Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 25 ottobre 2017, n. 48951. Le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni

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E bene, nel caso di specie, la Corte di Appello ha rilevato che in cantiere operavano sia la (…) srl, alle cui dipendenze si trovava il D. , sia la (omissis) srl; ha considerato che i rapporti intercorrenti tra le due società erano risultati irregolari, proprio in riferimento al contratto di subappalto, ed al ruolo di pseudo appaltante della (…); e, del tutto legittimamente, in conformità al richiamato insegnamento giurisprudenziale, ha osservato che non era revocabile indubbio la sussistenza della posizione di garanzia in capo a I.F. , nella sua qualità di legale rappresentante della (…)srl e di datore di lavoro del D. . 3. I restanti motivi di ricorso, che si esaminano congiuntamente, sono infondati.
Come noto, la Corte regolatrice ha chiarito che nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento negligente del medesimo lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre comunque alla insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente.
Sul punto, si è osservato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni, con le seguenti precisazioni: che, nel campo della sicurezza del lavoro, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; che può escludersi l’esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento; che deve considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro.
Deve pure osservarsi che la giurisprudenza di legittimità ha più volte sottolineato che l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l’obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Sez. 4, sentenza n. 3580 del 14.12.1999, dep. il 20.03.2000, Rv. 215686); e ciò con specifico riferimento alle ipotesi in cui il comportamento del lavoratore rientri pienamente nelle attribuzioni specificamente attribuitegli (Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, dep. 9.03.2007, Rv. 236109).
E bene, a questo punto della trattazione deve rilevarsi che la Corte territoriale ha insindacabilmente escluso il carattere abnorme della condotta posta in essere dal lavoratore infortunato, in considerazione del fatto che D. stava eseguendo le mansioni affidategli, nel momento in cui rovinò al suolo.
Sul punto, il Collegio ha chiarito che all’imbianchino era stato assegnato il compito di tinteggiare le ringhiere, precisando che il medesimo tecnico che ebbe ad affidare l’incarico di che trattasi aveva ammesso di essersi disinteressato delle modalità con le quali la tinteggiatura sarebbe stata eseguita. Oltre a ciò, la Corte di merito ha sottolineato che l’imbianchino D. aveva riferito di avere utilizzato la propria scala, di legno, in quanto più leggera e sicura, di quelle presenti in cantiere.
Il Collego ha pure rilevato che non vi era prova che al D. fosse stata data la possibilità di accedere dall’interno dei ballatoi, per svolgere le operazioni di tinteggiatura. Sulla scorta di tali rilievi, la Corte di Appello ha del tutto logicamente rilevato che l’imputato non aveva vigilato sull’osservanza delle prescrizioni antinfortunistiche e che non aveva verificato che il dipendente D. svolgesse in totale sicurezza i compiti di tinteggiatura affidatigli. Preme pure considerare che la ritenuta sussistenza di concorrenti profili di colpa lieve, a carico del lavoratore infortunato, che si avvalse di una scala di sua proprietà, non integra un elemento di contraddizione nell’ordito motivazionale sviluppato dalla Corte di merito, ma evidenzia la correttezza dell’analisi svolta, rispetto al concerto contesto fenomenologico di riferimento. Del resto, i profili di colpa lieve ascritti al D. , inidonei a spiegare alcuna efficacia esimente per il datore di lavoro resosi responsabile della inosservanza delle prescrizioni antinfortunistiche di cui sopra si è dato conto, hanno giustificato il riconoscimento delle attenuanti generiche in favore dell’imputato I. .
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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