Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 8 novembre 2017, n. 50975. Non può escludersi la responsabilità penale del medico che colposamente non si attivi e contribuisca con il proprio errore diagnostico a che il paziente venga a conoscenza di una malattia tumorale

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Il ritardo della diagnosi avrebbe concretamente determinato la perdita di chance terapeutiche, tenuto conto che si e’ passati da un tumore operabile senza metastasi ad uno inoperabile con metastasi sparse.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di bari.
– Le parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale.
Le parti civili ricorrenti deducono anch’esse violazione degli articoli 40, 41, 43 e 589 cod. pen..
In ricorso viene riportata la motivazione delle sentenze di merito evidenziandosene l’illogicita’ e la contraddittorieta’, ad avviso dei ricorrenti, rispetto alle risultanze peritali.
I ricorrenti rilevano che il primo giudice, pur riconoscendo la sussistenza dei profili di colpa addebitati, assolveva l’imputato per insussistenza del fatto in quanto la parte lesa sarebbe deceduta ugualmente. Riportano, quindi, le doglianze formulate con i motivi di appello alla sentenza di primo grado, con le quali si evidenziava, in particolare come non corrispondesse al vero la circostanza che l’istruttoria dibattimentale non avesse consentito di stabilire se la paziente sarebbe guarita o sarebbe sopravvissuta per un lasso di tempo apprezzabile rispetto alla data del decesso e/o con minori sofferenze facendo emergere invece numerosi dubbi sul fatto che l’evento lesivo si sarebbe comunque realizzato. Tale punto, a differenza di quanto evidenziato in sentenza, era stato affrontato dai periti che – si evidenzia – sottolineavano l’avvenuta concreta perdita di chance terapeutiche.
Le sopraindicate parti civili ricorrenti ricordano di avere insistito espressamente, nell’atto di appello, sull’importanza della diagnosi tempestiva ai fini della sopravvivenza nel lungo periodo. Ma, lamentano, a fronte dell’impugnazione, la sentenza di secondo grado concludeva per l’irrilevanza della tempestivita’ della corretta diagnosi e per l’errata formulazione del capo di imputazione avvenuto in termini di causazione diretta della morta, mentre vi sarebbe stata un’omissione.
I giudici di appello ritenevano, infatti. 1. che la causa della morte sarebbe stata identificabile esclusivamente nella patologia e non sarebbe stata evitabile da parte del medico, con conseguente venir nemmeno del rapporto causale; 2. che il ritardo diagnostico sarebbe stato giustificato dall’obbiettiva ambiguita’ dei sintomi iniziali; 3. che la questione sulla tempestivita’ della diagnosi che avrebbe potuto ritardare l’evento sarebbe al di fuori della tipicita’ penale, non costituendo ne’ omicidio colposo ne’ integrando il reato di lesioni; 4. che le doglianze sollevate, infine, potevano avere rilievo solo in sede civile.
Tali conclusioni sarebbero, a detta delle parti civili ricorrenti, in contrasto con i principi in tema di responsabilita’ stabiliti da questa Corte di legittimita’ in subiecta materia con le sentenze n. 36603 del 5.5.2011, n. 3380 del 25.11.2005 e n.18753/2013. E anche le Sezioni Unite, nel 2002, si ricorda, con la sentenza Franzese hanno ritenuto configurabile il rapporto di causalita’ allorquando si accerti che con il comportamento omesso, l’evento avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensita’ lesiva.
I giudici di appello avrebbero manifestamente disatteso tale principio, facendo poi un generico riferimento a casi di persone famose che, pur disponendo della possibilita’ di ricorrere alle migliori terapie possibili al mondo, non potevano evitare l’esito infausto. Tale riferimento, generico, appare ad avviso delle parti civili ricorrente non solo sicuramente inconsistente, ma addirittura contraddittorio, laddove, invece, proprio ricorrendo a tali dati, e’ possibile appurare che personaggi noti, come ad esempio (OMISSIS), hanno potuto sopravvivere addirittura per undici anni dopo la diagnosi.
Le sopraindicate parti civili chiedono, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata ai fini civili, con le conseguenze di legge; in particolare con condanna dell’imputato a risarcire i danni alle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, e a rifondere alle stesse la spese di costituzione e difesa relative a tutti gradi di giudizio.
4. In data 3.7.2017 la parte civile Associazione Codici Onlus – Centro per i Diritti del Cittadino, la cui costituzione in giudizio era stata dichiarata inammissibile dalla sentenza di appello per carenza di legittimazione processuale e sostanziale, depositava memorie, a mezzo del proprio difensore di fiducia, con le quali chiedeva l’accoglimento dei ricorsi proposti dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bari e dalle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS), con ogni conseguenza di legge e con condanna a risarcire i danni alle costituite parti civili” da liquidarsi in via provvisionale in Euro 10.000, per associazione o nella misura maggiore o minore che sara’ ritenuta congrua anche in via equitativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO

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