Corte di Cassazione, sezione seconda civile, ordinanza 8 settembre 2017, n. 20970. In ordine al rinnovo degli accertamenti svolti ai sensi dell’art. 696 c.p.c.

Rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di rinnovare gli accertamenti svolti ai sensi dell’art. 696 c.p.c.

Ordinanza 8 settembre 2017, n. 20970
Data udienza 7 luglio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20593/2013 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio (OMISSIS), quale difensore di se stesso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI URURI, in persona del Sindaco p.t., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), in virtu’ di procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di LARINO, depositata il 4/6/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

(OMISSIS) proponeva proponeva opposizione avverso il decreto di liquidazione dei compensi emesso in favore del CTU Ing. (OMISSIS), nell’ambito del giudizio pendente dinanzi al Tribunale di Larino, che vedeva l’opponente quale attore, al fine di ottenere il ristoro dei danni subiti dal proprio immobile ad opera del Comune di Ururi e di alcuni suoi funzionari.

Il Tribunale con l’ordinanza impugnata in primo luogo ribadiva che non potevano essere oggetto di disamina le contestazioni afferenti la validita’ formale della CTU, ed in particolare la contestazione circa l’illegittimita’ della concessione della proroga ovvero la violazione dei termini di cui all’articolo 195 c.p.c., dovendo la nullita’ dell’elaborato peritale essere valutata dal giudice della causa di merito.

Del pari riteneva non deducibili in sede di opposizione le contestazioni in merito alla scelta del giudice di disporre un rinnovo degli accertamenti gia’ svolti nella fase dell’ATP (e cio’ in ragione dell’indisponibilita’ del CTU nominato nella fase ante causam, a rendere i chiarimenti richiesti), dovendosi in ogni caso ribadire l’autonomia del giudice in merito alla decisione di rinnovare la consulenza tecnica d’ufficio, non essendo precluso nell’ambito del giudizio a cognizione piena demandare ad un nuovo consulente gli stessi quesiti che gia’ avevano costituito oggetto dell’accertamento preventivo.

Quanto all’asserita carenza di correttezza delle indagini peritali e delle conclusioni rese dall’ausiliario, il Tribunale evidenziava che in sede di opposizione sono ammissibili solo le censure che si riferiscono alla liquidazione del compenso, esulando invece le questioni concernenti la validita’ ed utilita’ della consulenza, non potendosi tantomeno ridurre gli onorari a vacazione in considerazione della ritenuta opinabilita’ delle conclusioni espresse.

Poiche’ al consulente puo’ essere negato il diritto al compenso solo nel caso in cui tutto l’elaborato debba reputarsi un fuor d’opera ovvero laddove le conclusioni siano del tutto vaghe o basate su argomentazioni inconsistenti, nel caso di specie doveva invece reputarsi che il CTU avesse risposto ai quesiti disposti in maniera soddisfacente, occorrendo evidenziare che la quantificazione del compenso appariva commisurata alla complessita’ e numerosita’ dei quesiti affidati.

Quanto infine alla censura concernente il carico delle spese della CTU, l’ordinanza richiamava la circostanza che si trattava in parte qua di una decisione a contenuto anticipatorio e che risultava corrispondere a quanto dettato dall’articolo 90 c.p.c., ben potendosi poi pervenire ad una diversa soluzione all’esito del giudizio di merito.

Per la cassazione di tale ordinanza propone ricorso (OMISSIS) sulla base di sette motivi.

Il Comune di Ururi ha resistito con controricorso.

Gli altri intimati non hanno svolto attivita’ difensiva in questa fase.

Il primo motivo di ricorso denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 62 c.p.c., in quanto il decreto di liquidazione avrebbe ratificato l’operato ed il compenso al CTU il quale, a fronte dell’incarico ricevuto, aveva indagato e concluso unicamente in tema di responsabilita’, escludendo che sussistesse quella dei convenuti.

