Corte di Cassazione, sezione prima civile, sentenza 21 febbraio 2018, n. 4192. In tema di omologazione della proposta di concordato preventivo L. Fall., ex articolo 180, l’esclusione dal diritto di voto di un creditore

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3.1. Infatti, l’inserimento di quel credito in classe b2 non avrebbe inciso ne’ sull’esito non vittorioso in questa classe (restando immutata la prevalenza favorevole delle altre due: b1 e b3) e ne’ sull’approvazione complessiva dei creditori, la cui percentuale sarebbe scesa dal complessivo 62,10% dei favorevoli al 53,50%, comunque assicurando l’esito positivo alla proposta.
4. Con il quarto (Violazione dell’articolo 135 c.p.c., comma 4, articoli 737 e 739 c.p.c. e articolo 111 Cost., comma 6 per contraddittorieta’ e carenza assoluta di motivazione (articolo 360 c.p.c., n. 4)), la ricorrente lamenta il grave vizio motivazionale nascente dalla conclusione indebitamente tratta da una premessa di diverso tenore: poiche’ la premessa al verbale del C.d.A. del (OMISSIS) consentiva al suo D.G. il potere di rilasciare specifiche (e nominate) garanzie, senza far alcuna menzione di quella fideiussoria, non si comprenderebbe come e perche’ la Corte territoriale abbia potuto includere fra quelle autorizzate anche la fideiussione per 16 milioni di euro, che non risultava ne’ inclusa e ne’ menzionata.
5. Con il quinto (Violazione dell’articolo 1362 c.c., comma 1 (canone letterale) in sede di interpretazione del contenuto della Delib. consiliare 17 dicembre 2008 (articolo 360 c.p.c., n. 3)), la ricorrente si duole del vizio interpretativo (costituente violazione di legge) dovuto alla violazione del canone ermeneutico del senso letterale delle parole, avendo la Corte letto l’espressione oggetto di esame come se attribuisse al D.G. poteri illimitati e non invece circoscritti al necessario e strumentale compimento delle attivita’ specificamente deliberate.
6. Con il sesto (Violazione dell’articolo 1363 c.c. (canone dell’interpretazione complessiva delle clausole), in sede di interpretazione del contenuto della Delib. consiliare 17 dicembre 2008 (articolo 360 c.p.c., n. 3)), la ricorrente si duole del vizio interpretativo (costituente violazione di legge) dovuto alla violazione del canone ermeneutico dell’interpretazione complessiva delle clausole, avendo la Corte letto quella di chiusura isolatamente rispetto alle altre pure contenute nel verbale, il cui riferimento all’attribuzione al D.G. di “poteri latissimi” avrebbe dovuto essere compiuta in esclusiva relazione con quanto deliberato dal Consiglio e, quindi, solo in funzione esecutiva e strumentale, percio’ senza la possibilita’ di rilasciare fideiussioni (e di quell’ingente valore).
7. Con il settimo (Violazione dell’articolo 2396 c.c. in combinato disposto con gli articoli 2380-bis e 2384 c.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3)), la ricorrente si duole della violazione delle disposizioni di legge relative alla disciplina dei poteri del Direttore generale nelle societa’ di capitali, avendogli la Corte territoriale riconosciuto, nel caso in esame, poteri e funzioni non attribuitegli ne’ dallo Statuto e ne’ da deliberazione del C.d.A., con decisione consiliare specifica, risultando – al contrario – i detti poteri normati da una procura notarile del 2005, iscritta nel RI, che attribuiva al D.G. poteri negoziali e rappresentativi per il compimento di atti di valore non superiore a Euro 100.000,00.
8. Con l’ottavo (Violazione degli articoli 1944, 2808 e 2868 c.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3)), la ricorrente lamenta che il giudice distrettuale abbia ritenuto incompatibile la sua posizione di terzo datore d’ipoteca con quella di fideiussore, garanzie rilasciate in favore di uno stesso creditore (la Banca), cosi’ violando i principi di diritto, elaborati dalla stessa giurisprudenza, secondo cui e’ ben possibile il concorso di piu’ garanzie, anche di diversa natura (reale e personale), a garanzia dello stesso credito e prestate dallo stesso soggetto.
