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2. E’ manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso, posto che l’articolo 603 bis c.p., come modificato dalla L. n. 199 del 2016, punisce chiunque recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, sul solo presupposto dello stato di bisogno dei lavoratori e senza che sia richiesta, per l’integrazione della fattispecie, una finalita’ di lucro.
Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la collocazione della norma, nel libro 2 del codice penale riguardante i delitti contro la persona e la liberta’ individuale, avvalora e non certo smentisce tale conclusione.
3. Sono inammissibili anche le censure relative alla valutazione del quadro indiziario, tenuto conto che, in caso di ricorso per cassazione avverso un provvedimento di riesame in tema di misure cautelari personali, allorche’ sia denunciato vizio di motivazione, le doglianze attinenti alla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza possono assumere rilievo solo se rientrano nella previsione di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), se cioe’ integrano il vizio di mancanza o manifesta illogicita’ della motivazione. Esula, quindi, dalle funzioni della Cassazione la valutazione della sussistenza o meno dei gravi indizi e delle esigenze cautelari, essendo questo compito primario ed esclusivo dei giudici di merito e, in particolare, prima, del giudice al quale e’ richiesta l’applicazione della misura e poi, eventualmente, del giudice del riesame.
Il controllo di legittimita’ sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della liberta’ personale e’ diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilita’ delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici.
3.1. In tale prospettiva non assumono rilevanza le osservazioni relative alla differenza fra i nominativi trascritti nell’elenco sequestrato all’imputato e quelli dei lavoratori identificati (anzi potrebbero far ritenere che l’illecita attivita’ dell’indagato coinvolgesse anche altri lavoratori) e neppure quelle relative alla valenza probatoria delle dichiarazioni del coindagato, rispetto alle quali il provvedimento impugnato, alle pagine 8 e 9, individua i riscontri esterni individualizzanti.
4. Alla declaratoria di inammissibilita’ segue, per legge (articolo 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’, trattandosi di causa di inammissibilita’ determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 Rv. 237957), al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 2.000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.
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