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Come noto, in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimita’ su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Sez. 6 22 settembre 2003, n. 36382 Rv. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua”, vedi Sez. 6 4 agosto 1998 n. 9120, Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’articolo 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Sez. 3 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298).
Si tratta di evenienza che non sussiste nel caso di specie. La Corte di Appello, infatti, nell’evidenziare le ragioni che non consentivano il riconoscimento delle attenuanti generiche, ha considerato: che il reato di omicidio colposo per cui si procede si qualificava per la estrema gravita’ della colpa specifica, tenuto conto della patente violazione delle norme sulla circolazione stradale di cui si era reso responsabile il (OMISSIS), posto che una guida minimamente attenta, in relazione allo stato dei luoghi, avrebbe consentito di evitare l’investimento; che l’episodio si connotava di ulteriore gravita’, in ragione della condotta dolosa successiva all’incidente; l’imputato si era infatti dato alla fuga nonostante i significativi danni riportati anche dalla vettura (il parabrezza era frantumato ed il fanale anteriore destro era fuoriuscito di sede) ed aveva attraversato in auto un giardino pubblico, per far perdere le proprie tracce. Oltre a cio’, il Collegio ha rilevato che il contenuto della lettera di scuse inviata ai familiari della vittima non era sintomo di resipiscenza. I giudici di secondo grado hanno quindi considerato che il trattamento sanzionatorio era congruo, alla luce dei criteri di cui all’articolo 133 c.p.. Ed hanno pure osservato che la pena risultava ingiusta per difetto, posto che il primo giudice aveva illegittimamente riconosciuto il concorso formale dei reati. Non e’ chi non veda che la Corte di Appello non era tenuta ad effettuare un nuovo calcolo della pena, posto che all’esclusione del concorso formale dei reati non poteva conseguire alcuna deteriore valutazione sulla concreta quantificazione del trattamento sanzionatorio derivante dal cumulo materiale delle pene, in difetto di impugnazione della parte pubblica.
Preme poi rilevare che le considerazioni sopra richiamate, in forza delle quali i giudici di merito hanno ritenuto legittima la costituzione delle parti civili, per i capi di danno conseguenti ai reati dolosi, escludono la stessa configurabilita’ della invocata circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., n. 6.
Prive di pregio, infine, le censure che involgono il tenore delle conclusioni rassegnate dalle parti civili. La giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che, in tema di esercizio dell’azione civile nel processo penale, la parte civile puo’ limitarsi ad allegare genericamente di aver subito un danno dal reato, senza incorrere in alcuna nullita’, in quanto il giudice ha sempre la possibilita’ di pronunciare condanna generica, la’ dove ritenga che le prove acquisite non consentano la liquidazione del danno con conseguenti effetti sull’onere di allegazione e prova spettante alla parte civile. (Sez. 4, n. 6380 del 20/01/2017 – dep. 10/02/2017, Regispani, Rv. 26913201). Si tratta di insegnamento che viene specificamente in rilievo nel caso di specie, ove le richieste involgono unicamente il danno morale per i reati dolosi, di talche’ non risulta sindacabile la valutazione espressa dalla Corte di Appello che ha rigettato l’eccezione di indeterminatezza della domanda, ex articolo 523 c.p.p., comma 2, per mancata indicazione dell’ammontare del danno.
6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili, liquidate come a dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili che liquida in complessivi Euro 3.500,00 oltre accessori come per legge.
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