Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 10 ottobre 2017, n. 46555. La revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita’

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3. Questa conclusione non appare avere rettamente applicato la succitata normativa contemplante la sostituibilita’ della pena inflitta con la sanzione del lavoro di pubblica utilita’, ne’ si profila sorretta da un iter logico adeguato.
Deve ribadirsi, in linea generale, che la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita’ puo’ essere disposta soltanto in ipotesi di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro: sicche’ va ritenuto illegittimo il provvedimento di revoca del beneficio al di fuori dell’ipotesi prevista dalla legge ed in assenza di comportamenti colpevoli ascrivibili all’interessato (v. in tal senso e condivisibilmente Sez. 1, n. 37357 del 06/06/2014, Tola, Rv. 260596, pur se attinente a lavoro di pubblica utilita’ disposto Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 73, comma 5-bis, in fattispecie nella quale il provvedimento di merito aveva giustificato la revoca con il fatto della mancata proroga della convenzione vigente tra l’ufficio giudiziario e l’ente pubblico presso il quale l’attivita’ sostitutiva doveva essere svolta; cfr. anche Sez. 1, n. 34234 del 29/05/2015, Ferrari, Rv. 264155, in ordine all’esigenza, per legittimare il provvedimento di revoca, del riscontro di un comportamento colpevole del condannato che, quand’anche formalmente estraneo alla prestazione di pubblica utilita’, sia tale da ripercuotersi su di essa determinando la pratica impossibilita’ della sua effettuazione o della sua prosecuzione).
Occorre muovere, quindi, dal condivisibile presupposto – affermato in modo prevalente dall’interpretazione di legittimita’ e da ribadirsi – secondo cui in ordine alla sostituzione della pena detentiva o pecuniaria, irrogata per il reato di guida in stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti, con quella del lavoro di pubblica utilita’, l’individuazione delle modalita’ attuative della predetta sanzione sostitutiva e’ demandata al giudice procedente il quale, in questo ambito, non puo’ imporre oneri al condannato.
Quest’ultimo ha, quindi, la facolta’ di sollecitare l’applicazione della sanzione sostitutiva ovvero puo’ dichiarare di non opporsi ad essa, ma non e’ tenuto ad indicare l’ente o la struttura presso la quale svolgere il lavoro di pubblica utilita’, ne’ – con riferimento alla fase esecutiva – ad avviare il procedimento per lo svolgimento dell’attivita’ individuata (in tal senso cfr. Sez. 4, n. 53327 del 15/11/2016, Panerai, Rv. 268693; Sez. 1, n. 35855 del 18/06/2015, Rosiello, Rv. 264546).
Diviene conseguente ritenere che, allorquando sia stata operata la sostituzione della pena principale con il lavoro di pubblica utilita’, e’ poi onere dell’autorita’ giudiziaria, e non del condannato, promuovere l’avvio del procedimento finalizzato allo svolgimento dell’attivita’ lavorativa individuata: pertanto, il fatto che il condannato non comunichi all’ente individuato in sentenza la sanzione sostitutiva irrogata nei suoi confronti non legittima il ripristino della pena principale (v. sull’argomento Sez. 1, n. 7172 del 13/01/2016, Silocchi, Rv. 266618; cfr. altresi’ Sez. 1, n. 53684 del 04/05/2016, Moscariello, Rv. 268551, che, muovendo dal precisato principio per cui e’ onere dell’autorita’ giudiziaria individuare l’ente presso cui l’attivita’ lavorativa deve essere svolta e le modalita’ di esecuzione della misura, ha annullato l’ordinanza, con cui il giudice dell’esecuzione, venuta meno la disponibilita’ dell’ente originariamente individuato per l’esecuzione della sanzione sostitutiva, aveva ripristinato la pena principale, sul presupposto dell’inerzia del condannato, il quale non aveva comunicato un diverso ente presso il quale potesse svolgere il lavoro di pubblica utilita’).
