.c. Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articoli 6 e 14 circa la mancata indicazione delle ragioni di censura della condanna alle spese di primo grado, lamentando che il Tribunale, piuttosto, doveva indicare le ragioni della riduzione degli importi richiesti dalle parti vincitrici nelle loro note spese andate disattese. Il quinto motivo prosegue a pagina 96 di ricorso invocando la violazione delle stesse norme, ma stavolta per le spese liquidate in appello a carico del ricorrente, avendo la Corte di Bologna fatto riferimento ad una fascia di valore superiore al valore di causa dichiarato dall’attore ed appellante. Si conclude il ricorso informando dell’esistenza di una proposta di transazione non accettata dalle controparti.
5.1. Il quinto motivo di ricorso e’ inammissibile per evidente carenza di interesse, nel punto in cui (OMISSIS) si duole che il Tribunale, in presenza di una nota spese specifica prodotta dalle controparti vittoriose, ridetermino’ i compensi degli avvocati in misura inferiore a quelli esposti, senza motivare adeguatamente l’eliminazione o la riduzione delle singole voci. Su tale profilo la soccombenza, e l’interesse percio’ ad impugnare, spettava piuttosto alle parti vittoriose nel merito, che avrebbero potuto lamentare lo scostamento dagli importi richiesti con le loro note spese, e contestare le singole voci ridotte.
Circa la condanna alle spese del grado di appello, la censura e’ priva di fondamento perche’ critica la liquidazione operata dalla Corte di Bologna soltanto assumendo che il valore della controversia, rilevante ai fini dello scaglione applicabile (elemento decisivo per consentire l’apprezzamento della decisivita’ della censura), dovesse trarsi dal valore dichiarato ai fini del contributo unificato, dato, pero’, che ha rilevanza esclusivamente fiscale e non spiega, quindi, alcun effetto vincolante ai fini dell’individuazione dello scaglione di riferimento per liquidazione dei compensi del difensore (arg. da Cass. Sez. 2, 10/04/2017, n. 9195; Cass. Sez. 6 – 3, 22/09/2015, n. 18732).
6. Il ricorso va percio’ rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore dei controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), mentre non occorre provvedere al riguardo degli altri intimati, i quali non hanno svolto attivita’ difensive.
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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