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La sentenza delle Sezioni Unite n. 26795 del 28/03/2006, Prisco, Rv. 234269, dopo aver premesso che la nozione di domicilio di cui all’articolo 14 Cost. e’ piu’ estesa di quella ricavabile dall’articolo 614 c.p., ha affermato che, qualunque sia il rapporto tra le due disposizioni, “il concetto di domicilio non puo’ essere esteso fino a farlo coincidere con un qualunque ambiente che tende a garantire intimita’ e riservatezza”. Non c’e’ dubbio che “il concetto di domicilio individui un rapporto tra la persona ed un luogo, generalmente chiuso, in cui si svolge la vita privata, in modo anche da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne e da garantirgli quindi la riservatezza. Ma il rapporto tra la persona ed il luogo deve essere tale da giustificare la tutela di questo anche quando la persona e’ assente. In altre parole, la vita personale che vi si svolge, anche se per un periodo di tempo limitato, fa si’ che il domicilio diventi un luogo che esclude violazioni intrusive, indipendentemente dalla presenza della persona che ne ha la titolarita’, perche’ il luogo rimane connotato dalla personalita’ del titolare, sia questo o meno presente”.
Assume quindi rilievo come elemento caratterizzante della nozione di privata dimora il requisito della stabilita’, “perche’ e’ solo questa, anche se intesa in senso relativo, che puo’ trasformare un luogo in un domicilio, nel senso che puo’ fargli acquistare un’autonomia rispetto alla persona che ne ha la titolarita’”.
Di conseguenza, l’interpretazione letterale e sistematica della norma delinea la nozione di privata dimora sulla base dei seguenti, indefettibili elementi: a) utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attivita’ professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilita’ e non da mera occasionalita’; c) non accessibilita’ del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare.
Indubbiamente nei luoghi di lavoro, di studio e di svago il soggetto compie atti della vita privata; cio’ pero’ non e’ sufficiente per affermare che tali luoghi rientrino nella nozione di privata dimora e che per i reati di furto in essi commessi trovi applicazione la disciplina sanzionatoria piu’ grave prevista per il e furto in abitazione.
La tipologia di luoghi sopra menzionata, generalmente, e’ accessibile ad una pluralita’ di soggetti anche senza il preventivo consenso dell’avente diritto: ad essa e’ quindi estraneo il carattere di riservatezza per l’esposizione alla intrusione altrui. Pertanto la disciplina dettata dall’articolo 624-bis c.p. e’ riferibile a tali luoghi soltanto se essi abbiano le caratteristiche proprie dell’abitazione, ad esempio, se in essi, o in parte di essi, il soggetto compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi (ad esempio, retrobottega, bagni privati o spogliatoi, area riservata di uno studio professionale o di uno stabilimento).
Tale assunto trova inoltre conferma nell’articolo 52 c.p., comma 3 (aggiunto dalla L. 13 febbraio 2006, n. 59, articolo 1), secondo la quale la disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attivita’ commerciale, professionale o imprenditoriale.
Se, dunque, la nozione di privata dimora comprendesse, indistintamente, tutti i luoghi in cui il soggetto svolge atti della vita privata, l’articolo 52, comma 3 sarebbe del tutto superfluo per estendere l’applicazione della norma anche ai luoghi di svolgimento di attivita’ commerciale, professionale o imprenditoriale.
3. E’ evidente che il corridoio dell’istituto scolastico ove si trovava il distributore scassinato non configura un luogo di privata dimora nella nozione cosi’ illustrata, facendo difetto i requisiti sopra commentati: il luogo, anche ammesso che possa dirsi inaccessibile, da parte di terzi, senza il consenso del titolare, non e’ utilizzato per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attivita’ professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne e soprattutto manca una durata apprezzabile del rapporto che lega fra loro il luogo e la persona, in modo da caratterizzarlo in termini di una certa stabilita’ e non di mera occasionalita’.
4. La sentenza deve quindi essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro.
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