In particolare e’ stato perspicuamente evidenziato (da Sez. 1, n. 35855 del 18/06/2015, Rosiello, cit.) che il sistema processuale anche per l’esecuzione della sanzioni sostitutive contempla l’impulso da parte del’autorita’ giudiziaria: cosi’, a mente dell’articolo 661 c.p.p., per l’esecuzione delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della liberta’ controllata e’ il pubblico ministero a trasmettere l’estratto della sentenza di condanna al magistrato di sorveglianza per gli adempimenti esecutivi; e’ d’altronde il pubblico ministero che a norma dell’articolo 655 c.p.p., (in coerenza con il Regio Decreto n. 12 del 1941, articolo 73) cura l’esecuzione dei provvedimenti di condanna e del pari il pubblico ministero che ( Decreto Ministeriale Giustizia 26 marzo 2001, ex articolo 5) esegue la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilita’, anche (Decreto Legislativo n. 274 del 2000, ex articolo 43) in ordine alle sentenze emesse dal giudice di pace, ed ha titolo per formulare al giudice (Decreto Legislativo n. 274 del 2000, ex articolo 44) le richieste di modifica delle modalita’ di esecuzione per i motivi di assoluta necessita’, oltre a dare impulso all’attivita’ di verificate della regolare prestazione della prestazione.
Se, dunque, spetta al pubblico ministero competente avviare l’esecuzione della sanzione sostitutiva comunicando la sentenza di condanna all’ente ivi designato, appare conseguente farne derivare che non possono porsi a carico del condannato l’onere dell’impulso della fase esecutiva ed il compito del superamento dei fattori di difficolta’ emersi nel corso di questa fase, salvo che non risulti accertata l’imputabilita’ alla stessa sfera del condannato della situazione impeditiva dell’esecuzione della sanzione sostitutiva.
4. Nel caso in esame, il Tribunale, motivando la revoca della sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilita’ con il fatto che presso l’ente individuato dal (OMISSIS) si era verificata l’impossibilita’ di procedere all’esecuzione della sanzione sostitutiva con riferimento all’ente indicato dal condannato, non convenzionato, e che nemmeno era stato svolto il lavoro di pubblica utilita’ nell’ambito del circondario in cui il condannato si era trasferito, ha posto tale situazione a carico del condannato senza svolgere alcuna specifica valutazione circa la sussistenza o meno dell’imputabilita’ al (OMISSIS) della mancata esecuzione del lavoro di pubblica utilita’ nella situazione in concreto esaminata.
Cosi’ argomentando, ossia discorrendo di mera impossibilita’ dell’esecuzione della pena sostitutiva come originariamente configurata, ma non enucleando un concreto inadempimento dell’obbligo da parte del condannato (inadempimento in ogni caso contrastato dal (OMISSIS) con la produzione della documentazione finalizzata ad asseverare il costante contatto da parte sua dell’ufficio esecuzione e dell’ente convenzionato, nonche’ la formulazione della domanda di nuova individuazione dell’ente di riferimento per l’esecuzione del lavoro di pubblica utilita’, senza che il giudice abbia osservato alcunche’ al riguardo), il giudice dell’esecuzione ha finito per porre a carico del condannato un onere attuativo suppletivo che, come si e’ puntualizzato, grava innanzi tutto sull’autorita’ giudiziaria e sugli organi pubblici – Ufficio dell’esecuzione penale esterna ed enti convenzionati – che con essa devono coordinarsi.
5. Pertanto, il provvedimento emesso ne e’ restato decisivamente viziato in relazione al profilo della retta applicazione della disciplina indicata, con i conseguenti riflessi sulla motivazione addotta.
L’ordinanza impugnata deve essere quindi annullata con rinvio al Tribunale di Lecce affinche’ proceda al nuovo esame della questione nel rispetto del principio di diritto enunciato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Lecce.

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