Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 5 marzo 2018, n. 9983. La confisca pertinenziale è strettamente correlata alla pronuncia irrevocabile di condanna.

La confisca pertinenziale è strettamente correlata alla pronuncia irrevocabile di condanna.

Sentenza 5 marzo 2018, n. 9983
Data udienza 23 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Maria Stefani – Presidente

Dott. TARDIO Angela – Consigliere

Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesc – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 28/01/2017 del TRIBUNALE di MESSINA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. FRANCESCO CENTOFANTI;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. ORSI LUIGI, che ha chiesto rigettarsi i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 9 luglio 2014 il Tribunale di Messina, nel dichiarare in giudizio l’estinzione dei reati per morte dell’imputato (OMISSIS), disponeva la confisca – ai sensi dell’articolo 240 c.p., comma 1, quale cosa servita a commettere i reati stessi – dell’immobile, parte del quale destinato a casa famiglia, in relazione alla cui gestione l'(OMISSIS) era stato chiamato a rispondere di abbandono di persone incapaci (articolo 591 c.p.) e di altre ipotesi criminose.
2. Divenuta irrevocabile la sentenza, (OMISSIS), vedova dell'(OMISSIS), la sorella (OMISSIS), e l’erede di una terza sorella, (OMISSIS) comproprietarie dell’immobile ablato – ne chiedevano la restituzione al giudice dell’esecuzione, assumendo, tra l’altro, che il bene non si sarebbe potuto confiscare in assenza di condanna ed allegando comunque la propria buona fede e l’estraneita’ al reato.
Il giudice adito rigettava la richiesta; esito poi ribadito con l’ordinanza 28 gennaio 2017, in epigrafe indicata, pronunciata all’esito del procedimento camerale partecipato instaurato a seguito dell’opposizione delle richiedenti.
Riteneva il Tribunale, sotto il primo profilo, che la confisca fosse ben compatibile con la pronuncia di estinzione del reato, ogniqualvolta quest’ultima fosse stata adottata, come era a dirsi nella specie, sulla scorta di un congruo e preventivo accertamento, in fatto, della penale responsabilita’ dell’imputato, non potutasi formalmente dichiarare solo per il sopraggiungere della causa estintiva. Sotto l’altro aspetto, il Tribunale escludeva, in capo alle tre sorelle, un atteggiamento qualificabile come di buona fede, reputandole, alla stregua degli accertamenti contenuti in sentenza, pienamente consapevoli dell’uso dell’appartamento per finalita’ illecite.
3. Ricorrono per cassazione le parti originariamente istanti, tramite i difensori di fiducia, mediante unico motivo, che denuncia la violazione dell’articolo 240 c.p. ed il vizio di motivazione.
Le ricorrenti tornano a dolersi della confisca disposta in assenza di condanna, a loro dire in radice illegittima, e per altro verso deducono che l’ordinanza impugnata non avrebbe adeguatamente specificato le ragioni che avevano indotto ad escludere la loro estraneita’ al reato.
4. Nella requisitoria presentata, il Procuratore generale presso questa Corte ha concluso per la reiezione del ricorso, in quanto la confisca sarebbe insuscettibile di revoca su istanza degli eredi dell’imputato deceduto, non qualificabili come terzi, ed essendo il loro diritto, derivabile dal dante causa, insussistente proprio perche’ estintosi in virtu’ del provvedimento ablatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato e deve essere accolto.
2. Sussiste anzitutto la legittimazione delle istanti a rivendicare a se’ l’immobile confiscato, giacche’ esse hanno agito non gia’ quali eredi dell’imputato ma iure proprio, in quanto a titolo autonomo proprietarie del bene; aspetto quest’ultimo non contestato.
