Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 22 novembre 2017, n. 53150. In tema di assistenza sanitaria ai detenuti

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Rilevano che l’accertamento peritale non avrebbe risposto sulla condotta esigibile del (OMISSIS) e sulle conseguenze cliniche del comportamento dovuto. Evidenziano i seguenti profili di criticita’ della sentenza:
A) Erronea attribuzione di colpa nei confronti dei sanitari dell’Ospedale (OMISSIS) che ebbero a ricevere il paziente in rianimazione nell’occasione del suo ferimento;
B) Netto miglioramento delle condizioni di salute del (OMISSIS) durante il primo periodo di degenza presso il Centro Diagnostico Terapeutico di (OMISSIS), nonostante i periti della Corte di appello siano stati recalcitranti a riconoscere questo dato obiettivo;
C) Il trattamento sanitario in regime di isolamento sarebbe stato ricostruito erroneamente dalla Corte di appello, secondo le conclusioni del perito che sostiene che all’interno del carcere le visite venivano effettuate solo a richiesta del detenuto e che il (OMISSIS) non poteva conoscere la effettiva situazione clinica del detenuto ne’ potersi attivare in assenza di richiesta di visita senza incorrere nel reato di cui all’articolo 328 cod. pen.. Cio’ difformemente da quanto riferito dal direttore del carcere di (OMISSIS), dr. (OMISSIS), ed in contrasto con la prescrizione di adeguati controlli giornalieri nel luogo di isolamento, anche da parte di un medico, Decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, ex articolo 73, comma 7.
L’assenza di annotazioni in cartella nei giorni 2, 3, 4, 5 e 7 marzo dimostra il completo disinteresse del medico in ordine alle condizioni di salute del detenuto, posto che con un semplice ematocrito e con la misurazione dei valori pressori si sarebbe potuto accertare la presenza di una piccola emorragia sin dal giorno 2.
2) Lamentano la violazione dell’articolo 157 c.p.p., comma 7, in relazione alla rinuncia alla prescrizione del (OMISSIS) cosi’ come proposta dal suo difensore.
Deducono che la prescrizione del reato era maturata ancor prima della scadenza per la presentazione dell’appello e che nell’impugnazione dell’imputato non vi era alcuna dichiarazione di rinunzia alla prescrizione. Solo all’udienza del 29.10.2014 dinanzi alla Corte di appello veniva depositata dal difensore di fiducia dichiarazione di rinuncia sottoscritta dal (OMISSIS) ed autenticata dal difensore.
Rilevano che la mera autentica del difensore in assenza di una procura speciale ad hoc non garantisce la certezza della manifestazione di volonta’ e non assolve l’obbligo della forma espressa.
5. La parte civile assistita dall’avvocato (OMISSIS) deduce i seguenti motivi.
1) Difetto di motivazione in relazione alla enunciazione delle ragioni in forza delle quali la sentenza di condanna emessa in primo grado dal Tribunale meritava di essere riformata.
Deduce che il giudice di appello ha omesso l’esame approfondito di tutti gli elementi probatori acquisiti e delle argomentazioni contenute nel provvedimento appellato, omettendo di sottoporre a pregnante indagine critica le ragioni espresse nella pronuncia di primo grado e senza adeguatamente confutarle.
2) Manifesta illogicita’ della motivazione, che si fonda sul riconoscimento della scriminante di cui all’articolo 51 cod. pen. (adempimento di un dovere) e sulla insussistenza del nesso causale tra condotta ed evento.
Osserva che secondo la Corte di appello l’imputato si sarebbe trovato di fronte ad un divieto di agire, quale discendenza di un dovere, in relazione alla regola rappresentata dal dovere di visitare i pazienti in isolamento solo dietro richiesta di questi ultimi ovvero su ordine sanitario della struttura carceraria. Ma una tale conclusione fa leva sulle circostanze emerse nel corso dell’esame testimoniale del dr. (OMISSIS) (all’epoca direttore del carcere), di cui il ricorrente denuncia l’evidente travisamento.
