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E’ nota la ripartizione tra cause di nullita’ e di annullabilita’ delle delibere condominiali autorevolmente operata da Cass. Sez. U, 07/03/2005, n. 4806. La sussistenza di un vizio di annullabilita’ della delibera condominiale comporta la necessita’ di espressa e tempestiva domanda “ad hoc” proposta dal condomino interessato nel termine di trenta giorni previsto dall’articolo 1137 c.c.. Va aggiunto che l’assemblea dei condomini, ancorche’ sia redatto un unico processo verbale per l’intera adunanza, pone in essere tante deliberazioni ontologicamente distinte ed autonome fra loro, quante siano le diverse questioni e materie in discussione indicate nell’ordine del giorno contenuto nel relativo avviso di convocazione, con la conseguente astratta configurabilita’ di ragioni di invalidita’ attinenti all’una o all’altra Delib.. Di tal che, ogni domanda di declaratoria di invalidita’ di una determinata delibera dell’assemblea dei condomini si connota per la specifica esposizione dei fatti e delle collegate ragioni di diritti, ovvero per una propria “causa petendi”, che rende diversa, agli effetti degli articoli 183 e 345 c.p.c., la richiesta di annullamento di una delibera dell’assemblea per un motivo difforme da quello inizialmente dedotto in giudizio, e che allo stesso tempo impedisce al giudice la dichiarazione di annullamento della deliberazione dell’organo collegiale per un motivo di contrarieta’ alla legge o alle regole statutarie distinto da quello indicato dalla parte (arg. da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1378 del 18/02/1999; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5101 del 20/08/1986).

Ne consegue che la prospettazione in domanda e poi come motivo di appello di una ragione di invalidita’ della deliberazione assembleare impugnata, consistente, nella specie, nella dedotta illegittimita’ del compenso riconosciuto all’amministratore per il recupero forzoso del credito e per l’impedimento nella lettura del contatore obbliga il giudice, nel rispetto del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (articolo 112 c.p.c.), a prendere in esame la questione oggetto di doglianza. Il lamentato difetto di attivita’ del giudice di secondo grado e’ riscontrato nel fatto che la sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila non abbia pronunciato sulla devoluta censura inerente al compenso per il “recupero forzoso del credito” e per l’ “impedimento nella lettura del contatore”.

11.2. E’ invece infondato il secondo motivo di ricorso.

L’articolo 1129 c.c., comma 2, dopo la Riforma introdotta con la L. n. 220 del 2012 (nella specie inapplicabile, ratione temporis), prevede ora espressamente che l’amministratore debba comunicare il locale dove si trovano i registri condominiali, nonche’ i giorni e le ore in cui ogni interessato, su preventiva richiesta, possa, prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia firmata. E’ quindi vieppiu’ meritevole tuttora di conferma l’orientamento di questa Corte secondo cui la vigilanza ed il controllo, esercitati dai partecipanti essenzialmente, ma non soltanto, in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea, non devono mai risolversi in un intralcio all’amministrazione, e quindi non possono porsi in contrasto con il principio della correttezza, ex articolo 1175 c.c. (Cass. Sez. 6-2, 18/05/2017, n. 12579; Cass. Sez. 2, 21/09/2011, n. 19210; Cass. Sez. 2, 29/11/2001, n. 15159; Cass. Sez. 2, 19/09/2014, n. 19799). Va precisato, peraltro, pur trattandosi di rilievo che esula da quanto specificamente devoluto all’esame di questa Corte con il secondo motivo di ricorso (col quale si lamenta soltanto l’astratta illegittimita’ di ogni limite apposto al diritto dei condomini ex articolo 1713 c.c.), che l’esercizio della facolta’ del singolo condomino di ottenere dall’amministratore del condominio l’esibizione dei documenti contabili non deve risolversi in un onere economico per il condominio, sicche’ i costi relativi alle operazioni compiute devono gravare esclusivamente sui condomini richiedenti a vantaggio della gestione condominiale (Cass. Sez. 2, 29/11/2001, n. 15159), e non invece costituire ragione di ulteriore compenso in favore dell’amministratore, trattandosi comunque di attivita’ connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali, e percio’ da ritenersi compresa nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico per tutta l’attivita’ amministrativa di durata annuale (arg. da Cass. Sez. 2, 28/04/2010, n. 10204; Cass. Sez. 2, 12/03/2003, n. 3596). Quanto poi al profilo di doglianza secondo cui il compenso deciso per il rilascio di copia degli atti fosse di “elevatissimo ed oscillante importo”, e rivelasse percio’ un “carattere dissuasivo e deterrente” rispetto all’esercizio dello stesso diritto di controllo sulla gestione attribuito al singolo partecipante, viene cosi’ di fatto sollecitato un controllo non sulla legittimita’ della scelta operata dall’assemblea, ma sulla congruenza economica della stessa, e quindi sul merito, controllo esulante dai limiti consentiti al sindacato giudiziale ex articolo 1137 c.c., se non quando l’eccesso di potere dell’organo collegiale arrechi grave pregiudizio alla cosa comune ed ai servizi che ne costituiscono parte integrante (da ultimo, Cass. Sez. 6-2, 17/08/2017, n. 20135).

La seconda parte delle censure contenute nel secondo motivo di ricorso, relativa alle nullita’ per il difetto di regolarita’ del contraddittorio nel corso delle operazioni peritali, e’, infine, inammissibile. La sentenza della Corte di L’Aquila ha affermato che non vi fossero stati rinvii delle operazioni di CTU a data da destinarsi, ne’ sessioni di attivita’ davanti all’ausiliare cui risultasse assente (OMISSIS).

In ogni caso, in tema di consulenza tecnica d’ufficio, l’omesso avviso della data cui siano rinviate le operazioni del consulente configura un caso di nullita’ relativa, che la parte interessata e’ onerata a far valere nella prima istanza o difesa utile successiva al deposito della relazione dell’ausiliario del giudice, verificandosi, in caso di mancata proposizione tempestiva della relativa eccezione, la sanatoria della suddetta nullita’. Ne discende che, qualora, come nella specie, in sede di ricorso per cassazione, venga dedotta l’omessa pronuncia del giudice d’appello sull’eccezione di nullita’ della consulenza tecnica, il ricorrente ha l’onere, in virtu’ dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare che detta eccezione e’ stata sollevata tempestivamente ai sensi dell’articolo 157 c.p.c., comma 2, subito dopo il deposito dell’elaborato peritale e, se disattesa, riproposta in sede di precisazione delle conclusioni ed in appello ex articoli 342 e 346 c.p.c., dovendo, in mancanza, ritenersi irrituale la relativa eccezione e pertanto sanata la nullita’, avendo la stessa, come visto, carattere relativo (arg. da Cass. Sez. 2, 23/11/2016, n. 23896).

3. Deve, in definitiva, essere accolto il primo motivo di ricorso e rigettato il secondo motivo. La sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila in diversa composizione, che pronuncera’ sul motivo di appello non esaminato, e regolera’ anche le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia alla Corte d’Appello di L’Aquila in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

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