Sicche’ non puo’ essere negata loro la qualifica di terzi, al fine dell’attivazione del rimedio – che, dopo l’intervenuta irrevocabilita’ della sentenza, e’ appunto l’incidente di esecuzione (Sez. 1, n. 47312 del 11/11/2011, Lazzoi, Rv. 251415; v. anche, da ultimo, Sez. U, n. 48126 del 20/07/2017, Muscari, Rv. 270938) che consenta di dimostrare, con la sussistenza del diritto, non derivato da quello dell’imputato, l’assenza di ogni addebito di negligenza.
3. Cio’ posto, il ricorso evoca un profilo a cio’ pregiudiziale, che investe la possibilita’ stessa di una confisca accedente a pronuncia di estinzione del reato; profilo che, riverberandosi direttamente sulla posizione dei terzi incisi dal provvedimento, puo’ essere da loro parimenti denunciato in executivis.
Sul tema si sono susseguite plurime decisioni di questa Corte, non sempre invero concordanti, ed importanti interventi delle Sezioni Unite, cui converra’ pur sinteticamente riferirsi.
Il fondamentale principio, in tale sede affermato, risale a Sez. U, n. 5 del 25/03/1993, Carlea, Rv. 193120, per cui – seppure la declaratoria di estinzione non sia astrattamente incompatibile con la misura di sicurezza patrimoniale, in forza del combinato disposto dell’articolo 210 c.p. e articolo 236 c.p., comma 2 il provvedimento ablativo puo’ in tal caso essere adottato solo quando, con riguardo alle previsioni di cui all’articolo 240 c.p. (o a disposizioni speciali), la sua applicazione non presupponga la condanna, e possa aver luogo anche in seguito al proscioglimento.
Nella stessa pronuncia si sottolinea anche che la confisca, da disporsi nel caso di proscioglimento, costituisce una misura limite, che deve essere prevista dalla legge in termini non equivoci, come avviene nei casi in cui si sia a cospetto delle cose obiettivamente criminose (di cui sono vietati in modo assoluto la fabbricazione, l’uso, la detenzione, il porto o l’alienazione) previste dall’articolo 240 c.p., comma 2, n. 2), che difatti la impone, salvo che sia esclusa la materialita’ del fatto, “anche se non e’ stata pronunciata condanna”; ipotesi espressamente richiamata, in relazione a tutti i reati concernenti le armi, ogni altro oggetto atto ad offendere, nonche’ le munizioni e gli esplosivi, dalla L. n. 152 del 1975, articolo 6, che costituisce altro esempio paradigmatico di una confisca di tal genere.
Fuori dei casi espressamente previsti, per contro, l’estinzione del reato, per qualunque causa, preclude la confisca, a prescindere dalla sua connotazione come obbligatoria o facoltativa, giacche’ l’impiego dell’avverbio “sempre”, che normalmente figura nella proposizione normativa che istituisce le confische del secondo genere, serve ad eliminare ogni discrezionalita’ nell’applicazione della misura, e a consentirne l’adozione anche in sede di esecuzione, ma non sta a significare che essa debba essere disposta anche nel caso di proscioglimento.
4. Quest’ultimo principio e’ stato ribadito – con specifico riferimento a fattispecie di confisca obbligatoria (nella specie costituita dal “prezzo” del reato), e nel contesto di un’estinzione del reato dovuta a prescrizione – da Sez. U, n. 38834 del 10/07/2008, De Maio, Rv. 240565.
La pronuncia manifesta comunque una qualche “aperura” rispetto al precedente arresto – nella parte in cui questo spendeva l’ulteriore argomento secondo cui, per disporre la confisca nel caso di estinzione del reato, il giudice avrebbe dovuto svolgere accertamenti che lo avrebbero portato a superare i limiti della cognizione connaturata alla particolare situazione processuale sottolineando invero come la legge processuale preveda ampi poteri di accertamento in capo al giudice che rilevi la sussistenza di una causa estintiva del reato; come testimoniato dall’articolo 578 c.p.p., che affida al giudice dell’impugnazione, che dichiari estinto il reato per amnistia o per prescrizione, la cognizione del capo inerente gli interessi civili della sentenza riformata o annullata, ovvero dall’articolo 425, comma 4, circa la possibilita’ di disporre la confisca in sede di sentenza di non luogo a procedere.
