Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 30 novembre 2017, n. 54080. In tema di misure di prevenzione

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A questo proposito, la Corte rileva che la Corte costituzionale e’ pervenuta alla conclusione che gli obblighi di “vivere onestamente” e di “non dare ragione alcuna ai sospetti” non violassero il principio di legalita’ (si veda il paragrafo 59 supra). 120. La Corte osserva che l’interpretazione effettuata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 282 del 2010 era successiva ai fatti del caso di specie e che era quindi impossibile per il ricorrente accertare, sulla base della posizione della Corte costituzionale in tale sentenza, il preciso contenuto di alcuni degli obblighi cui era stato sottoposto nel corso della sorveglianza speciale. Tali obblighi, infatti, possono dar luogo a piu’ diverse interpretazioni, come ha ammesso la stessa Corte costituzionale. La Corte rileva, inoltre, che essi sono formulati in termini generali. 121. Inoltre, l’interpretazione da parte della Corte costituzionale nel 2010 non ha risolto il problema dell’imprevedibilita’ delle misure di prevenzione applicabili in quanto ai sensi dell’articolo 5, comma 1 della Legge in questione, il tribunale poteva applicare anche imporre qualsiasi misura ritenesse necessaria – senza specificarne il contenuto – in considerazione delle esigenze di tutelare la societa’. 122. Infine, la Corte non ritiene che gli obblighi di “vivere onestamente e rispettare le leggi” e di “non dare ragione alcuna ai sospetti “siano stati delimitati in modo sufficiente dall’interpretazione della Corte costituzionale, per i seguenti motivi. In primo luogo, il “dovere dell’interessato di adattare la propria condotta a uno stile di vita che osservi tutti i summenzionati obblighi” e’ altrettanto indeterminato dell’obbligo di vivere onestamente e rispettare le leggi”, in quanto la Corte costituzionale rinvia semplicemente all’articolo 5 stesso. Secondo la Corte tale interpretazione non fornisce indicazioni sufficienti per le persone interessate. In secondo luogo il “dovere della persona interessata di rispettare tutte le regole prescrittive che le chiedono di comportarsi, o di non comportarsi, in un particolare modo; non solo le leggi penali, quindi, ma le disposizioni la cui inosservanza sarebbe un ulteriore indizio del pericolo per la societa’ che e’ gia’ stato accertato” e’ un riferimento a tempo indeterminato per l’intero ordinamento giuridico italiano, e non fornisce ulteriori chiarimenti sulle specifiche norme la cui inosservanza rappresenterebbe un ulteriore indizio del pericolo rappresentato dalla persona per la societa’. La Corte ritiene pertanto che questa parte della Legge non sia stata formulata in modo sufficientemente dettagliato e non definisca con sufficiente chiarezza il contenuto delle misure di prevenzione che potrebbero essere applicate a una persona, anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale.
3.3 L’evidenziato deficit di chiarezza e previsione – dunque di tassativita’ – della disposizione che introduce tra le prescrizioni imposte al sorvegliato speciale quelle di vivere onestamente e rispettare le leggi, ha immediatamente determinato, nel sistema interno, la rimessione del quesito interpretativo circa le ricadute della decisione sovranazionale alle Sezioni Unite Penali di questa Corte, sul versante del rilievo penale di simili condotte, sinora affermato anche nelle ipotesi di cui si discute.
Se e’ vero, infatti, che la Corte Edu ha segnalato l’eccessiva genericita’ di tale “precetto” gia’ come possibile “fattore di orientamento” delle condotte del sorvegliato speciale (affermando, in sostanza, l’assenza di un chiaro valore indicativo del discrimine tra cio’ che e’ consentito e cio’ che e’ vietato) e’ da ritenersi di particolare gravita’ il fatto che un soggetto possa classificarsi come destinatario di un precetto penale tacciato di genericita’ e scarsa chiarezza, atteso che nella scala gerarchica dei valori costituzionali l’inflizione di una pena (in eventuale violazione del fondamentale canone di tassativita’ descrittiva, da ritenersi ricompreso nei contenuti degli articoli 25 e 27 Cost.) e’ obiettivamente evento di maggior gravita’ rispetto alla sottoposizione temporanea alla misura di prevenzione (ritenuta, dalla stessa Corte Edu misura incidente sulla liberta’ di movimento), nel cui ambito, peraltro, le prescrizioni sono molteplici e non si riducono a quelle qui in esame.
Sta di fatto che, come risulta (allo stato della presente udienza) dalla notizia di decisione diramata al termine dell’udienza tenutasi in data 27 aprile 2017, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che l’inosservanza delle prescrizioni generiche di “vivere onestamente” e “rispettare le leggi” da parte del soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno non integra la norma incriminatrice di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 75, comma 2. Essa puo’ tuttavia rilevare ai fini dell’aggravamento della misura di prevenzione personale.
