Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 2 gennaio 2018, n. 14. In tema di esercizio dell’azione civile nel processo penale, la parte civile puo’ limitarsi ad allegare genericamente di aver subito un danno dal reato

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Con il quarto motivo il ricorrente contesta la dosimetria della pena, osservando che i giudici hanno valorizzato unicamente circostanze sfavorevoli all’imputato. Considera che la Corte di Appello ha espresso valutazioni sul trattamento sanzionatorio parziali e non equilibrate. Rileva che ben avrebbero potuto essere concesse le attenuanti generiche, l’attenuante ex articolo 62 c.p., n. 6 ed i benefici di legge.

Con il quinto motivo il ricorrente osserva che i giudici della Corte di Appello hanno rilevato che non era configurabile ne’ il concorso formale ne’ la continuazione, tra i reati in addebito. Osserva che il primo giudice aveva di converso ritenuto sussistente il concorso formale tra l’omicidio colposo ed i reati di fuga e omissione di soccorso; e considera che la Corte di Appello, una volta escluso il concorso formale, avrebbe dovuto procedere a ricalcolare la pena per ciascuno dei reati in contestazione.

Sotto altro aspetto, ribadisce che le parti civili hanno agito in sede penale pur essendo state risarcite; e considera che le parti civili hanno rassegnato conclusioni del tutto generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso impone i rilievi che seguono.

2. Il primo motivo e’ manifestamente infondato.

La Corte di Appello, del tutto correttamente, nel censire la questione oggi affidata al primo motivo del ricorso per cassazione, ha chiarito che le quietanze rilasciate dalle parti civili, in relazione al risarcimento effettuato dalla compagnia assicuratrice per il reato di omicidio colposo, non riguardavano altrimenti le diverse poste, relative ai danni morali conseguenti alle condotte dolose poste in essere dal prevenuto, dopo aver involontariamente investito (OMISSIS). Cio’ in quanto il contratto assicurativo, come sottolineato dai giudici del gravame di merito, tiene indenne l’assicurato rispetto a quanto sia tenuto a versare come civilmente responsabile per danni cagionati involontariamente a terzi per eventi lesivi verificatisi nell’ambito della circolazione stradale. Come si vede, legittimamente le costituite parti civili – che pure hanno ottenuto il risarcimento ad opera della compagnia assicuratrice dei danni derivanti dal reato di omicidio colposo – hanno agito nel presente giudizio, al fine di ottenere il ristoro degli ulteriori danni morali conseguenti ai diversi reati, di fuga ed omissione di soccorso, perpetrati volontariamente dall’imputato, dopo aver investito il pedone che si apprestava ad aprire lo sportello di un veicolo in sosta.

3. Il secondo motivo non ha pregio.

La Corte regolatrice ha affermato che, in tema di sospensione con messa alla prova, la sospensione non puo’ essere disposta, previa separazione dei processi, soltanto per alcuni dei reati contestati per i quali sia possibile l’accesso al beneficio, in quanto la messa alla prova e’ funzionale alla eliminazione completa delle tendenze antisociali del reo e sarebbe incompatibile con le finalita’ dell’istituto una rieducazione “parziale” (Sez. 2, n. 14112 del 12/03/2015 – dep. 08/04/2015, Allotta, Rv. 26312501).

Si tratta di principio di diritto correttamente richiamato dalla Corte di Appello nel valutare l’istanza difensiva di sospensione del processo con messa alla prova che era stata presentata solo con riferimento ai delitti di fuga e di omissione di soccorso. Del resto, il ricorrente nell’invocare il discostamento da tali principi, omette di confrontarsi con le ragioni espresse dalla giurisprudenza di legittimita’, che dipendono dalla considerazione delle specifiche finalita’ sottese all’istituto che occupa. Si e’ infatti chiarito che il beneficio dell’estinzione del reato, connesso all’esito positivo della messa alla prova, presuppone lo svolgimento di un “iter” processuale di per se’ alternativo alla celebrazione del giudizio (Sez. 2, n. 26761 del 09/03/2015 – dep. 25/06/2015, Lariccia, Rv. 26422101).

4. Il terzo motivo e’ infondato.

In tema di giudizio abbreviato condizionato, il giudice dibattimentale deve sindacare il provvedimento di rigetto, assunto nell’udienza preliminare, secondo una valutazione “ex ante”, di verifica della ricorrenza dei requisiti di novita’ e decisivita’ della prova richiesta dall’imputato alla luce della situazione esistente al momento della valutazione negativa, tenendo tuttavia conto, come criterio ausiliario, e di per se’ non risolutivo, anche delle indicazioni sopravvenute dall’istruttoria espletata (Sez. 6, n. 41695 del 14/07/2016 – dep. 04/10/2016, Bembi e altri, Rv. 26832701).

E bene, nel caso di specie, la Corte di Appello di Trieste ha rilevato che l’escussione della madre dell’imputato, incombente al quale era stata condizionata la richiesta di rito abbreviato, era priva di alcun rilievo sostanziale, posto che il comportamento posto in essere dall’imputato successivamente al delitto risultava compiutamente accertato. Si rimanda, al riguardo, alle analitiche valutazioni espresse dalla Corte territoriale alle pagine 4 e 5 della sentenza ricorsa – non sindacabili in questa sede di legittimita’, per la compiutezza argomentativa ed il rigore logico inferenziale che le caratterizza – ove si chiarisce che (OMISSIS) aveva tentato pervicacemente di sottrarsi alle proprie responsabilita’, originate dal tragico colposo investimento; e che in tale ambito si inscriveva la volonta’ di non essere sottoposto a controllo alcolimetrico nell’immediatezza del fatto, avendo il prevenuto assunto ripetutamente bevande alcoliche, prima di porsi alla guida.

5. Il quarto ed il quinto motivo, che si esaminano congiuntamente, sono infondati.

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