Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 22 novembre 2017, n. 53150. In tema di assistenza sanitaria ai detenuti

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8.4.2. Vi sono, poi, le Regole penitenziarie europee, ove si afferma che la finalita’ del trattamento consiste nel “salvaguardare la salute e la dignita’” dei condannati nella prospettiva del loro reinserimento sociale (articolo 3 delle Regole penitenziarie europee), nonche’ la deliberazione approvata dall’ONU (dicembre 1982) in materia di “Principi di etica medica per il personale sanitario in ordine alla protezione dei detenuti”, nella quale e’ previsto che “gli esercenti le attivita’ sanitarie incaricati di prestare cure a persone detenute o comunque private della liberta’, hanno il dovere di proteggerne la salute fisica e mentale, nello stesso modo che li impegna nei confronti delle persone libere”.
8.4.3. Tali principi e regole si pongono in linea sia con il principio di umanizzazione sia con la finalita’ rieducativa della pena, se ed in quanto entrambi postulano il perseguimento di una piena ed efficace tutela del diritto alla salute del condannato, posto che solo una condizione di benessere psico-fisico dello stesso puo’ garantire il suo recupero e percio’ il suo reinserimento sociale. In tal senso quindi, in ossequio all’articolo 27 Cost. ed ai suoi corollari, il detenuto ha diritto alla tutela della sua salute sia fisica che mentale, posto che in effetti la pena puo’ svolgere la propria funzione rieducativa verosimilmente su una persona mentalmente in grado di comprenderne la portata e il significato.
8.4.4. Inoltre, al fine di meglio garantire il diritto inviolabile in questione, la riforma della medicina penitenziaria (Decreto Legislativo 22 giugno 1999, n. 230) ha previsto il trasferimento della sanita’ degli istituti di pena dal Ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale, con cio’ – in ossequio al principio di sussidiarieta’ verticale – imponendo la collaborazione e la integrazione, ciascuna nel proprio ambito, alle diverse istituzioni dello Stato.
8.5. L’interpretazione della legge adottata nella sentenza impugnata non considera che l’articolo 11 Ord. Pen., nella seconda parte del comma 5, dispone che l’assistenza sanitaria sia prestata, nel corso della permanenza nell’istituto “con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati”, con cio’ ponendo un obbligo di controllo delle condizioni sanitarie generali dei detenuti, che deve essere periodico e frequente, specie in presenza di situazioni soggettive meritevoli di particolare attenzione, in considerazione di peculiari condizioni psico-fisiche derivanti anche da una pregressa storia clinica che caratterizzi il detenuto come soggetto potenzialmente “a rischio” sanitario. Da questo punto di vista il (OMISSIS) rientrava appieno nella categoria, avendo subito solo pochi giorni prima un rilevante trauma toracico, consistente in una ferita da arma da fuoco trapassante il polmone destro.
8.6. Piu’ in generale, va ricordato che la possibilita’ per il detenuto di fruire di cure mediche appropriate anche nella condizione di restrizione carceraria, oltre a porsi in linea con la normativa di principio, costituisce il presupposto fondante la linea di demarcazione tra la compatibilita’ e l’incompatibilita’ delle condizioni psico-fisiche della persona con il regime carcerario (Sez. 1, n. 16681 del 24/01/2011, Buonanno, Rv. 24996601); tale rilievo, desumibile dal sistema di norme costituito dall’articolo 299 c.p.p., comma 4-ter, articolo 147 c.p., n. 2 e L. n. 354 del 1975, articolo 47 ter, comma 1-ter, impone un’interpretazione del testo normativo conforme all’obiettivo di associare la privazione della liberta’ personale al costante controllo delle condizioni di salute della persona (cfr. in tal senso e per la ricostruzione del quadro legislativo riportato in questo paragrafo, Sez. 4, n. 25576 del 11/05/2017, P.M., P.C. in proc. Aloise, Rv. 27032801).
9. In definitiva, ed a prescindere da eventuali colpe concorrenti di altri operatori sanitari, la sentenza impugnata e’ carente, sotto il profilo logico-giuridico, proprio nella parte in cui esclude la responsabilita’ omissiva del (OMISSIS) – per quanto attiene alla sua specifica posizione di garanzia all’interno del reparto in cui era stato collocato il detenuto – sul presupposto che il medico non avrebbe potuto “agire” senza la richiesta del detenuto, addirittura invocando altrimenti la possibile contestazione nei suoi confronti della previsione di cui all’articolo 328 cod. pen..
Dal quadro normativo di riferimento innanzi delineato si ricava, invece, il principio esattamente opposto: il medico, tenuto conto della storia clinica pregressa del detenuto (trauma toracico al polmone conseguente a ferita da arma da fuoco), aveva il precipuo dovere di attivarsi per monitorare con attenzione la situazione medica del paziente, con visite approfondite e non con meri “rilievi di passaggio”, all’occorrenza segnalando alla direzione carceraria la necessita’ di trasferire il detenuto in una struttura sanitaria idonea a curarlo adeguatamente.
10. Sotto altro profilo coglie nel segno la censura dei ricorrenti in ordine alla dedotta carenza motivazionale della sentenza impugnata, nella parte in cui non viene fornita alcuna specifica spiegazione sul motivo per cui e’ stato ritenuto che se al (OMISSIS) fossero state praticate le opportune terapie (che non vengono neanche indicate), le conseguenze delle ferite da arma da fuoco avrebbero condotto ugualmente, con alta probabilita’, all’exitus.
Si tratta in effetti del passaggio finale della sentenza, alquanto fugace e sbrigativo, in cui la Corte territoriale, richiamando le “frettolose” dimissioni del paziente da parte dei medici dell’ospedale (OMISSIS) e la “inopportuna e spregiudicata collocazione in isolamento del (OMISSIS)”, opina come le stesse avrebbero “posto in essere le quasi sicure condizioni del decesso del (OMISSIS)”, senza agganciare una simile valutazione a puntuali evidenze probatorie, al di la’ della generica opinione espressa dal Dott. (OMISSIS), a sua volta non supportata da concreti riscontri di carattere medico-scientifico pertinenti al caso in esame.
E’ evidente che in questi termini la motivazione e’ apparente ed apodittica, risolvendosi in una argomentazione di carattere congetturale che configura in pieno il denunciato vizio motivazionale ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera e).
11. Conclusivamente, la sentenza deve essere annullata agli effetti civili, con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui e’ demandato il regolamento delle spese tra le parti anche per questo giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili e rinvia per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello cui rimette il regolamento delle spese tra le parti anche per questo giudizio di legittimita’.

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