Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 16 ottobre 2017, n. 47393. La sola prova della commissione di ripetuti reati di spaccio non può essere sufficiente per l’integrazione del reato associativo

[….segue pagina antecedente]

2. La censura del ricorrente circa la carenza motivazionale del provvedimento deve condividersi.
In proposito va ricordato che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ai fini della configurabilita’ della condotta di partecipazione ad associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti occorre la prova della stabile adesione dell’agente ad un sodalizio riconducibile alla fattispecie di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, cioe’ della consapevolezza e volonta’ di far parte e di contribuire al mantenimento di una societa’ criminale strutturata e finalizzata secondo lo schema legale, perlomeno assieme ad altre due persone, aventi la stessa consapevolezza e volonta’. Cosi’, Sez. 6, Sentenza n. 50133 del 21/11/2013 Cc. (dep. 12/12/2013)Rv. 258645.
Conforme Sez. 6 Sentenza n. 9927 del 05/02/2014 Cc (dep. 28/02/2014) Rv. 259114.
2.1 Applicando tali principi – che qui devono ribadirsi – alla fattispecie concreta, deve osservarsi che il provvedimento impugnato ha dato per scontata, e quindi non si e’ curato di dimostrare, l’esistenza di una pluralita’ di elementi che avrebbero avuto bisogno di una congrua rappresentazione. Sono rimasti solo enunciati, infatti: la presenza stessa del sodalizio criminale nel cui interesse il ricorrente avrebbe agito; l’esistenza del vasto mercato di stupefacenti e della sua gestione da parte della compagine criminale, dovendo sul punto precisarsi che i due sequestri di droghe citati sono stati genericamente ricollegati al “gruppo (OMISSIS)”, della cui esistenza non si era dato conto in alcun modo; lo svolgimento da parte di piu’ soggetti di compiti diversificati, riguardo ai quali solo l’episodio del trasporto attribuito al ricorrente ha trovato riscontro. Del tutto ignorato e’ stato l’elemento essenziale dell’esistenza del vincolo associativo tra i diversi indagati, privo della minima traccia motivazionale.
2.2 In proposito e’ stato chiarito da questa Corte che neppure la commissione di ripetuti reati di spaccio ex Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, puo’, da sola, costituire prova dell’integrazione del reato associativo, rappresentando, al piu’, indice sintomatico dell’esistenza dell’associazione, che pero’ va accertata con riferimento all’accordo tra i sodali, alla struttura organizzativa ed all’affectio societatis. Sez. 6, Sentenza n. 24379 del 04/02/2015 Ud. (dep. 08/06/2015) Rv. 264177.
2.3 Al contrario la spiegazione dei Giudici del riesame si e’ fondata, in buona sostanza, esclusivamente sul dato dell’arresto in flagranza del ricorrente per il trasporto dei due kg di cocaina, elemento di fatto certo non privo di significato ma dal quale sono state tratte conseguenze troppo estese ed incongrue rispetto alla premessa, e che avrebbe dovuto essere collocato in un corredo di dati indiziari, esplicativi dei profili della fattispecie innanzi citati, solo in presenza dei quali avrebbe assunto il significato che il Giudice a quo ha voluto attribuirgli.
2.4 Va rammentato in proposito che in tema di dimostrazione dell’associazione ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74 questa Corte ha piu’ volte esplicitamente stabilito che un unico episodio, per quanto rilevante, non possa costituirne da solo valida prova sul piano logico-deduttivo. Cosi’, Sez. 4, Sentenza n. 36341 del 15/05/2014 Ud. (dep. 28/08/2014), Rv. 260268, che ha sottolineato il valore di indizio di un solo acquisto di stupefacenti, sia pure di entita’ rilevante.
3.Pure condivisibile e’ la critica di motivazione apparente rivolta agli argomenti usati dal Tribunale per giustificare la gravita’ indiziaria riguardo al delitto ex articolo 416 bis c.p.. In proposito deve ricordarsi il chiaro arresto giurisprudenziale – formatosi proprio in riferimento ad una fattispecie di sodalizio criminale riferibile alla ndrangheta, come nel caso in esame – secondo il quale, il reato di cui all’articolo 416-bis c.p. e’ configurabile – con riferimento ad una nuova articolazione periferica (c.d. locale) di un sodalizio mafioso radicato nell’area tradizionale di competenza – anche in difetto della commissione di reati-fine e della esteriorizzazione della forza intimidatrice, qualora emerga il collegamento della nuova struttura territoriale con quella “madre” del sodalizio di riferimento, ed il modulo organizzativo (distinzione di ruoli, rituali di affiliazione, imposizione di rigide regole interne, sostegno ai sodali in carcere, ecc.) presenti i tratti distintivi del predetto sodalizio, lasciando concretamente presagire una gia’ attuale pericolosita’ per l’ordine pubblico.
Sez. 5, Sentenza n. 31666 del 03/03/2015 Ud. (dep. 21/07/2015) Rv. 264471.
Conforme Sez. 2 Sentenza n. 24850 del 28/03/2017 Ud. (dep. 18/05/2017) Rv. 270290.
3.1 I criteri di cui al citato insegnamento sono stati ignorati nel provvedimento impugnato, che ha ritenuto dimostrata la sussistenza del delitto associativo di stampo mafioso tramite il mero assunto che la gestione del traffico di droga fosse la principale fonte di finanziamento del gruppo criminale, che avrebbe reinvestito i proventi del commercio di stupefacenti in attivita’ economiche o prestiti usurari. Tale proposizione, oltre a fondarsi, in definitiva, sulla affermata ma non comprovata esistenza dell’associazione per delinquere dedita al traffico di stupefacenti, per quanto in astratto verosimile, risulta del tutto priva di ogni ulteriore specifico supporto di argomentazione probatoria riguardante gli eventuali collegamenti dell’ipotizzata articolazione territoriale ndranghetista con la “casa madre” e dell’adozione da parte dei componenti di modelli organizzativi analoghi a quelli in uso nel territorio di origine.
3.2 Ne’ ad irrobustire l’atrofia motivazionale dell’ordinanza possono essere giudicati idonei i riferimenti ad attivita’ estorsive, che sarebbero state attuate nei confronti dei debitori insolventi dei prestiti usurari, esemplificate attraverso la citazione di un episodio concreto, ma per le quali manca ogni pur minimo collegamento esplicativo con la posizione dell’attuale ricorrente, rispetto al quale in alcun modo e’ stato chiarito se avesse preso parte a tali iniziative delittuose.
Le doglianze sulle esigenze cautelari restano assorbite.
Alla luce delle considerazioni che precedono l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale de L’Aquila per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale de L’Aquila per nuovo esame.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *