Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 7 marzo 2018, n. 10416. Sono i mezzi fraudolenti utilizzati nell’evasione fiscale che determinano la differenza tra una fattispecie penalmente rilevante e una condotta abusiva non più perseguibile.

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Peraltro, ritiene il Collegio che tale principio, a ben guardare, non si discosti da quello piu’ volte ribadito per cui, in tema di misure cautelari reali, il tribunale del riesame che proceda alla conferma del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, non deve accertare, ai fini del rispetto del principio di proporzionalita’, l’esatta corrispondenza tra profitto del reato e “quantum” sottoposto a vincolo cautelare, essendo, invece, sufficiente che motivi sulla non esorbitanza del valore dei beni sequestrati rispetto al credito garantito (Sez. 3, n. 39091 del 23/4/2013, Cianfrone, Rv. 257284). Ne consegue che, laddove la valutazione del giudice risponda a tali criteri, essa e’ insindacabile in sede di legittimita’.

Il provvedimento del tribunale del riesame che conferma il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente puo’ essere, infatti, ritenuto illegittimo nel solo caso in cui non contenga alcuna valutazione sul profitto del reato e/o sul valore dei beni sequestrati; valutazione quest’ultima necessaria al fine di verificare il rispetto del principio di proporzionalita’ tra il credito garantito ed il patrimonio assoggettato a vincolo cautelare, non essendo consentito differire l’adempimento estimatorio alla fase esecutiva della confisca (ex multis, sez. 3, 7 ottobre 2010, n. 41731).

5. La giurisprudenza dl questa Corte Suprema ormai da tempo, e’ orientata nel ritenere che nella valutazione del fumus commissi delicti, quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice del riesame non puo’ avere riguardo alla sola astratta configurabilita’ del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l’impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell’accusa (tra le varie, venivano ricordate le sentenze sez. 5 49596/2014 rv. 261677; sez. 5, n. 18078/2010 rv. 247134).

La motivazione del provvedimento impugnato, come si avra’ modo di specificare analiticamente di qui a poco, e’ solo apparente, perche’ avrebbe dovuto quanto meno svolgere, come richiesto peraltro dal precedente annullamento di questa Corte di legittimita’, una critica valutazione della censura della difesa (seppure nel limiti dei giudizio cautelare) soprattutto circa rapporti con le decisioni in sede di processo tributario e circa la sussistenza del mezzo fraudolento richiesto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 3.

Fondato, in primis, e’ il rilievo che il Tribunale di Monza non abbia ottemperato a quanto richiestogli in termini di motivazione dalla sentenza 37167/17 di questa Corte, che aveva censurato la motivazione dell’ordinanza del 9 dicembre 2016, in quanto non era stata valutata l’incidenza delle decisioni della Commissione Tributaria che aveva ritenuto insussistente l’evasione fiscale derivante dal contratto di affitto.

Il giudice del rinvio avrebbe dovuto procedere ad un’attenta disamina dei contenuti delle due decisioni della Commissione Tributaria Provinciale di Milano sottoposte alla sua attenzione, quella della Sez. 42 n. 6145/2016 del 27/6/2016 nel proc. 5489/2015 e quella della medesima Sez. 42, in diversa composizione, n. 75/17 del 3/10/2016 nel proc. 8013/2016 R.G. per decidere sulla legittimita’ o meno della permanenza della misura cautelare reale.

Diversamente da quanto ritiene il ricorrente, tuttavia il tribunale monzese avrebbe anche potuto escludere la rilevanza di detta pronunce con riguardo alla fattispecie contestata, ma avrebbe dovuto darne conto con una motivazione logica, congrua, e soprattutto che seguisse la linea interpretativa del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 19 ormai consolidata nella giurisprudenza di questa Corte di legittimita’.

Questa Corte di legittimita’ ha ormai un orientamento consolidato -che il Collegio condivide e che pertanto intende ribadire- nel senso che lo sgravio fiscale, ed anche la sentenza non definitiva, vengono ad incidere, senza inficiare la logica dell’autonomia nell’accertamento del merito della condotta- sul concetto di profitto del reato.

Il tema con cui il Tribunale di Monza era stato da questa Corte di legittimita’ chiamato a confrontarsi -e non l’ha fatto- era quello di come possa esserci profitto se non c’e’ piu’ la pretesa fiscale.

Si controverte, in altri termini, su somme che all’esito del processo non potrebbero essere destinate all’autorita’ fiscale che non le pretende.

I difensori avevano evidenziato in sede di riesame che le pronunce tributarie avvalorano ulteriormente, da un lato, la liceita’ della condotta fiscale posta in essere dalla (OMISSIS) e, dall’altro, l’inconsistenza e l’erroneita’ della ricostruzione

prospettata dall’Amministrazione Finanziaria per il tramite degli atti impositivi poi annullati.

Entrambe le Commissioni Tributarie Provinciali, dopo aver correttamente riconosciuto che “il thema decidendum… si incentra sul contratto di affitto di azienda stipulato tra la (OMISSIS) e la sua controllante (OMISSIS)- con il quale quest’ultima concedeva in affitto l’azienda denominata (OMISSIS)”, si sono diffusamente ed analiticamente soffermate su tale aspetto.

Con la prima, la sentenza n. 6145/42/16, rilevavano i difensori come la Commissione Tributaria avesse:

1. in primis precisato che entrambe le societa’, seppur “facendo parte di un Gruppo Societario riferibile allo stesso nucleo familiare, comunque, si presentavano come due distinte persone giuridiche le quali non possono essere tout court riunificate sulla base della unicita’ proprietaria”;

2. evidenziato, con specifico riferimento alla contestazione sui costi derivanti dal canone di affitto, che lo stesso “in termini strettamente contrattuali/civilistici” deve ritenersi “valido ed efficace indipendentemente se i soggetti contraenti sono appartenenti alla stessa base azionaria”; evidenziando “la inconsistenza di tale ripresa considerato che, qualora si dovesse ritenere tale costo puramente formale e/o fittizio, per correttezza contabile nonche’ logica, si dovrebbero annullare i corrispondenti ricavi conseguiti – dalla concedente e riconosciuti dall’ufficio. In altri termini se tale contratto deve ritenersi simulato e quindi nullo gli effetti della, nullita’ dovrebbero operare per entrambi i contraenti sia sul lato attivo -che su quello passivo;

3. sottolineato, in via ulteriore, che “neppure si riesce a comprendere la qualifica di antieconomicita’ attribuita al contratto in parola non essendo stata svolta alcuna indagine comparativa per riconoscergli tale veste”, concludendo che “il contratto deve ritenersi valido ed efficace indipendentemente se i soggetti contraenti sono appartenenti alla stessa base azionaria”;

4. accertato, quanto poi alla contestata “modularita’ del canone”, ossia alla variazione intervenuta nel suo ammontare, che la stessa era conseguente “alla necessita’ di far gravare sull’utilizzatore dell’azienda l’ulteriore beneficio derivante dall’uso di uno stabilimento balneare il cui costo di ammodernamento e’ stato ribaltato sull’affittuario”;

5. ancora, in relazione all’asserito, ma mai concretizzatosi, risparmio fiscale conseguito dalla (OMISSIS), evidenziato che, appunto, “i costi sostenuti dalla societa’ affittuaria hanno rappresentato componenti positive di reddito in capo alla societa’ proprietaria la quale li ha assoggettati a tassazione nel proprio bilancio e nel quale le componenti negative erano rappresentate da oneri derivanti da finanziamenti e da quote di ammortamento”;

6. del pari, ritenuto “incomprensibile il concetto di utili extrabilancio richiamato sempre, dall’ufficio finanziario, considerato che la contabilita’ risulta perfetta, le somme contestate risultano debitamente iscritte e neppure i militi della Gdf hanno rilevato alcunche’ di natura extracontabile”;

7. sulla scorta delle summenzionate considerazioni, affermato che “non vi e’ stato alcun raggiramento di obblighi e/o divieti previsti dalla normativa tributaria considerato che la costituzione di societa’ diverse a cui affidare ad una la proprieta’ ed all’altra la gestione aziendale, nonche’ la stipula di un contratto di affitto di azienda, rientrano tutti tra i contratti tipici previsti dal nostro ordinamento e, come chiarito, non presentano alcun vizio che li invalidi” e, pertanto, ribadito “la sostanziale validita’ del contratto di affitto il quale ha generato costi e ricavi perfettamente legali e legittimi”.

E quanto sopra, avevano obiettato ancora i difensori, era stato ulteriormente confermato dalla successiva sentenza tributaria, la n. 75/42/17, la quale, all’esito di una nuova valutazione della fattispecie sottesa al proprio giudizio, aveva integralmente annullato l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate, in materia di IVA, per l’anno 2009, sulla scorta del seguente iter logico-giuridico:

1. “risulta documentata la separata ed autonoma soggettivita’ giuridica delle due societa’… risultando priva di rilievo censoreo la circostanza che i due enti costituiscano espressione di una medesima compagine sociale di natura famigliare. Emerge dalla documentazione prodotta, e per la verita’, sotto tale profilo non pare contestata neppure dall’ufficio accertatore, la formule regolarita’ delle poste contabili in contestazione cosi’ come il loro riflesso fiscale, risultando i canoni dichiarati da (OMISSIS) quali redditi sottoposti a tassazione”;

2. “la contrazione di un mutuo gravoso giustifica ladicotomia societaria attuata tra proprieta’ immobiliare/gestione dell’azienda alberghiera”, ossia la duplice esistenza della (OMISSIS) (proprietaria) (OMISSIS) (gestionale);

3. in ordine all’aumento del canone, “non pare priva di oggettivabile rilievo economico la scelta di attribuire alla societa’ del gruppo destinato a beneficiare, di maggiori ricavi correlati alle spese di ristrutturazione dell’immobile, una quota parte di dette spese attraverso un aumento significativo del canone di affitto”.