Il settimo motivo denunzia la violazione sotto altro profilo dell’articolo 62 c.p.c., per avere il CTU compiuto delle indagini del tutto fuor d’opera, in quanto dalle conclusioni rese dall’ausiliario non si evince alcuna risposta o richiamo ai quesiti, addebitandosi la responsabilita’ dei danni reclamati alla condotta di un terzo estraneo al giudizio.

I due motivi che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

A tal fine deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, peraltro ben tenuto presente dal giudice di merito, per il quale (cfr. Cass. n. 3024/2011) in tema di liquidazione del compenso al consulente tecnico d’ufficio, secondo la disciplina recata dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 170, che lascia sostanzialmente invariata la natura e la struttura del procedimento di opposizione alla anzidetta liquidazione gia’ previsto dalla L. 8 luglio 1980, n. 319, articolo 11, avverso il decreto di liquidazione non possono proporsi questioni relative alla utilita’ e validita’ della consulenza tecnica, che attengono al merito della causa e vanno fatte valere nella relativa sede (conf. Cass. n. 4799/2006).

I motivi di ricorso, che difettano del requisito di specificita’ di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nella parte in cui omettono di riportare in maniera puntuale i quesiti affidati al CTU e le risposte rese da parte dell’ausiliario, si risolvono evidentemente nella affermazione secondo cui la mancata rispondenza delle risposte del CTU alle aspettative della parte, specie per quanto attiene evidentemente alla verifica del nesso di causalita’, che funge da presupposto per l’affermazione di responsabilita’ dei convenuti, dovrebbe altresi’ portare a denegare il diritto dell’ausiliario al compenso.

Il giudice di merito, con accertamento in fatto, non sindacabile in sede di legittimita’, ha di contro ritenuto che l’elaborato peritale rispondesse alle richieste del giudice della causa di merito, contrapponendo il ricorrente a tale convincimento l’apodittica affermazione secondo cui l’avere escluso la responsabilita’ dei convenuti rendeva la consulenza un fuor d’opera.

Il secondo motivo di ricorso denunzia la violazione dell’articolo 102 c.p.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Il motivo oltre a palesarsi inammissibile nella parte in cui introduce una questione nuova, non avendo parte ricorrente indicato se ed in quale fase del procedimento di opposizione la violazione de qua fosse stata dedotta, questione che peraltro implica evidentemente accertamenti in fatto in ordine alla dedotta situazione di comproprieta’ si sostanzia anche qui nella deduzione di un preteso vizio di nullita’, in realta’ non gia’ del solo elaborato peritale, ma dello stesso giudizio nel quale e’ stato nominato l’ausiliario, che si sarebbe svolto a detta del ricorrente a contraddittorio non integro.

Il motivo pero’ risulta formulato in modo evidentemente generico, mancando qualsivoglia indicazione in merito alle ragioni per le quali sussisterebbe una situazione di litisconsorzio necessario con tal (OMISSIS) (che peraltro secondo quanto sostenuto in controricorso sarebbe proprietaria di un’unita’ immobiliare distinta da quella appartenente al ricorrente), dovendosi altresi’ sottolineare che la mancata partecipazione alle operazioni peritali del preteso litisconsorte, rende in ogni caso inopponibile allo stesso l’esito della CTU espletata (e cio’ anche a tacere del fatto che non potrebbe il ricorrente far valere un pregiudizio eventualmente patito da un terzo).

Il terzo motivo denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 696 c.p.c., in quanto, nonostante l’esperimento di un ATP non contestato dalle parti, sarebbe stata disposta una nuova CTU con i medesimi quesiti gia’ affidati al primo consulente.

Il quinto motivo lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio costituito dal fatto che il giudice della causa di merito con l’ordinanza del 22/3/2011 aveva ritenuto necessario convocare il perito nominato in sede di ATP per rendere i chiarimenti, ma che a seguito della sua indisponibilita’, aveva nominato l’ing. (OMISSIS), che pero’ aveva ritenuto impossibile rendere chiarimenti sull’altrui operato. L’affidamento all'(OMISSIS) dei medesimi quesiti gia’ oggetto dell’ATP, in luogo dei soli chiarimenti costituisce una evidente violazione del disposto di cui all’ordinanza citata.