9. Con il nono ed ultimo (Violazione dell’articolo 135 c.p.c., comma 4, articoli 737 e 739 c.p.c. e articolo 111 Cost., comma 6 per carenza assoluta di motivazione (articolo 360 c.p.c., n. 4)), la ricorrente lamenta il grave vizio motivazione conseguente al mancato, reale ed effettivo, accertamento della volonta’ negoziale della societa’ concedente le garanzie per verificare se essa avesse assunto, a fianco alla posizione di fideiubente, anche quella di terzo datore di ipoteca a beneficio dello stesso debitore garantito.
10. I primi tre motivi di ricorso, per comodita’ espositiva e per il fatto che attengono tutti alla medesima parte del decreto impugnato (quella in cui la Corte territoriale ha concluso per la non omologabilita’ del concordato preventivo di (OMISSIS) in quanto essa era stata “fondata sull’approvazione di maggioranze computate secondo un criterio non conforme a quello corretto”), debbono essere trattati congiuntamente.
10.1. Come si e’ detto, il ricorso per cassazione identifica la ratio decidendi censurabile, contenuta nel provvedimento impugnato, nell’errore commesso dal primo giudice che avrebbe approvato la proposta concordataria sulla base di un “non corretto criterio” di computo, in quanto ” (OMISSIS) doveva essere inserito, per la parte di credito ipotecariamente garantita, nella classe A e, per la residua parte di credito non assistito da garanzia reale, nella classe 82″.
10.2. Come si dira’, le parti litiganti, in questa sede, si sono divise anche sull’interpretazione e la portata della motivazione contenuta nelle richiamate brevi frasi terminative del ragionamento svolto dal giudice distrettuale.
10.3. Orbene, tanto premesso, va esclusa l’ammissibilita’ del primo motivo di ricorso, tendente a far dichiarare come tardivamente svolte le censure dalla Banca davanti alla Corte territoriale, atteso che la creditrice non avrebbe mosso nessuna contestazione tempestiva e nell’unica sede prevista, ossia nel corso dell’adunanza dei creditori dove (e quando) non avrebbe chiesto neppure la loro ammissione provvisoria, ai fini del diritto di voto e del calcolo delle maggioranze.
10.3.1. Infatti, e’ pienamente fondata l’eccezione di inammissibilita’ di tale doglianza, per novita’, da parte della Banca controricorrente, atteso che nel provvedimento impugnato non e’ svolta alcuna considerazione al riguardo e (OMISSIS), in questa sede, non svolge alcuna considerazione in ordine al “se, come, quando e dove” essa sia stata svolta nella fase di merito.
10.3.2. Ne’ puo’ valere quanto si osserva nella memoria illustrativa, circa la rilevabilita’ d’ufficio dell’eccepito presunto difetto di legittimazione della Banca, poiche’ “non attiene alla “legitimatio ad causam”, ma al merito della lite, la questione relativa alla titolarita’, attiva o passiva, del rapporto sostanziale dedotto in giudizio, risolvendosi nell’accertamento di una situazione di fatto favorevole all’accoglimento o al rigetto della pretesa azionata” (Sez. 2, n. 8175 del 2012).
10.3.3. Infatti, l’accertamento sulla possibilita’ di far valere il proprio credito in sede concordataria non attiene alla legitimatio ad causam della creditrice, avendo tale parte reclamante allegato e preteso il riconoscimento del proprio credito verso la debitrice proponente il concordato preventivo (interesse ad agire), ma esclusivamente al merito di quell’accertamento, ossia alla fondatezza della domanda.
10.3.4.L’eventuale decadenza della reclamante dalla possibilita’ di far valere il preteso credito in sede di (od opposizione alla) omologazione della proposta di concordato e’ questione logicamente e giuridicamente successiva alla legittimazione ad agire della creditrice: non puo’ pertanto essere rilevata d’ufficio ma solo a seguito dell’accertamento della fondatezza dell’eccezione sollevata dalla reclamata. Questione pacificamente nuova (e tutta da dimostrare) al punto che si sollecita la Corte ad un esame d’ufficio che non puo’ essere accordato, perche’ estraneo alle ipotesi in cui esso e’ possibile, per questa Corte.
10.4. Diverso esito si deve invece ascrivere agli altri due mezzi proposti, riguardanti: a) l’irrilevanza di quei crediti ai fini del calcolo della maggioranza; b) la mancata esecuzione della cd. prova di resistenza, da parte della Corte territoriale, all’esito della quale si dimostrerebbe la non decisivita’ della pretesa esclusione di quelle voci creditorie per l’accertamento dell’esistenza della maggioranza ai fini dell’omologazione della proposta concordataria.

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