Nella stessa prospettiva le Sezioni Unite sottolineano come esistano fattispecie di confisca obbligatoria, previste da leggi speciali (il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, comma 2, in materia di lottizzazione abusiva di terreni, o il Decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973, articolo 301, in materia di contrabbando), interpretate dalla giurisprudenza di legittimita’, pur in assenza di esplicita previsione, come altrettante ipotesi di “confisca senza condanna” con il solo limite del riscontro della materialita’ del fatto che dunque il giudice e’ abilitato, pur prosciogliendo, a compiere.
5. Da ultimo Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264434 – nel quadro di un’ampia ricognizione del quadro normativo e giurisprudenziale, anche di rango costituzionale e sovranazionale, e dopo aver motivatamente escluso che la confisca del “prezzo” del reato (a norma dell’articolo 240 c.p., comma 2, n. 1), o la confisca “diretta” del “prezzo” o del “profitto” (ove obbligatoria, come nei casi previsti dall’articolo 322-ter c.p.), si atteggi alla stregua di una pena – ha affermato il principio per cui tali misure ablative, dalla natura cautelare, perche’ pur sempre collegate alla pericolosita’ della res e tendenti a prevenire la reiterazione criminosa, non presuppongano un giudicato formale di condanna, quale unica fonte idonea a fungere da titolo che le legittimi.
Cio’ che risulta “convenzionalmente imposto”, alla luce della pronuncia della Corte EDU 29 ottobre 2013, Varvara c. Italia, e “costituzionalmente compatibile”, in ragione delle linee-guida tracciate dalla Corte costituzionale, in particolare nella sentenza n. 49 del 2015, e’ che la responsabilita’ del destinatario della misura reale sia stata nel processo accertata, in modo non meramente incidentale, anche se il processo stesso sia stato definito con una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione; il che si verifica, propriamente, allorche’ il giudice dell’impugnazione dichiari una tale estinzione, a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilita’ dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come “prezzo” o “profitto” sia rimasto inalterato nel merito in tale successivo grado.
6. Allo stato, dunque, la giurisprudenza di legittimita’, quale espressa dal suo piu’ alto consesso, pur in evoluzione, riflette il principio per cui la confisca pertinenziale – prevista dall’articolo 240 c.p., o da disposizioni speciali – sia strettamente correlata alla pronuncia irrevocabile di condanna.
Tale principio, fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, puo’ essere derogato solo a fronte di un accertamento di responsabilita’ intervenuto nel corso del processo, non a titolo meramente incidentale ma consacrato da una sentenza almeno di primo grado, dopo la quale sia maturata la prescrizione del reato.
La deroga, inoltre, si riferisce ai soli casi di confisca per legge obbligatoria, in cui la “pericolosita’” della cosa sussiste in re ipsa.
7. Nella specie, ricorreva pacificamente un’ipotesi di confisca facoltativa, ai sensi dell’articolo 240 c.p., comma 1.
L’estinzione e’ stata poi dichiarata nella sentenza di primo grado, ed e’ stata oltretutto pronunciata per morte dell’imputato (e non gia’ per prescrizione);
evento che, determinando l’immediata estinzione del rapporto processuale, precludeva ogni altro diverso accertamento (Sez. U, n. 49783 del 24/09/2009, Martinenghi, Rv. 245162; Sez. 3, n. 23906 del 12/05/2016, Patti, Rv. 267384; Sez. 1, n. 24507 del 09/06/2010, Lombardo, Rv. 247790).
La misura deve considerarsi pertanto adottata fuori dei casi previsti dalla legge penale, e l’ordinanza che l’ha disposta deve essere di conseguenza annullata, con rinvio al giudice che l’ha pronunciata per rinnovato esame, nel rispetto dei criteri di giudizio sopra specificati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Messina.

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