Il rilievo difensivo era stato che il giudice tributario, in due distinte occasioni, aveva potuto ripercorrere il contratto di affitto di azienda alberghiera, dar conto delle ragioni, di fondo dell’operazione e delle evoluzioni del corrispettivo negli anni, giungendo a constatare la congruita’ dei canoni di affitto e ad evidenziare l’assenza di un qualsiasi risparmio e/o evasione in base al suddetto contratto di affitto, cosi’ come di qualsiasi finalita’ fraudolenta.

I difensori evidenziavano che i ripetuti accertamenti delle commissioni tributarie avevano trovano evidente fondamento nelle oggettive e documentate circostanze della vicenda. In particolare, per quanto riguarda la quantificazione del canone di affitto e l’aumento dello stesso (condiviso dalle parti in una sola occasione), era stata prodotta all’Ufficio delle imposte e nel giudizio tributario una analitica relazione di stima, che non veniva contestata dall’Ufficio, tesa a confermare l’oggettiva congruita’, del canone medesimo di Euro 1.606.000. E la parte aveva presentato un prospetto di dati derivanti da documentazione contabile teso a dimostrare l’elevato ammontare degli interventi e delle spese sostenute (per complessivi Euro 859.000) in occasione dell’acquisizione della disponibilita’ del Bagno Minerva, onde fornire puntuale e oggettiva dimostrazione delle ragioni che sottostanno all’aumento del canone pattuito dalle parti ad Euro 2.400.000. Era stato eccepito, invece, che la successiva riduzione del canone ad Euro 1.800.000 era conseguita alle evoluzioni del mercato immobiliare, e piu’ in generale del sistema economico in crisi, ed era non solo perfettamente comprensibile e coerente con il momento ma giustificata dalle specifiche dinamiche del ramo di azienda.

Era stato anche evidenziato che il canone di affitto rappresenta voce di costo in capo a (OMISSIS) ma, allo stesso tempo, e’ stato registrato e dichiarato quale componente positiva del reddito d’impresa di (OMISSIS). In altri termini, com’e’ giusto che fosse, la societa’ affittuaria deduceva i canoni, mentre la societa’ titolare dei beni imputava a reddito imponibile i canoni di affitto percepiti, con un’operazione nel suo complesso si caratterizza in termini di perfetta simmetria fiscale, sia per cio’ che riguarda l’IRES che l’IVA.

Venivano documentalmente allegati, nel “Riepilogo dati da conto economico 2007-2012”, i dati risultanti dai relativi bilanci delle societa’ (OMISSIS) e (OMISSIS) per il periodo 2007-2012, emergendo dagli stessi che il totale dei canoni di affitto di azienda, pari ad Euro 11.261.901, risulta contabilizzato nei bilanci di (OMISSIS) ma anche in pari misura da (OMISSIS), quale componente dei ricavi, ammontanti nel totale ad Euro 23.940.125. A fronte di cio’, risultano contabilizzati costi della produzione, per totali Euro 17.117.036 (in cui sono compresi gli ammortamenti per Euro 4.829.914), e costi per oneri finanziari (ossia gli interessi passivi per il famoso mutuo originariamente accesso per l’acquisto) per Euro 5.501.429. Con un risultato imponibile, in capo a (OMISSIS) s.r.l. (per il suddetto periodo 2007-2012) ammontante a ben Euro 1.162.000.

La tesi difensiva circa l’assenza del profitto si era incentrata sulla affermazione che, proprio nell’ottica del gruppo societario, i 100 Euro di costo dedotti da (OMISSIS) avevano rappresentato 100 Euro tassati in capo a (OMISSIS). E che la stessa IVA (pagata e dedotta da (OMISSIS) s.r.l.) era stata regolarmente registrata e, dichiarata da (OMISSIS) s.r.l., la quale aveva compensato simili importi con l’IVA che aveva acquisito a credito in virtu’ degli ingenti interventi di ristrutturazione originari.

Tra l’altro, veniva evidenziata come la stessa (OMISSIS) avesse, da ultimo, subito una verifica fiscale ed avesse ricevuto avviso di accertamento, senza che emergesse alcun rilievo sostanziale di comportamenti evasivi od elusivi, essendosi definito il procedimento con l’unico recupero assolutamente estraneo alla vicenda in esame, in termini di ripresa a tassazione di una riserva da rivalutazione dipoi oggetto di riduzione di capitale; senza neppure ricevere alcun rilievo IVA. Veniva in proposito allegato agli atti il processo verbale di contraddittorio della Direzione Provinciale delle Entrate di Monza del 22 dicembre 2015 (allegato 4), ed il successivo avviso di accertamento emesso nei confronti della (OMISSIS) s.r.l.; cui la stessa societa’ (OMISSIS) s.r.l. ha prestato acquiescenza, con il relativo pagamento delle somme richieste con l’unico rilievo ivi formulato.

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