I due motivi che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione sono del pari infondati.

Ed, invero ribadita la legittimita’ della decisione del giudice di procedere ad un rinnovo della CTU, nonostante il gia’ avvenuto deposito dell’ATP (ben dovendosi ritenere che il conferimento dell’incarico all’ing. (OMISSIS) valga come implicita revoca della precedente ordinanza che aveva invece ritenuto procedere alla sola richiesta di chiarimenti), atteso che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 8355/2007) rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunita’ di disporre indagini tecniche suppletive o integrative di quelle gia’ espletate, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico di ufficio ovvero di disporre addirittura la rinnovazione delle indagini, con la nomina di altri consulenti (conf. Cass. n. 27247/2008), trattandosi di principio estensibile non solo alle CTU disposte in corso di causa, ma anche alla decisione di rinnovare gli accertamenti svolti ai sensi dell’articolo 696 c.p.c., e’ evidente che i motivi investono non gia’ la sussistenza del diritto al compenso e la sua misura, che costituiscono appunto l’oggetto del giudizio di opposizione, ma la valutazione a monte circa l’utilita’ delle indagini deferite al consulente, scelta che invece compete al giudice della causa di merito, e la cui correttezza va appunto risolta attraverso le censure suscettibili di essere proposte nei confronti della decisione della causa nel merito.

Il quarto motivo di ricorso denunzia la nullita’ del procedimento in quanto non sono stati acquisiti gli atti ritenuti necessari al fine della decisione dell’opposizione, malgrado fosse stato impartito il relativo ordine.

Il motivo va disatteso attesa anche la sua assoluta genericita’, mancando in particolare la puntuale indicazione di quali documenti aventi carattere decisivo ai fini della valutazione del giudice dell’opposizione non siano stati presi in esame, e che invece l’attuazione dell’ordine di acquisizione avrebbe permesso di poter valutare.

Il sesto motivo di ricorso denunzia infine la violazione dell’articolo 195 c.p.c. per inosservanza dei doveri e dei tempi stabiliti per l’esecuzione dell’incarico nonche’ l’omesso esame di fatti decisivi da parte del Tribunale.

In particolare si evidenzia che il ricorrente aveva immediatamente segnalato la violazione da parte dell’ausiliario dei termini concessi dal giudice per il deposito della relazione e soprattutto per la presentazione di eventuali osservazioni ad opera del ricorrente.

Pertanto in presenza di gravi vizi formali, tempestivamente denunziati, la consulenza deve ritenersi inutilizzabile, non potendo quindi essere accordato alcun compenso al consulente.

Il motivo e’ infondato, ritenendo il Collegio di dover dare continuita’ a quanto di recente precisato da questa Corte in punto di rapporti tra giudizio di opposizione avverso il decreto di liquidazione dei compensi del CTU e di nullita’ della consulenza stessa, essendosi per l’appunto affermato che (Cass. n. 5200/2017) la patologia processuale dell’attivita’ del consulente tecnico d’ufficio, idonea a determinare la nullita’ della relazione ed il conseguente venir meno del suo diritto alla liquidazione del compenso, deve essere necessariamente oggetto di declaratoria da parte del giudice del merito cui compete, in via esclusiva, detta valutazione.

La doglianza de qua, come peraltro puntualmente rilevato dal giudice di merito, esula dal novero di quelle suscettibili di trovare ingresso in sede di opposizione, rendendo quindi evidente l’infondatezza del motivo proposto.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al rimborso delle spese in favore del Comune controricorrente, cosi’ come liquidate in dispositivo.

Nulla a disporre quanto alle spese di lite nei confronti degli intimati che non hanno svolto attivita’ difensiva.

Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’articolo 13 del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del controricorrente che liquida in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi ed accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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