[….segue pagina antecedente]
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all’articolo 1671 c.c., articolo 360 c.p.c., n. 2, perche’ la corte ricostruisce l’istituto del recesso in termini condivisibili, rigetta la domanda di danni ritenuti non provati (accertamento di fatto non condiviso ma incensurabile) ma procede sic et simpliciter alla liquidazione dell’indennizzo in favore dell’appaltatore ex articolo 1671 c.c., ritenendo che questo sia dovuto sul mero presupposto del fatto che (OMISSIS) ha esercitato il diritto di recesso.
(OMISSIS) non aveva assolto all’onere probatorio su di essa incombente e la corte, preso atto dell’inadempimento dell’appaltatore, non avrebbe dovuto condannare (OMISSIS) al pagamento dell’indennizzo, che puo’ essere vanificato in presenza di accertato inadempimento dell’appaltatore a prescindere dal risarcimento del danno.
Con il secondo motivo lamenta violazione degli articoli 1671 e 2697 c.c., nullita’ della sentenza per mancanza di motivazione, omesso esame di fatto decisivo perche’ la sentenza si e’ adeguata alla ctu non fondata su elementi provati da controparte ma generali ed astratti.
Premesso che la Corte territoriale, come dedotto, ha osservato che l’esercizio legittimo del diritto di recesso comportava lo scioglimento ex nunc del rapporto contrattuale, che l’impresa (OMISSIS) aveva chiesto la condanna della (OMISSIS) ai danni e quest’ultima non aveva assolto all’onere probatorio su di essa incombente relativo all’adempimento delle obbligazioni di cui agli articoli 23 e 15 del contratto, i testi escussi non deponevano nel senso indicato dal Tribunale e non poteva accogliersi la domanda della (OMISSIS) di risoluzione per grave inadempimento della (OMISSIS), che tuttavia, non aveva provato i danni lamentati ne’ risultava provato che l’immobile dovesse essere consegnato a terzi in una determinata data o affittato mentre la ctu era pienamente condivisibile, si osserva:
il primo motivo, pur nella sua apparente problematicita’, non attacca la complessiva ratio decidendi, che in parte dice di condividere e, pur consapevole dell’impossibilita’ di contestare l’accertamento di fatto compiuto dalla Corte territoriale, nella sostanza richiede un riesame del merito precluso in questa sede e non supera il rilievo del controricorrente secondo il quale o si fa ingresso alla domanda di recesso ex articolo 1671 c.c., oppure a quella di risoluzione ex articolo 1453 c.c..
Vanno condivise le conclusioni del PG il quale ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il recesso ad nutum non presuppone necessariamente uno stato di regolare svolgimento del rapporto ma al contrario, stante l’ampiezza di formulazione della norma di cui all’articolo 1671 c.c., puo’ essere esercitato per qualsiasi ragione che induca il committente a porre fine al rapporto, da un canto non essendo configurabile un diritto dell’appaltatore a proseguire nell’esecuzione dell’opera (avendo egli diritto solo all’indennizzo previsto dalla norma) e, d’altro canto, rispondendo il compimento dell’opera esclusivamente all’interesse del committente.
Ne consegue che il recesso puo’ essere giustificato anche dalla sfiducia verso l’appaltatore per fatti d’inadempimento e, poiche’ il contratto si scioglie esclusivamente per effetto dell’unilaterale iniziativa del recedente, non e’ necessaria alcuna indagine sull’importanza dell’inadempimento, viceversa dovuta quando il committente richiede anche il risarcimento del danno per inadempimento gia’ verificatosi al momento del recesso (Cass. n. 2130/17, Cass. n. 11642/03, Cass. 10400/08, 17294/06 ex multis).
Essendo il recesso espressione dell’esercizio del diritto potestativo del committente, logico corollario e’ che l’obbligo di pagamento all’appaltatore dell’indennizzo ex articolo 1671 c.c., costituisce effetto automatico della decisione di scioglimento dal vincolo adottata unilateralmente dal convenuto.
Se l’appaltatore e’ inadempiente, la sua eventuale condanna al risarcimento del danno puo’ vanificare il suo diritto all’indennizzo ma, nel caso in esame, tale diritto al risarcimento del danno e’ stato escluso con pronunzia non impugnata sul punto per cui il diritto all’indennizzo ex articolo 1671 c.c. non puo’ essere messo in discussione.
Il secondo motivo, nel riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 5), alla luce dell’attuale formulazione di tale disposizione (applicabile ratione temporis alla fattispecie in oggetto), e’ inammissibile non rinvenendosi la mancanza di motivazione o l’omesso esame di fatto decisivo.
Non e’ ravvisabile una violazione dell’articolo 132 c.p.c., ipotesi rinvenibile quando la sentenza e’ del tutto priva di motivazione, non consente di individuare l’iter logico seguito nella decisione, con evidente violazione delle norme sui requisiti minimi della decisione.
Il nuovo testo dell’articolo 360, n. 5, come riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. n. 134 del 2012, deve essere interpretato, alla luce dei canoni di cui all’articolo 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimita’ sulla motivazione con riferimento alla mancanza assoluta dei motivi, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, alla motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di motivazione (Cass. 14324/15, S.U. 8053/14).
Per il resto valgono le considerazioni relative al primo motivo. In definitiva, il ricorso non e’ meritevole di accoglimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 3700 di cui 200 per spese vive oltre accessori e spese forfettarie nel 15% dando atto dell’esistenza dei presupposti ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.
Leave a Reply