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In alcuni casi, infatti, era stata la particolare crudezza dell’esecuzione a giustificare il diniego dell’attenuante, mentre in altre occasioni era emerso un fine egoistico nell’azione. Non sussisteva, in altri termini, alcun rigido automatismo di esclusione dell’attenuante in parola nei casi di morte inferta per porre fine alle sofferenze della persona soppressa.
Quanto al fine di preservare la figlia e al fatto che l’imputato fosse in condizioni stabili, secondo il ricorrente, la non imminenza del suo peggioramento non equivaleva alla possibilita’ di continuare ad assistere la moglie di mano propria, in quanto egli era comunque “allo stremo” e, in assenza del pubblico sostegno, era inevitabile la prospettiva, inaccettabile per il (OMISSIS), di trasferire il fardello di dolore alla figlia, come l’imputato aveva confermato in una sua lettera allegata agli atti.
Al riguardo il ricorrente ha stigmatizzato il richiamo operato dalla Corte di appello ad un elemento non richiesto ai fini dell’applicazione dell’attenuante in discorso, ossia l’immediatezza/imminenza della necessita’ di sacrificare la figlia: tale elemento era richiesto da altre disposizioni, come gli articoli 52 e 54 cod. pen., ma non dalla disciplina relativo all’invocata attenuante.
Qualora il movente fosse stato quello costituito dal desiderio di far cessare le sofferenze della moglie nella convinzione di esaudire la volonta’ della stessa, non sussisteva quell’elemento di egoismo che spesso aveva indotto i giudici a negare l’attenuante.
Pertanto, i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere che fosse da considerare un valore condiviso dalla collettivita’ quello di porre fine alle sofferenze della persona, conformemente ai suoi desideri espressi in vita, rimarcandosi, al riguardo, le differenze con l’eutanasia: nel caso di specie, sussisteva l’ulteriore elemento di porre fine alle sofferenze di un soggetto amato, insieme all’ossequio della volonta’ di chi non era piu’ in grado di esprimerla.
Il ricorrente ha ricordato, infine, che alcuni paesi Europei hanno legalizzato l’eutanasia e il suicidio assistito, o hanno intenzione di farlo a breve, e le sentenze della Corte EDU avevano piu’ volte ritenuto compreso nell’articolo 8 “il diritto di ogni individuo a decidere il modo e il momento in cui la sua vita avrebbe dovuto finire”: e nel caso di specie non si trattava di conferire legalita’ alla scelta di porre fine ad una vita, ma solo di considerare socialmente apprezzato il fine perseguito, come del resto era confermato da un recente sondaggio Eurispes da cui emergeva che la maggioranza degli italiani era favorevole all’eutanasia. Nella medesima prospettiva, l’Inghilterra aveva introdotto l’aiuto al suicidio per compassione sanzionandolo in maniera piu’ lieve: il valore condiviso era, in sostanza, la compassione.
3. Il Procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso, in quanto l’impugnazione, nel suo primo aspetto, ha sollecitato una diversa valutazione di fatto nella ricostruzione della vicenda e, nel suo conseguente sviluppo, ha svolto un ragionamento aderendo al quale si finirebbe per ammettere che anche l’eutanasia puo’ evocare un motivo di particolare valore morale e sociale, prospettiva che i giudici di merito hanno escluso in modo corretto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’impugnazione non e’ fondata e deve essere quindi rigettata.
2. Sul delicato tema dell’evenienza della circostanza attenuante di cui all’articolo 62 c.p., comma 1, n. 1, la sentenza impugnata ha osservato che – per essere riconosciuta tale attenuante – avrebbe dovuto risultare che il motivo che aveva determinato il (OMISSIS) all’azione fosse da considerarsi espressione del comune sentire sociale: e cio’ non poteva dirsi essere in concreto sussistente, afferendo la questione a tematiche – quali l’eutanasia ed i trattamenti di fine vita – ancora oggetto di ampi dibattiti.
Quanto alla tesi (sviluppata nel gravame) secondo la quale il vero movente era stata la volonta’ di proteggere la figlia e i nipoti, togliendo loro il fardello dell’agonia della congiunta, soprattutto nel momento in cui egli stesso, anziano e malato, fosse venuto meno, essa e’ stata ritenuta priva di fondamento sulla base della ricostruzione della genesi dell’omicidio.
In definitiva, si e’ considerato che il fatto omicidiario era da ascriversi allo stato d’animo dell’imputato, che lo rendeva ormai incapace di sopportare le sofferenze e l’inarrestabile decadimento fisico e cognitivo della moglie: in questa condizione psicologica, si era probabilmente radicato il suo convincimento di esaudire un desiderio della stessa.
Peraltro, il (OMISSIS), pur essendo malato da tempo, si trovava in condizioni stabili e non vi era alcun motivo immediato per il quale la sua salute dovesse peggiorare nel breve termine.
Inoltre, il (OMISSIS) nelle prime spontanee dichiarazioni rese alla Polizia giudiziaria e nell’interrogatorio reso al P.m. non aveva fatto alcun riferimento alla situazione della figlia (OMISSIS), se non per spiegare che egli non aveva le possibilita’ economiche per collocare la (OMISSIS) in una struttura assistenziale e che alla figlia, la quale aveva la sua famiglia, “non si poteva chiedere di piu'”.
3. Si considera, poi, in termini generali, che la circostanza attenuante in esame viene in rilievo quando la condotta dell’agente rinviene il suo movente in ragioni che siano certamente corrispondenti ad un’etica che sottolinei i valori piu’ elevati della natura umana (quanto alla sfera morale) o parimenti consentanei a ragioni di elevato spessore avvertite e favorevolmente valutate societa’ civile (quanto alla sfera sociale).
Non si dubita che le clausole generali a cui la disposizione ricorre per individuare i requisiti legittimanti il riconoscimento del trattamento sanzionatorio attenuato si colleghino a valutazioni che, almeno in certa misura, sono storicamente condizionate al diffondersi ed anche al modificarsi dei valori morali e sociali in una determinata epoca, sempre nel binario costituito da quelli fondamentali iscritti nella Costituzione e nelle altre fonti, anche sovranazionali, alla stessa coordinate.
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