Nel caso oggetto del ricorso in quella sede trattato – ricorrente (OMISSIS) – e’ stato, pertanto disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perche’ il fatto (di cui al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 75, comma 2) non sussiste.
4. Si tratta, pertanto, di un overruling di estrema importanza e rilevanza, essendo stata adottata – anche in riferimento ai profili di evidenziato contrasto con le norme contenute nella Convenzione Edu – una decisione di segno diametralmente opposto rispetto a quelle intervenute almeno negli ultimi trenta anni, sul tema qui in trattazione (si veda, tra le altre, proprio sul tema del rilievo dell’illecito amministrativo Sez. 1, n. 40819 del 14.10.2010, rv 248466).
Pur in assenza – al momento della presente decisione (avvenuta in data 14.6.2017) – dei contenuti argomentativi (che risultano depositati in data 5 settembre 2017, dunque solo in fase di stesura della presente motivazione, nde), puo’ di certo affermarsi che le Sezioni Unite hanno operato una scissione tra il profilo “interno” alla disciplina delle misure di prevenzione (ove e’ stato risconosciuto valore indicativo alla prescrizione generalista, posto che la violazione puo’ dar luogo ad aggravamento della misura) e profilo strettamente penalistico, nel cui ambito la particolare estensione dei principi di tassativita’ e determinatezza ha portato alla considerazione per cui le prescrizioni generaliste di cui sopra “non possono far parte” del precetto penale, da ritenersi limitato alla violazione delle sole prescrizioni specifiche e immediatamente riconoscibili come fattore di orientamento della condotta.
E’ interessante notare che, pur trattandosi di manifesto overruling giurisprudenziale (anche rispetto alla lettura interpretativa sostenuta da Corte Cost. n.282 del 2010) tale linea interpretiva e’ stata presente, in passato, nella giurisprudenza di legittimita’ – e nella stessa giurisprudenza costituzionale – e non puo’ pertanto definirsi una novita’ di tipo assoluto.
Scorrendo repertori piu’ risalenti nel tempo, ci si imbatte – infatti – in decisioni di questa Corte di Cassazione assistite da analoga ratio, tra cui meritano menzione: a)..la violazione del generico obbligo di rispettare le leggi, compreso tra le altre prescrizioni che vengono imposte al sorvegliato speciale, non puo’ da sola dar vita alla contravvenzione di cui alla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, articolo 9, perche’ trattasi di obbligo non imposto specificamente al sorvegliato speciale, ma di carattere generale; pertanto, la commissione di un reato da parte di colui che e’ sottoposto a sorveglianza speciale potra dar luogo, oltre che all’affermazione di responsabilita e alla conseguente condanna per il reato commesso, anche ad altri provvedimenti di natura amministrativa, ma non potra’ implicare, sotto forma di concorso di reati, anche la contravvenzione di cui alla legge predetta, articolo 9 (cosi’ Sez. 2, n. 279 del 5.2.1969, ric. Suigo, rv 111672); b).. il solo fatto di aver commesso un reato, non costituisce inosservanza, da parte del sorvegliato speciale, delle prescrizioni previste dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, articolo 9 anche se la commissione di un reato dopo che sia stata imposta la sorveglianza speciale, puo’ determinare la sottoposizione dello stesso sorvegliato alla misura di sicurezza della liberta vigilata (Sez. H n. 2674 del 17.12.1968, ric. Minchella, rv 110916).
La stessa giurisprudenza costituzionale, prima di esprimersi con la decisione n. 282 del 2010 (pronunzia di infondatezza, nei sensi di cui in motivazione della specifica questione di legittimita’ sollevata in tema di rilievo penale della violazione dell’honeste vivere) aveva affermato, nella decisione n. 354 del 2003, in modo altamente significativo, che: (..) e’ agevole osservare come la rassegna delle “prescrizioni” che il tribunale determina nei confronti del prevenuto a norma dell’articolo 5 della legge n. 1423 del 1956, preveda accanto a specifiche e qualificate condotte che configurano altrettanti e ben precisi “obblighi”, tutti puntualmente circoscritti nominatim dalla previsione di legge, la quale evidentemente assume, in parte qua, valore precettivo – alcune prescrizioni di “genere”; queste ultime, riconducibili al paradigma dell’honeste vivere, sono anch’esse funzionali alla ratio essendi della sorveglianza speciale, ma non sono certo qualificabili alla stregua di specifici “obblighi” penalmente sanzionati: paradigma, quello accennato, al quale e’ certamente possibile ricondurre anche la prescrizione di “non dare ragione di sospetti”, rappresentando essa null’altro che la proiezione esteriore del comportamento di chi osservi, appunto, il piu’ generale precetto, costituzionalmente imposto a chiunque, di “vivere onestamente” (..).

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