Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 8 novembre 2017, n. 50975. Non può escludersi la responsabilità penale del medico che colposamente non si attivi e contribuisca con il proprio errore diagnostico a che il paziente venga a conoscenza di una malattia tumorale

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1. I motivi di ricorso sopra illustrati sono fondati.
In ragione di cio’, essendosi correttamente instaurato il rapporto processuale in questo grado, si deve, tuttavia, tenere conto che al 18/10/2016 – pur tenuto conto di un totale di 4 mesi e 12 giorni di sospensione della prescrizione (60 gg. per il rinvio dell’11/10/2012 per concomitante impegno professionale del difensore, 1 mese e 5 giorni per quello del 23/9/2014 su istanza dei difensori per esaminare la perizia e, ancora, di 1 mese e 7 gg. per un nuovo concomitante impegno professionale del difensore che determinava il rinvio dell’udienza del 10/2/2015) risulta decorso il termine massimo di prescrizione del reato in contestazione, pertanto ai fini penali la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perche’ il reato e’ estinto per prescrizione.
L’essere spirato il termina massimo di prescrizione dopo la pronuncia della sentenza di primo grado (che e’ dell’11/7/2016) determina l’ammissibilita’ della proposta impugnazione del Procuratore Generale.
Pur di fronte ad un reato ormai prescritto, la presenza delle costituite parti civili oggi ricorrenti, tuttavia, impone a questa Corte una valutazione completa dei proposti motivi di ricorso che, come si diceva, paiono fondati, apparendo la sentenza impugnata viziata, come si avra’ modo di evidenziare, da numerose contraddizioni e lacune motivazionali. Ne deriva l’annullamento della stessa, ai fini civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui andra’ demandato anche il regolamento delle spese tra le parti nel presente giudizio di legittimita’.
Questa Corte, infatti, ha da tempo chiarito che il rilevamento in sede di legittimita’ della sopravvenuta prescrizione del reato unitamente al riscontro nella sentenza di assoluzione impugnata – dal P.G. e dalla parte civile – di un vizio di motivazione ne comporta l’annullamento senza rinvio, in conseguenza della predetta causa estintiva, ai fini penali e con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello (vedasi sul punto Sez. Un. n. 40109 del 18/7/2013, Sciortino, Rv. 256087; Sez. 5, n. 15015 del 23/02/2012, Genovese, Rv. 252487, conf. Sez. 4, n. 29627 del 21/4/2016, Silva ed altri, Rv. 267844; conf. Sez. 5, n. 594 del 16/11/2011 dep. il 2012, Rv. 252665).
3. Orbene, chiarito che l’intervenuta prescrizione non esime questa Corte da una valutazione completa dei motivi che le sono stati proposti, va evidenziato che l’odierno thema decidendi e’ riassumibile nei seguenti termini: ha un’influenza causale rispetto all’evento una ritardata diagnosi di tumore pur in presenza di quella che e’ comunemente e scientificamente ritenuta una delle patologie oncologiche piu’ aggressive e ad evento nefasto quel e’ il carcinoma al pancreas-
La motivazione della sentenza impugnata, come si avra’ modo di evidenziare, e’ contraddittoria e lacunosa.
La contraddittorieta’ risiede nel fatto che, dopo avere calibrato la decisione sul colpevole ritardo diagnostico che tuttavia non sarebbe orientato causalmente verso l’evento, improvvisamente arretra, senza fornire una motivazione plausibile, anche sul versante della sussistenza dell’errore diagnostico.
La lacunosita’ e’ individuabile, invece, laddove non fornisce una risposta alle doglianze proposte in punto di nesso di causalita’ e pare individuare la morte come unico evento di cui tenere conto, ignorando e ritenendo non degno di tutela il diritto a sopravvivere per un tempo significativamente posteriore rispetto all’evento morte realizzatosi e la perdita di chance terapeutiche addebitabili alla tardiva diagnosi.
4. Occorre prendere le mosse, ad avviso del Collegio, da alcuni principi giuridici affermati da questa Corte di legittimita’ e che si ritengono tuttora condivisibili.
Innanzitutto in tema di errore diagnostico, questa Corte ha chiarito – e va qui ribadito – che, in tema di colpa professionale medica, l’errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o piu’ sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi (cosi’ Sez. 4, Sentenza n. 46412 del 28/10/2008, Calo’, Rv. 242250, fattispecie nella quale una diagnosi errata e superficiale, formulata senza disporre ed eseguire tempestivamente accertamenti assolutamente necessari, era risultata esiziale; conf. Sez. 4, n. 21243 del 18/12/2014 dep. il 2015, Pulcini, Rv. 263492).
Nel solco di tale giurisprudenza e’ stato percio’ ritenuto che rispondesse di lesioni personali colpose il medico ospedaliero che, omettendo di effettuare i dovuti esami clinici, aveva dimesso con la diagnosi errata di gastrite un paziente affetto da patologia tumorale, cosi’ prolungando per un tempo significativo le riscontrate alterazioni funzionali (nella specie, vomito, acuti dolori gastrici ed intestinali) ed uno stato di complessiva sofferenza, di natura fisica e morale, che favorivano un processo patologico che, se tempestivamente curato, sarebbe stato evitato o almeno contenuto (Sez. 4, n. 2474 del 14/10/2009 dep. il 2010, Vancheri ed altro, Rv. 246161).
Si dira’ di qui a poco di come la motivazione della sentenza oggi impugnata non operi un buon governo di tali principi allorquando mette in dubbio la sussistenza dell’errata diagnosi.

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