Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 20 febbraio 2018, n. 8108. Non punibile il saluto romano durante una commemorazione di militanti della destra fascista.

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Nell’occasione la Corte ha affermato il principio secondo cui il delitto di cui alla L. 20 giugno 1952, n. 645, articolo 5 (come modificato dalla L. 22 maggio 1975, n. 152, articolo 11) e’ reato di pericolo concreto, che non sanziona le manifestazioni del pensiero e dell’ideologia (OMISSIS) in se’, attese le liberta’ garantite dall’articolo 21 Cost., ma soltanto ove le stesse possano determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste, in relazione al momento ed all’ambiente in cui sono compiute, attentando concretamente alla tenuta dell’ordine democratico e dei valori ad esso sottesi.

5. Il principio, pienamente condiviso dal Collegio, ha trovato piena applicazione nella sentenza impugnata.

La corte territoriale, nel valutare la fattispecie posta alla sua attenzione, ha escluso che la manifestazione, cui avevano partecipato gli odierni ricorrenti, avesse assunto “connotati tali da suggestionare concretamente le folle inducendo negli astanti sentimenti nostalgici in cui ravvisare un serio pericolo di riorganizzazione del partito (OMISSIS)”.

6. A fronte di questa motivazione, il ricorrente insiste sul carattere offensivo della manifestazione in considerazione dei suoi concreti connotati oggettivi e della sua idoneita’ a provocare adesioni e consensi, al pari degli altri casi citati nella sentenza impugnata, nonche’ sull’irrilevanza della mancanza di violenza e di aggressivita’ e dell’assenza di armi e sull’ineliminabile componente ideologica di detta manifestazione in quanto commemorazione di “tre “camerati”, tre uomini uccisi in quanto fascisti”, accentuata proprio dalla solennita’ espressa dal silenzio e dall’ordine. E richiama una sentenza di questa Corte – Sez. 1, n. 37577 del 25/03/2014, Bonazza, Rv. 259826 – la quale ha ritenuto che “il saluto romano” e la “chiamata del presente”, compiuti in un determinato, differente contesto, fossero sussumibili nella fattispecie contestata.

Il ricorrente trascura, pero’, che la richiamata pronuncia di legittimita’ muove proprio dall’interpretazione della c.d. legge Scelba, offerta dalle sentenze della Corte Costituzionale sopra citate, ribadendo in proposito come “vada escluso che la liberta’ di manifestazione del pensiero possa andare esente da limitazioni li’ dove la condotta tenuta risulti violatrice di altri interessi costituzionalmente protetti (si veda quanto affermato dalla stessa Corte nella sentenza n. 65 del 1970 in tema di apologia punibile e di tutela dell’ordine e sicurezza pubblica) e tra questi rientrano le esigenze di tutela dell’ordine democratico cui e’ preposta la 12 disposizione transitoria in tema di divieto di ricostituzione del partito (OMISSIS)… ma il fatto deve trovare nel momento e nell’ambiente in cui e’ compiuto circostanze tali da renderlo idoneo a provocare adesioni e consensi ed a concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste… Non e’, dunque, la manifestazione esteriore in quanto tale ad essere oggetto di incriminazione, bensi’ il suo venire in essere in condizioni di pubblicita’ tali da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione”.

Non sussiste, dunque, alcun contrasto in diritto tra l’impugnata decisione di merito ed i principi affermati nel precedente di legittimita’ (“Bonazza”) menzionato dal ricorrente.

Il tema dell’odierno ricorso si risolve, anche sotto questo aspetto, in una quaestio facti non consentita in sede di legittimita’.

7. Alla stregua di quanto considerato il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

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