Deduce che la scriminante dell’adempimento di un dovere puo’ essere riconosciuta nel caso in cui la condotta colposa dell’agente derivi dall’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline imposte da disposizioni o direttive superiori, ma non puo’ trovare spazio nelle ipotesi di delitto colposo allorquando la condotta riferibile all’agente che ricopre una posizione di garanzia sia caratterizzata da negligenza o imprudenza (Sez. 1, sent. n. 2011/20123).
3) Contraddittorieta’ della motivazione in relazione al travisamento della testimonianza del dr. (OMISSIS), che diversamente da quanto ritenuto in sentenza non ebbe mai ad affermare, nel delineare il rapporto di lavoro con il dr. (OMISSIS), la vigenza di un dovere in virtu’ del quale l’imputato “doveva” visitare il detenuto (OMISSIS) soltanto dietro sua espressa richiesta.
4) Contraddittorieta’ della motivazione in relazione al contegno del dr. (OMISSIS) che, secondo la sentenza, da un canto aveva l’obbligo di non visitare sua sponte i pazienti e, dall’altro, procedeva, pur in mancanza di una espressa richiesta del paziente detenuto, a compiere interventi sul medesimo di carattere medico, benche’ immotivatamente ritenuti dei meri “rilievi di passaggio”.
6. Con memoria depositata il 11.9.2017 l’avv. (OMISSIS) ha proposto motivi nuovi con i quali si approfondiscono gli aspetti che afferiscono alla rilevata illogicita’ della motivazione della sentenza impugnata in relazione all’applicazione della scriminante dell’adempimento del dovere.
Deduce che il tessuto normativo previsto dal legislatore (L. n. 354 del 1975, articolo 11, commi 5 e 6) consente di affermare che il sanitario, da un canto, ha un cogente obbligo di visitare ogni giorno gli allettati e coloro che ne facciano richiesta e, dall’altro, non e’ esonerato dal dovere di prestare assistenza ai detenuti, con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati.
Rileva che non e’ dato comprendere in che misura un adeguato monitoraggio del (OMISSIS) da parte del (OMISSIS) avrebbe prodotto una lesione dei diritti degli altri internati, esponendolo – come ritenuto in sentenza – ad un procedimento penale per omissione di atti di ufficio.
Lamenta che la Corte napoletana non spiega, attesa la ritenuta scarsa possibilita’ salvifica del detenuto, in che misura anche un eventuale intervento da parte del sanitario avrebbe inciso sull’exitus.
7. Il difensore dell’imputato, con memoria depositata il 13.9.2017, chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
8. Il Ministero della Giustizia, quale responsabile civile, con memoria depositata il 31.8.2017, rappresenta di non aver ricevuto notifica del ricorso per cassazione e chiede che ne sia ordinata la rinnovazione onde consentirgli di conoscerei motivi di ricorso e di espletare attivita’ difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente, sulla richiesta di rinvio avanzata dal Ministero per disporre la rinnovazione della notifica del ricorso, si osserva che la stessa non puo’ trovare accoglimento. Infatti, in sede di giudizio per cassazione non e’ dovuta alcuna notifica del ricorso alla parte privata, atteso che la norma che la prevede (articolo 584 cod. proc. pen.) e’ funzionale e trova esclusiva applicazione al giudizio di appello, ai fini della eventuale presentazione ad opera della controparte di un ricorso incidentale, atto che non e’ ammesso ne’ previsto in cassazione.
Corrisponde, dunque, ad un costante orientamento della Corte regolatrice il principio per cui l’omessa notificazione alle parti private del ricorso in cassazione non produce alcun effetto processualmente rilevante e nemmeno alcuna lesione dei diritti di difesa, atteso che in sede di legittimita’ non e’ consentita alcuna impugnazione incidentale, e il diritto alla piena conoscenza degli atti processuali e’ comunque assicurato dalla notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza, nella specie ritualmente eseguita (Sez. 3, n. 15752 del 18/02/2016, P.M. in proc. Biancardi e altri, Rv. 26683401; Sez. 2, n. 44960 del 30/09/2014, Simec Spa e altri, Rv. 26031901).

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