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3. Coglie invece nel segno l’obiezione del ricorrente in merito all’inconfigurabilita’ del delitto di cui all’articolo 580 c.p., in riferimento ai fatti descritti dall’ordinanza.
3.1 La disposizione citata, infatti, punisce l’istigazione al suicidio – e cioe’ a compiere un fatto che non costituisce reato – a condizione che la stessa venga accolta e il suicidio si verifichi o quantomeno il suicida, fallendo nel suo intento, si procuri una lesione grave o gravissima. L’ambito di tipicita’ disegnato del legislatore esclude, dunque, non solo la rilevanza penale dell’istigazione in quanto tale – contrariamente a quanto previsto in altre fattispecie, come ad esempio quelle previste dagli articoli 266, 302, 414, 414-bis o 415 c.p. – ma altresi’ dell’istigazione accolta cui non consegue la realizzazione di alcun tentativo di suicidio ed addirittura di quella seguita dall’esecuzione da parte della vittima del proposito suicida da cui derivino, pero’, solo delle lesioni lievi o lievissime. La soglia di rilevanza penale individuata dalla legge in corrispondenza della consumazione dell’evento meno grave impone quindi di escludere la punibilita’ del tentativo, dato che, per l’appunto, non e’ punibile neppure il piu’ grave fatto dell’istigazione seguita da suicidio mancato da cui deriva una lesione lieve o lievissima.
3.2 Erroneamente dunque il Tribunale ha ritenuto sussistere il fumus del delitto ipotizzato dal pubblico ministero, posto che il fatto, per come descritto nell’ordinanza, non integra la fattispecie contestata non essendosi verificato quantomeno un tentativo di suicidio con causazione di lesioni gravi o gravissime. Cio’ peraltro non e’ sufficiente a determinare l’invocato annullamento del provvedimento impugnato, in quanto correttamente i giudici del riesame hanno ritenuto la condotta attribuita all’indagato astrattamente riconducibile anche alla fattispecie di adescamento di minorenni di cui all’articolo 609 – undecies c.p., qualificazione sulla quale le obiezioni avanzate con il ricorso si rivelano invece generiche e meramente assertive.
4. Infondate al limite dell’inammissibilita’ sono infine le censure proposte con il secondo motivo in ordine all’asserito difetto di motivazione del provvedimento di sequestro del pubblico ministero. In proposito va infatti ricordato che secondo l’insegnamento di questa Corte la motivazione del decreto di sequestro probatorio, per consentire l’esercizio del diritto di difesa, e’ sufficientemente svolta attraverso l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate e le finalita’ investigative per le quali il vincolo e’ disposto (ex multis Sez. 2, n. 41360 del 16 settembre 2015, Pettinari, Rv. 265273). Principi cui il Tribunale si e’ attenuto e di cui ha fatto buon governo nel rispondere (a p. 2) – contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso – alle obiezioni sul punto sollevate dalla difesa in sede di riesame con la propria memoria, talche’ i rilievi del ricorrente si traducono nella prospettazione dell’insufficienza della motivazione del provvedimento impugnato, vizio non deducibile in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 325 c.p.p..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

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